Peculato d’uso e truffa al pubblico dipendente dell’amministrazione che, durante le ore di servizio, svolge attività non lavorative.
È sufficiente un danno di poche centinaia di euro, ai danni della pubblica amministrazione, per far scattare, a carico del pubblico dipendente assenteista, il reato di peculato e di truffa aggravata.
Lo ha precisato la Cassazione con una recente sentenza [1]. La vicenda è quella di un messo comunale che, nelle ore di servizio, utilizzava l’auto del Comune, fornitagli proprio al fine di effettuare le notifiche, per svolgere invece mansioni per la propria famiglia.
Insomma, va anche bene passare a prendere la figlia da scuola, se di passaggio. Ma quando durante le ore di lavoro si svolgono altre attività che nulla hanno a che fare con quelle per le quali, invece, si percepisce lo stipendio, allora scatta il danno erariale e, quindi, il peculato d’uso (in caso di utilizzo di beni dell’ufficio come il cellulare o l’auto) e la truffa.
Non è necessario, per far scattare il reato, che il danno sia di rilevante entità economica. Secondo la Corte, bastano anche 30 minuti al giorno per soli sei giorni. Infatti, anche l’indebita percezione di poche centinaia di euro di danaro pubblico è, per l’amministrazione, un danno apprezzabile e tale da giustificare l’avvio di un procedimento penale.
Secondo la Corte il danno è ipotizzabile ogni volta in cui si dia prova di stipendi abusivamente percepiti e di utilizzo indebito di beni strumentali dell’ufficio.
La vicenda
L’imputato era stato visto recarsi a casa propria con l’auto di servizio e nelle ore di lavoro, portandovi la spesa, le buste di acquisti effettuati, le compere di formaggi locali, entrando in abitazione e trattenendovisi dentro per intere mezzore, amabilmente conversando con i figli e facendo, come suol dirsi brutalmente, gli “affari propri” nel tempo che, invece, doveva dedicare alle attività lavorative.
note
[1] Cass. sent. n. 11432/2015.
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