Come funziona il protesto, la procedura, l’insoluto a prima presentazione, l’iscrizione nel registro CAI e i modi per evitare e cancellare il protesto.
Evitare il protesto dell’assegno potrebbe essere il modo migliore non solo per mettersi al riparo dai rischi di un pignoramento del creditore, ma anche dalle sanzioni e dall’eventuale iscrizione nel registro dei protestati della CAI (Centrale Allarme Interbancaria). In questo articolo forniremo alcuni suggerimenti pratici in merito; ma prima vediamo come funziona la procedura di protesto.
Indice
Protesto dell’assegno: come funziona
L’assegno viene protestato tutte le volte in cui, sul conto corrente di chi lo ha emesso (traente), non vi sono somme sufficienti a coprirne l’integrale pagamento. In pratica, ciò avviene quando il creditore, recatosi in banca e esibito l’assegno al cassiere, ne esige l’incasso (denaro contante o accredito sul proprio conto) e, in quel momento, si vede invece opporre un secco rifiuto perché l’assegno è “scoperto”.
Il protesto, però, non avviene immediatamente, ma va rispettata una particolare procedura:
- – la banca comunica immediatamente al debitore il cosiddetto “insoluto a prima presentazione”, ossia che è stato presentato un assegno e l’insufficienza delle somme per coprire l’assegno (la comunicazione contiene la fotocopia del titolo). Al titolare del conto viene così concesso un termine per coprire l’assegno, versando sul proprio conto le somme necessarie a pagare il creditore. Se tutto avviene correttamente, il debitore non subisce conseguenze di alcun tipo;
- – se invece il debitore non copre l’assegno, il titolo viene protestato: la banca cioè lo invia a un notaio (o, più raramente, a un ufficiale giudiziario) che provvede all’iscrizione del protesto nel relativo registro;
- – l’ultimo adempimento è l’iscrizione del debitore nell’elenco dei Protestati della CAI.
Quando il debitore può intervenire per evitare il protesto
Il debitore può tuttavia intervenire in un successivo momento, anche dopo l’avvio della procedura di protesto. In particolare, si possono verificare due ipotesi:
- – se il debitore copre l’assegno entro 60 giorni dal protesto (pagamento tardivo), dovrà aggiungere le spese di protesto, una penale del 10% della somma dell’assegno e gli interessi legali. È necessario fornire alla banca la prova dell’avvenuto pagamento del titolo, consistente nella dichiarazione del creditore di aver ricevuto detti importi;
- – se il debitore non paga neanche entro i 60 giorni, viene definitivamente iscritto nell’elenco Protestati del CAI (Centrale Allarme Interbancaria) e non potrà essere cancellato, neanche se provvederà al pagamento.
Dunque, la prima soluzione (e anche più scontata) per evitare il protesto impone al debitore di pagare l’assegno dopo la comunicazione di “insoluto a prima presentazione”.
Al massimo, egli potrebbe pagare entro 60 giorni dopo l’elevazione del protesto. In tal caso verrebbe cancellato immediatamente dall’elenco dei protestati.
Clausola “Senza protesto” o “senza spese”
Esiste un altro sistema per evitare il protesto, di certo più sicuro e che viene adottato già all’atto della consegna del titolo: consiste nell’apporre sull’assegno la dicitura “Senza spese” o “Senza protesto” e quindi firmare sotto tale postilla. In tali casi il titolo non potrà mai essere mai protestato dalla banca.
Ovviamente, per fare ciò, è necessario il consenso di entrambe le parti (traente e prenditore, ossia debitore e creditore).
Il vantaggio di questo sistema è palese per il debitore: così facendo, infatti, anche se l’assegno verrà portato all’incasso in un momento in cui in conto non vi sono le somme sufficienti a coprirlo, esso non sarà mai protestato.
Il creditore, dal canto suo, potrebbe comunque trovare conveniente tale accordo perché esso non gli impedisce, comunque, nonostante la presenza della clausola “Senza protesto”, di portare in esecuzione forzata l’assegno (che resta, infatti, un titolo esecutivo) ed eventualmente procedere con l’ufficiale giudiziario al pignoramento. Inoltre, in questo modo, il creditore eviterà di anticipare le spese di protesto che, di regola, gli vengono sempre addebitate, salvo poi farsele rimborsare dal debitore.
Questa pratica è piuttosto diffusa ed è pienamente lecita in quanto prevista espressamente dalla legge. Vi si fa ricorso spesso quando il debitore gestisce grossi flussi di denaro sia in entrata che in uscita senza che tra di essi via sia una perfetta corrispondenza: così potrebbe trovarsi, in determinati momenti, ad avere il conto scoperto per coprire le spese. Questa soluzione, invece, gli eviterebbe, per pochi giorni di ritardo nel pagamento, di essere iscritto nel registro Protesti.
In verità, il protesto spesso comporta uno svantaggio anche per il creditore: il debitore, infatti, oltre alle sanzioni pecuniarie, viene interdetto all’emissione di altri assegni e, nello stesso tempo, viene iscritto nella centrale rischi dei cattivi pagatori. Con la conseguenza che potrebbe trovarsi in maggiore difficoltà economiche nel reperire il denaro necessario per far fronte ai propri debiti, ivi compreso il prenditore dell’assegno.
Il creditore, dal canto suo, con o senza protesto resta sempre in possesso di un titolo esecutivo che gli consente di agire in esecuzione forzata, senza bisogno di intraprendere una causa o avviare un procedimento per decreto ingiuntivo.
note
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quindi la dicitura protesto e solo un inizio procedeimento,ma se pago l assegno penale e spese entro i 60 giorni tutto viene annullato?