Compenso per l’attività di riscossione che, invece, appare più una sanzione: l’aggio di Equitalia passa il sindacato di legittimità, ma continua a lasciare numerosi dubbi.
La Corte Costituzionale sta per depositare la sentenza con cui dichiarerà l’inammissibilità della questione sulla legittimità costituzionale dell’aggio di Equitalia. Le casse dello Stato evitano così un buco di ulteriori 2,5 miliardi di euro. Una sentenza politica, forse, che non scioglie però tutti i dubbi sulla correttezza di un peso che ricade sul cittadino a prescindere sia dalla sua capacità contributiva (la percentuale è uguale per tutti), sia dagli effettivi costi sostenuti dall’Agente per l’attività di riscossione (l’invio di una semplice raccomandata è sicuramente una spesa inferiore rispetto all’8% di una cartella da 1000 euro). Insomma, tutto come prima, ma con ancor più dubbi.
Peraltro l’aggio è integralmente a carico del contribuente, prescinde totalmente da qualsiasi forma di inadempimento: esso infatti è dovuto anche se il pagamento avviene nei termini, vale a dire in assenza di qualsiasi violazione da parte del debitore, essendo sufficiente la semplice notifica della cartella. Non si giustifica pertanto l’aggravio della somma iscritta a ruolo. Ne consegue che in assenza di procedure esecutive la funzione dell’agente della riscossione è unicamente quella di mero esecutore di quanto gli viene chiesto dall’ente impositore: inviare una “richiesta di pagamento” al cittadino.
Peraltro, col tempo, l’aggio – che doveva essere una forma di remunerazione ad Equitalia per la sua attività – ha perso tale connotazione assumendo più che altro la valenza di sanzione impropria: dimostrazione è il fatto che venga calcolato in percentuale sulle somme non pagate.
Bisognerà leggere le motivazioni della Consulta per comprendere meglio e commentare le ragioni del rigetto della questione, anche se – è bene ricordarlo – non è la prima volta che la Corte rigetta le censure mosse contro l’aggio.