Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie (…), non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro che diano certezza all’esistenza della condotta criminosa.
Reato di evasione fiscale: no presunzioni


Il fisco può valersi, come prova, di presunzioni solo per le sanzioni tributarie, ma non per la condanna penale, ai fini della quale, invece, esse hanno, tutt’al più, valore di indizi, ma da valutare sempre insieme ad ulteriori fatti.
Se per la prova dell’illecito tributario il fisco può valersi delle presunzioni (purché gravi, precise e concordanti), nel caso, invece, di reato esse non possono essere prese in considerazione, ma possono, tutt’al più, valere come indizi. Lo ha chiarito la Cassazione con una recente sentenza [1].
Le presunzioni, quindi, almeno nel campo penale, non rappresentano elementi di prova, ma vanno considerate solo sul piano indiziario, quindi necessariamente accompagnate da altri elementi di fatto che diano dimostrazione del crimine. Da sole, invece, le presunzioni non sono idonee a fondare una decisione di colpevolezza per uno dei reati connessi a violazione di norme tributarie.
Resta ovviamente ferma, sul diverso campo tributario (non quello penale, quindi), la possibilità per il fisco di valersi delle presunzioni per accertare il maggior reddito e disporre le sanzioni, salva ovviamente la prova contraria da parte del contribuente.
note
[1] Cass. sent. n. 30890/2015.
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