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Quando una legge è ingiusta il popolo ha il diritto di ribellarsi?

25 Maggio 2023 | Autore:
Quando una legge è ingiusta il popolo ha il diritto di ribellarsi?

Quando sono ammesse la disobbedienza civile e l’obiezione di coscienza.

La legge è una colonna portante di qualsiasi società strutturata, una guida indispensabile che definisce e delimita i comportamenti dei cittadini e garantisce la pacifica convivenza. Ma cosa succede quando una norma appare ingiusta? Sorge la questione, eterna quanto controversa: il popolo ha il diritto di ribellarsi a una legge ingiusta e quindi di disobbedire al comando del legislatore? La soluzione non è affatto semplice. Cerchiamo tuttavia di affrontarla con spirito critico e costruttivo, senza bandiere politiche e soprattutto con pragmatismo. Perché quando si parla di “disobbedienza civile” o di “obiezione di coscienza” dobbiamo considerare non solo il risvolto ideologico ma anche quello pratico che la questione può determinare su larga scala. 

Bisogna ribellarsi a una legge ingiusta?

Si ritiene spesso che sia un diritto, anzi un dovere, del popolo ribellarsi a una legge ingiusta. L’affermazione però presta il fianco a diverse critiche, due delle quali particolarmente forti. 

La prima: chi stabilisce cosa è giusto e ingiusto? Se dovessimo accordare a ogni cittadino il potere di giudicare le leggi arriveremmo a una conseguenza paradossale: ciascuno deciderebbe se e quando adempiere agli obblighi giudici. Il che avrebbe due conseguenze.

Da un lato ritorneremmo al far west: non ci sarebbe rispetto reciproco e nessuno potrebbe più dirsi garantito se un altro cittadino dovesse ritenere corretto non rispettare la legge.

Facciamo un esempio. Mattia è un manifestante che ritiene ingiusto che le grandi catene di distribuzione facciano affari con i soldi dei poveri consumatori. Così, insieme a un gruppo di amici, per protesta, organizza una manifestazione nel corso della quale rompe una serie di vetrine di commercianti collegati in franchising alla catena di una multinazionale. Questi ultimi subiranno l’arbitrio di Mattia e dei suoi compagni se dovessimo ritenere che il loro comportamento è giustificato dalla questione ideologica. Il che ovviamente è contrario a qualsiasi Stato di diritto. 

La seconda conseguenza è altrettanto grave. Se dovessimo lasciare a ogni cittadino l’arbitrio di definire se e quando rispettare le norme di diritto verrebbe meno il presupposto fondamentale di ogni legge: la sua obbligatorietà. Una legge è tale perché è vincolante. È proprio questo carattere che la distingue dai doveri civili, morali e religiosi. Per cui, se dovessimo dire che la legge è “vincolante, a meno che non venga ritenuta ingiusta”, oltre ad aprire la porta ad argomentazioni opportunistiche (di chi, ad esempio, disapplica non ciò che ritiene ingiusto, ma ciò che ritiene non conveniente per sé), non avremmo più alcuna certezza del diritto.

Un’ulteriore critica alla disobbedienza civile ha radici storiche. Spesso i dissidenti governativi si richiamano all’esempio delle leggi razziali: sostengono cioè che, se dovessimo obbedire alle leggi ingiuste, daremmo man forte anche a regimi autoritari come quelli che, in passato, hanno generato persecuzioni e morti. Questo discorso, che magari poteva avere un senso nel primo 900, oggi è anacronistico. Infatti, con l’avvento dei moderni Stati democratici, sono state scritte le Costituzioni che sono un argine al legislatore. La Costituzione impedisce ormai che vi possa essere una legge che violi i diritti dell’uomo in quanto tale. E se così dovesse essere ci sono organismi nazionali (la Corte Costituzionale) e sovranazionali (la Corte di Giustizia, la Corte dei Diritti dell’Uomo, ecc.) a cui rivolgersi. 

Oggi quindi in uno Stato democratico è altamente improbabile che possano essere approvate leggi che calpestino i più basilari diritti dei cittadini. E se anche ciò avvenisse, avrebbero vita breve perché potrebbero sempre essere impugnate dinanzi alla magistratura, che è organo terzo e imparziale, staccato dal potere legislativo e amministrativo. 

Cosa significa disobbedienza civile?

La disobbedienza civile non è un istituto riconosciuto dalla legge. Il cittadino che intende ribellarsi a un potere può farlo solo destituendolo dalla sua sedia. Il che può avvenire o in modo pacifico e giuridicamente corretto, attraverso cioè le elezioni, o in modo non pacifico, attraverso cioè la rivoluzione (che non deve per forza essere violenta). 

In generale la disobbedienza civile viene propugnata solo come atto di protesta pubblica, non per guadagno personale. E questo molto spesso taglia le gambe a tante persone che, sotto la scusa della disobbedienza, non fanno altro che agire per il proprio tornaconto. La disobbedienza infatti imporrebbe anche di spogliarsi di un proprio diritto se non riconosciuto ad altri e quindi lottare per il prossimo, più che per sé stessi. Ma questo non avviene quasi mai.

Ad esempio, un anziano che infrange la legge per ottenere una prestazione assistenziale che gli spetta non sta commettendo un atto di disobbedienza civile, poiché il suo obiettivo non è mettere in discussione l’equità della legge, ma sfruttarla a proprio vantaggio. Al contrario, se una legge proibisse di esprimere liberamente il proprio pensiero e le forze dell’ordine si rifiutassero di farla rispettare, ritenendola ingiusta, questa sarebbe una forma di disobbedienza civile.

Come funziona l’obiezione di coscienza?

L’obiezione di coscienza è un altro modo in cui gli individui possono resistere a una legge che ritengono ingiusta. Questo concetto si riferisce alla decisione di un individuo di non aderire a un obbligo imposto dalla legge a causa di convinzioni personali profonde. Un esempio tipico di obiezione di coscienza era il rifiuto del servizio militare obbligatorio, basato sulla contrarietà alla guerra o all’uso delle armi. 

L’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile non sono la stessa cosa. L’obiezione di coscienza è legalizzata e la legge stessa definisce quando può essere applicata. Al contrario, la disobbedienza civile è una forma di protesta collettiva che non è esplicitamente consentita dalla legge.

È possibile disobbedire legalmente a una legge?

Mentre l’obiezione di coscienza è una forma di disobbedienza legalmente riconosciuta, la disobbedienza civile non lo è. Tuttavia, esistono alcune circostanze in cui può essere legittimo disobbedire a un ordine o a una legge. Ad esempio, nelle forze armate o nelle forze di polizia, è possibile rifiutare un ordine palesemente illegale o contrario ai principi di umanità. Questo principio è riconosciuto a livello internazionale e può costituire una difesa legale in alcuni casi.

Quando è giusto resistere a un atto di potere arbitrario?

Nel diritto italiano, è consentito solo resistere agli atti di potere arbitrari da parte di un pubblico ufficiale. Se un pubblico ufficiale commette un atto illegale, il cittadino ha il diritto di resistere a tale atto. Tuttavia, la resistenza deve essere proporzionata e deve limitarsi a impedire l’atto illegale. Oltre a ciò, la resistenza è legittima solo se non è possibile ricorrere tempestivamente all’autorità giudiziaria.



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