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Diritto e Fisco | Editoriale

Come le banche imbrogliano il correntista

4 Marzo 2015
Come le banche imbrogliano il correntista

La pubblicazione del libro di Vincenzo Imperatore, ex manager bancario, svela il sistema di raggiro degli Istituti di credito.

È davvero sconcertante, per chi non è pratico dello spietato mondo bancario, la rivelazione fatta da Vincenzo Imperatore, ex manager bancario, oggi in libreria con il suo volume “Così le banche imbrogliano il correntista: io so e ho le prove”. In una intervista rilasciata ad Altroconsumo, l’uomo spiega il meccanismo di frode ai danni dei correntisti che gli istituti di credito sono soliti operare con tecniche ormai rodate.

Tutto parte dalla necessità delle banche di rifilare ai propri clienti ogni genere di prodotto tranne i servizi effettivamente richiesti. Parliamo di polizze assicurative, derivati, azioni, obbligazioni e persino diamanti che vengono puntualmente “affibbiati” all’apertura di un mutuo, un fido, un leasing: ogni scusa è buona per vendere qualcosa, con ciò contravvenendo allo spirito proprio degli istituti di credito che dovrebbe essere l’attività bancaria, ossia la raccolta del risparmio e l’erogazione del credito.

Le banche lucrano anche sul “nero”

Il punto principale dell’intervista riguarda proprio la raccolta del “nero” e il guadagno realizzato attraverso l’evasione fiscale dei cittadini. In che modo? Con un copione ormai rodato. Al momento della richiesta di un finanziamento presentata dal potenziale cliente, la banca si mostra strategicamente diffidente: dopo aver visionato i bilanci dell’azienda e/o le dichiarazioni dei redditi, il funzionario storce il naso. “La sua azienda non è ben patrimonializzata”. E allora l’imprenditore o il professionista si scopre: “In realtà io faccio un po’ di nero e il bilancio/dichiarazione dei redditi non esprime correttamente la mia reale situazione patrimoniale”. Ed è così che il cliente cade nella trappola. Il funzionario invita l’interessato a portare questi “utili” in banca per investirli in una polizza assicurativa consigliata dall’istituto e vantaggiosissima. E se il cliente obietta che non può muovere tali somme, il dipendente risponde prontamente: “Non c’è problema, il primo anno la polizza sarà finanziata dalla banca: quindi facciamo un prestito non di 100mila euro, ma di 130mila euro (se 30 mila sono gli utili annacquati). Dal secondo anno me li versi tu…”

Infine, sfruttando il rapporto di sudditanza psicologica e la pseudo-gratitudine del cliente, la banca spinge quest’ultimo a sottoscrivere la consueta polizza assicurativa ramo vita, da cui gli istituti traggono ampi profitti.

Come difendersi?

In realtà bisognerebbe leggere bene ciò che le banche propinano nelle condizioni generali di contratto, valutare il profilo di rischio e, soprattutto, il costo complessivo dell’operazione. Invece, c’è sempre un rapporto di fiducia con la banca, che porta i clienti a non rileggere i contratti, anche per via della complessità degli stessi, dei caratteri incredibilmente minuscoli, della difficoltà di interpretazione, della poca pratica con il linguaggio legale-bancario delle condizioni generali.

In questo, le associazioni di tutela dei consumatori possono dare una valida mano al cittadino.

Si può fare causa?

Sì, e questo perché, secondo la giurisprudenza, tutti i costi dei servizi aggiuntivi imposti dalle banche ai clienti si sommano agli interessi praticati col mutuo. Risultato: se la sommatoria delle varie polizze, unite ai tassi corrispettivi o moratori, raggiunge la soglia dell’usura, si può andare dal giudice e chiedere di non pagare gli interessi.

Ma attenzione: c’è anche il business della difesa del cittadino. Dopo il boom di cause seriali contro le banche è fiorito un vero e proprio mercato di pseudo professionisti che cercano di lucrare il più possibile sui presunti usurati, vantando esiti certi delle cause e chiedendo compensi, a volte elevati, per le perizie.


note

Fonte: Altroconsumo

Autore immagine: 123rf com


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