Addio casa e fondo patrimoniale se va male l’investimento coi risparmi


Debiti e pignoramenti: i soldi dovuti al promotore finanziario rientrano tra le necessità della famiglia in quanto l’affare è stato realizzato con i risparmi e quindi con il denaro necessario a far fronte ai bisogni della famiglia.
I debiti contratti a seguito di un investimento, effettuato utilizzando i propri risparmi, rientrano tra quelli volti a far fronte ai “bisogni della propria famiglia”: non vi è dubbio, infatti, che lo scopo dell’investimento sia proprio quello di accrescere il portafoglio del nucleo e, quindi, preservalo dalle incertezze del futuro. Poiché, dunque, il fondo patrimoniale scherma la casa da tutti i debiti, tranne proprio da quelli generati per i bisogni essenziali della famiglia [1], i relativi creditori possono ugualmente pignorare l’immobile, anche se inserito nel fondo patrimoniale medesimo.
È quanto risulta da una recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia [2].
Il fondo patrimoniale ha lo scopo di proteggere la casa o altri immobili o mobili registrati dall’eventualità che i debiti, per vicende imprevedibili e superiori alle aspettative e possibilità, possano mettere al collasso la famiglia. In questo modo, si vuol tutelare la sopravvivenza del nucleo. Per evitare, però, che di tale istituto si faccia un abuso (come di fatto, tuttavia, è avvenuto), il codice civile ha introdotto una deroga: possono ugualmente pignorare i beni del fondo patrimoniale, nonostante l’esistenza del vincolo trascritto anteriormente, tutti i creditori per debiti sorti per scopi inerenti ai bisogni della famiglia. Viceversa il pignoramento dei beni inseriti nel fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Che significa concretamente? Per esempio: non vi è dubbio che la manutenzione della casa, il pagamento delle tasse sull’immobile, le spese di condominio siano rivolte alla gestione e al mantenimento dell’immobile e, quindi, di conseguenza, alla sopravvivenza della famiglia. Così, i relativi creditori di tali somme, se non pagate, possono pignorare la casa anche se inserita nel fondo patrimoniale (si pensi al condominio, all’azienda appaltatrice per i lavori di ristrutturazione, ecc.). Stesso discorso per le spese relative all’istruzione dei figli, all’acquisto di un frigorifero, un forno, una camera da letto, ecc.
Insomma: per stabilire se il creditore possa pignorare o meno la casa inserita nel fondo patrimoniale bisogna guardare alla ragione per cui è stato contratto il debito: se per garantire i bisogni della famiglia (in tal caso, il fondo non costituisce alcuna protezione, neanche dopo molti anni dalla sua costituzione) o meno (in tal caso, il fondo rende impignorabile l’immobile).
Di recente, però, la giurisprudenza sta demolendo sempre di più l’utilità del fondo patrimoniale, consapevole anche delle strumentalizzazioni che di esso sono state fatte. Così, per esempio, la Cassazione ha ritenuto che rientrino nei bisogni della famiglia i debiti del lavoratore autonomo inerenti alla propria attività (in quanto i relativi redditi sono rivolti a mantenere la famiglia) così come i debiti contratti dall’imprenditore per la gestione dell’azienda individuale quando è solo con il suo lavoro che si mantiene la famiglia.
Insomma, in una situazione del genere, il fondo patrimoniale ha iniziato a perdere l’importanza che aveva un tempo. Si consideri, peraltro, che con la recente riforma, il pignoramento del fondo è sempre possibile entro 1 anno dalla sua costituzione, per qualsiasi tipo di debito anche senza bisogno di revocatoria (leggi: Addio fondo patrimoniale e tutela della casa).
note
[1] Art. 170 cod. civ.
[2] Trib. Reggio Emilia, sent. del 20.05.2015.
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