Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 novembre 2013 – 12 febbraio 2014, n. 6750
Presidente Garribba – Relatore Di Salvo
Ritenuto in fatto
1. S.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, in data 28-6-12, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all’art 73 DPR 309/90, in relazione alla detenzione, a bordo dell’auto a lui in uso, di 7 pastiglie di extasy e alla cessione ad alcune persone non identificate di ulteriori pastiglie della medesima sostanza. In Segrate il 29-9-2002.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione dell’art 75 I. stup. e vizio di motivazione poiché l’imputato, prima di recarsi nel locale in cui si svolsero i fatti, acquistò previa colletta di danaro cui egli aveva partecipato unitamente a 3 amici, 10 pastiglie di extasy, con il proposito di consumarle insieme a questi ultimi. E infatti S. consegnò a ciascuno degli amici mezza pastiglia, senza ricevere alcun corrispettivo, e ne aveva appena dimezzata un’altra quando intervenne la polizia.
2.1. Con il secondo motivo, si deduce inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alla p.g. il 29-9-02, alle ore 15,31, in quanto rese in assenza del difensore e non qualificabili come dichiarazioni spontanee. Peraltro, dalle ore 8 del mattino alle ore 15,31, l’imputato era stato ingiustificatamente trattenuto presso gli uffici di polizia nonostante fosse già stato identificato mediante un documento e non vi fosse alcuna esigenza. Né la conferma di tali dichiarazioni nell’interrogatorio reso alla p.g. delegata dal PM il 27-10-05 può valere a sanare questo vizio.
2.2. Il terzo motivo si incentra invece sulla misura della pena, non quantificata nei minimi edittali nonostante l’assenza di precedenti penali e di carichi pendenti, la condotta leale dello S., che condusse lui stesso gli operanti presso la sua autovettura, e l’esiguità del quantum di principio attivo dello stupefacente (mg 950).
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
3. Il primo motivo di ricorso esula dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez un. 13-12-95 Clarke, rv 203428). Nel caso di specie, la Corte d’appello ha evidenziato come la tesi difensiva di un “consumo di gruppo” dell’extasy non sia plausibile. In tal senso depongono la significatività del dato ponderale; il possesso dello stupefacente appena fuori da un locale in cui si teneva una festa e dunque in un contesto nel quale, come è noto, si consuma sovente extasy; la presenza dell’imputato all’interno di un luogo di possibile spaccio; le dichiarazioni dell’operante di p.g., il quale ha riferito di aver visto lo S. dare qualcosa a un ragazzo che stava ballando e che ha subito ingerito quanto ricevuto; l’irrilevanza della circostanza inerente al mancato pagamento perché a quest’ultimo è possibile procedere anche in un secondo momento. A ciò si aggiunga – precisa il giudice a quo – che lo stesso imputato ha ammesso, nell’interrogatorio del 27-10-2005, di aver acquistato ben 10 pastiglie di extasy e quindi un quantitativo che va ben oltre un “consumo di gruppo” con tre amici, nel corso di una festa. Inoltre l’imputato non ha indicato i nominativi dei tre amici.
3.1. Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è dunque enucleabile una attenta analisi della regiudicanda, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull’attendibilità delle acquisizioni probatorie, giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze agli atti, si sottraggono al sindacato di legittimità (Sez. un. 25-11-’95, Facchini, rv. n. 203767).
4. Nemmeno il secondo motivo può trovare accoglimento. La motivazione della sentenza impugnata fa infatti esclusivo riferimento alle risultanze dell’interrogatorio, ritualmente espletato, in data 27-10-2005, oltre che a quanto riscontrato dalla p.g. Il discorso giustificativo del decisum prescinde dunque del tutto dalle dichiarazioni rese dallo S. il 29-9-2002, ragion per cui, quand’anche la censura venisse accolta, l’apparato argomentativo a sostegno della declaratoria di responsabilità rimarrebbe del tutto inalterato. Non è pertanto configurabile, in capo al ricorrente, alcun interesse all’accoglimento della doglianza poiché esso non apporterebbe alla sfera giuridica dell’impugnante alcun vantaggio concreto ed attuale. Viceversa concretezza ed attualità sono requisiti coessenziali e indefettibili dell’interesse ad impugnare (Cass. Sez VI, 21-4-2006 n. 24637, C.E.D. Cass., n. 234734).
5. Anche le determinazioni del giudice di merito in ordine alla dosimetria della pena sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento al dato ponderale relativo allo stupefacente.
6. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 606 co. 3 cpp, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.