“Falsi” dirigenti, Agenzia Entrate: accertamento nullo e danno erariale


Due volte responsabile l’Agenzia delle Entrate per le nomine a dirigente senza concorso: gli atti di accertamento fiscale sono nulli, ma ci sono anche gli estremi del danno erariale.
Stanno cadendo, ad uno ad uno, sotto la mannaia dei giudici delle Commissioni Tributarie, gli atti firmati dai dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che ricoprivano il posto senza aver mai svolto alcun pubblico concorso (dirigenti poi decaduti grazie alla nota sentenza della Corte Costituzionale [1]). L’ultima, in ordine di tempo, è la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado della Lombardia [2]: la CTR – che già si era espressa sulla medesima questione qualche mese fa – ha ribadito che gli avvisi di accertamento fiscale, sottoscritti dai dirigenti illegittimi, sia che l’atto sia stato firmato personalmente, che su delega, sono nulli, o meglio del tutto inesistenti, per incompetenza assoluta in difetto di attribuzione. Il giudice può rilevare la nullità dell’atto in ogni stato e grado del giudizio (quindi anche in secondo grado se l’eccezione non è stata sollevata in primo) e persino d’ufficio. Non c’è insomma, alcuna possibilità di sanatoria per tali accertamenti e il contribuente può ricorrere al giudice per chiederne l’annullamento.
Ma questa volta, nella sentenza c’è qualcosa in più, di altrettanto importante, e che non pochi contribuenti avevano subodorato all’indomani della pubblicazione della pronuncia della Corte Costituzionale [2] con cui è stato reso noto lo scandaloso comportamento dell’Agenzia delle Entrate: il giudice deve immediatamente informare le autorità sulle eventuali responsabilità contabili e penali per non incorrere lui stesso negli stessi rischi. Insomma, c’è anche il rischio di un danno erariale e di questo vanno informati gli organi di controllo (ossia la Procura della Corte dei Conti). Ma procediamo con ordine.
I dirigenti illegittimi
Come noto, l’Agenzia delle Entrate, negli scorsi anni, ha preposto, al ruolo di dirigenti degli uffici territoriali, una serie di funzionari (ben 767) che non avevano svolto alcun concorso: in questo, era stata “supportata” da una serie di leggi “sanatorie” che avevano convalidato il suo operato. Senonché, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime tali norme, ricordando come, ai sensi della nostra Costituzione, il conferimento di incarichi pubblici non può avvenire con nomina di persone di fiducia, ma solo attraverso un concorso pubblico. Insomma, la scelta nominativa del dipendente può avvenire solo nel comparto privato, ma mai nel pubblico. Ciò vale – sottolinea la Consulta – anche in caso di passaggio da una fascia funzionale a un’altra corrispondente a funzioni più elevate: insomma, non solo nel caso di assunzione, ma anche in quello di promozione c’è sempre bisogno del concorso pubblico. Se esso non viene svolto, due sono le conseguenze:
– il dirigente decade dall’incarico;
– gli avvisi di accertamento da lui sottoscritti, personalmente o su delega, sono nulli per incompetenza assoluta e difetto di attribuzione di poteri.
Gli accertamenti sono nulli
Tale nullità degli accertamenti fiscali fino ad ora emessi può essere rilevata anche dal giudice, se il contribuente che abbia proposto ricorso non abbia inteso sollevare l’eccezione. Questo perché si tratta di un vizio talmente grave che non è suscettibile di sanatoria, né vi sono termini massimi per sollevarlo (può infatti essere eccepito in ogni stato e grado del giudizio).
Il danno erariale
Tra tutti i precedenti giurisprudenziali che, sino ad oggi, hanno affermato tale principio, quello della CTR Lombardia aggiunge un aspetto molto importante, ponendosi il dubbio se, per il comportamento così realizzato dall’Agenzia delle Entrate, possano scattare i presupposti del danno erariale costituito dal mancato introito per l’annullamento degli avvisi di accertamento oggetto del contenzioso. E la Commissione Tributaria conclude ritenendo di aver l’obbligo di informare la Procura della Corte dei conti per eventuali responsabilità per danno erariale a seguito della perdita del gettito fiscale.
Analoghe considerazioni valgono per l’aspetto penale. Anche perché l’omissione di tali denunce genera eguali responsabilità contabili e penali in capo allo stesso giudice.
Insomma, ora lo Stato dovrà risarcire i cittadini due volte: una per l’accertamento illegittimo e un’altra – lo vedremo – per il danno che ha creato sulla collettività con il buco che si sta verificando per via della mancata riscossione dell’evasione.
note
[1] C. Cost. sent. n. 37/2015.
[2] CTR Lombardia sent. n. 2842/01/2015.
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