Eurotassa in arrivo, pressione fiscale ancora in aumento?


Allo studio della Commissione UE una nuova Tassa Europea per finanziare il fondo anticrisi.
Le tasse, si sa, non sono molto amate dagli italiani; se, poi, queste tasse non servono a finanziare lo Stato, ma l’Europa, è un motivo in più per detestarle; se, infine, la loro paternità è riconducibile all’ex premier Mario Monti, certo non popolarissimo, ecco che l’odio verso il balzello raggiunge l’ennesima potenza. In realtà, l’idea di una nuova tassa europea è stata lanciata dalla Commissione Ue, con la benedizione (e lo “zampino”) della Germania, come emerge dalle indiscrezioni trapelate nel settimanale tedesco Der Spiegel: l’imposta, difatti, è fortemente voluta dal Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble; il ruolo di Mario Monti consisterà soltanto nel guidare il gruppo di studio dell’imposta istituenda, che probabilmente si chiamerà Eurotassa.
Il nome non è certo dei più felici, anche perché ricorda l’imposta che gli italiani pagarono per entrare in Europa nel 1997: si trattava di un contributo straordinario basato su 5 aliquote progressive, dallo 0% al 3,5% del reddito annuo lordo. Dobbiamo aspettarci qualcosa di simile?
Dalle notizie trapelate parrebbe non trattarsi di un’imposta ad hoc, applicata direttamente sui contribuenti: questo, però, non significa che il prelievo sarà più leggero.
Si sta lavorando, in effetti, ad un’imposizione indiretta, ovvero ad un innalzamento dei contributi nazionali all’Europa, mediante una destinazione di maggiori risorse derivanti dal gettito Iva ed Irpef.
Attualmente, gli Stati finanziano il Bilancio europeo con l’1% dell’Iva: per coprire il nuovo fabbisogno, si prevede lo stanziamento di un minimo dell’1,25% dell’Iva, oltrechè di una parte dell’Irpef. Misura che certamente vanificherebbe i tanto declamati annunci di questi giorni, sulla futura riduzione della pressione fiscale (eliminazione delle tasse sulla prima casa, dell’ Imu agricola e sugli imbullonati nel 2016, riduzione dell’imposizione sulle imprese nel 2017, e dell’Irpef nel 2018): un piano quale quello previsto, con una manovra complessiva da 45 miliardi, difficilmente riuscirebbe a coniugarsi con le maggiori entrate richieste dall’Europa, specialmente se il contributo europeo non dovesse essere detratto dai calcoli del deficit.
La novità pare non essere gradita nemmeno dal Cancelliere Angela Merkel, in vista delle prossime elezioni politiche, né al premier Hollande: è logico che non siano solo gli italiani a non gradire l’aumento di tasse e balzelli, soprattutto laddove le imposte non finanzino un bisogno immediato dei contribuenti.
L’Eurotassa, teoricamente, sarebbe finalizzata a finanziare un nuovo fondo anti-crisi, dopo il fallimento del piano Juncker: servirebbe, in realtà, a un ben più nobile scopo, secondo i suoi sostenitori, ovvero ad arrivare ad una maggiore unità politica, attraverso la cessione di sovranità. Idea, secondo la scrivente, difficilmente realizzabile, poiché solo un’unica identità politica può giustificare una tassazione unica, e non viceversa: dato che la coesione, in ambito politico europeo, è ben lungi dall’essere presente, è più che legittimo avere qualche dubbio riguardo all’opportunità di una tale nuova imposizione, che rischia di allontanare i cittadini dall’Europa, anziché di avvicinarli.