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Investimento di pedone: la responsabilità dell’investitore si presume

1 Febbraio 2015 | Autore:
Investimento di pedone: la responsabilità dell’investitore si presume

In materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione, questa, ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale.

Chi investe un pedone mentre sta attraversando la strada potrebbe incontrare grosse difficoltà a dimostrare la propria innocenza e sfuggire al risarcimento del danno. Ciò vale anche quando il sinistro sia stato determinato proprio dalla condotta imprudente del pedone stesso. Infatti, la giurisprudenza [1] è consolidata nel ritenere che il comportamento colposo del pedone investito da un veicolo non è di per sé sufficiente a escludere l’esclusiva responsabilità dell’automobilista. Quest’ultimo, infatti, si presume sempre responsabile [2], anche quando venga data prova di una condotta imprudente del pedone, a meno che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. In buona sostanza, anche un errore di imprudenza commesso di chi cammina a piedi non implica su di questi la responsabilità del danno: chi, infatti, procede in auto ha un obbligo superiore (rispetto a chi, invece, procede a piedi) di allertare tutte le cautele e le protezioni, proprio per via della maggiore pericolosità del mezzo che utilizza. Egli, insomma, deve mettersi nella condizione di prevenire anche le condotte colpevoli dei terzi.

Pertanto, anche nel caso in cui il pedone – nell’atto di attraversare la strada in un punto privo di strisce pedonali – ometta di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed inizi l’attraversamento distrattamente, sussiste comunque una concorrente responsabilità del conducente il veicolo investitore, ove emerga che costui abbia tenuto una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo.

Sempre la Cassazione [3] ha precisato che, in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, per superare la presunzione di responsabilità a carico dell’automobilista, non è sufficiente che quest’ultimo provi che l’investimento del pedone sia avvenuto mentre il veicolo procedeva alla velocità consentita nel centro abitato in condizioni ottimali. Al contrario, la velocità deve essere costantemente adeguata alle circostanze del caso concreto, onde prevenire un’eventuale situazione di pericolo. In pratica, non interessa tanto il rispetto della cartellonistica stradale (che comunque deve sempre sussistere) ma anche l’ulteriore vaglio della situazione concreta. Ne consegue che, in presenza di bambini sul tratto di strada percorso e sul latistante marciapiede, il conducente deve anche dimostrare che il pedone investito (nella specie, un bimbo di tre anni, svincolatosi dalle mani della nonna per inseguire un cuginetto) abbia tenuto un comportamento dal quale non si poteva minimamente sospettare la sua intenzione di attraversare la strada, di corsa e fuori dalle strisce pedonali.

Il conducente deve quindi dimostrare, oltre al rispetto delle norme del codice e delle regole di prudenza del caso concreto, la colpa del pedone, l’imprevedibilità del suo comportamento e l’impossibilità, da parte sua, di evitare l’investimento, anche attuando una manovra di emergenza.

Pertanto il pedone che attraversi la strada di corsa, sia pure sulle apposite strisce pedonali, immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva di responsabilità del suo investimento, se il conducente dell’auto dimostra che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza [4].


note

[1] Cass. sent. n. 5399 del 5.03.2013.

[2] Art. 2054 cod. civ., primo co.

[3] Cass. sent. n. 3542 del 13.02.2013.

[4] Cass. sent. n. 14064/2010.


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