Corte di Cassazione, VI Civile -2, ordinanza 11 giugno – 25 agosto 2015, n. 17130
Presidente Petitti – Relatore Giusti
Fatto e diritto
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 23 marzo 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Con ricorso depositato in data 27 dicembre 2011 e ritualmente notificato al Condominio (omissis) e al suo amministratore, Organizzazione Eurotel Italia s.r.l., A.A.A. e P.C. , nella loro qualità di comproprietari di un appartamento del complesso condominiale, hanno adito il Tribunale di Milano per sentire dichiarare l’annullamento e/o la nullità dell’assemblea del 26 novembre 2011 e delle delibere assunte in quella sede.
Si sono costituiti il Condominio e l’Organizzazione Eurotel, eccependo in via pregiudiziale l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore di quello di Tempio Pausania.
Con ordinanza in data 5 novembre 2014, il Tribunale di Milano ha dichiarato la propria incompetenza per territorio in favore del Tribunale di Tempio Pausania, condannando gli attori al pagamento delle spese processuali.
Ha rilevato il Tribunale che il Condominio è situato nel circondario di Tempio Pausania; che l’art. 23 cod. proc. civ. fissa una competenza per territorio esclusiva; che nessuna rilevanza assume la deroga convenzionale di competenza in favore del foro di Milano.
Per l’annullamento di questa ordinanza la A. e il P. hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, con atto avviato alla notifica il 4 novembre 2014, sulla base di due motivi.
Gli intimati hanno resistito con memoria.
Appare infondata l’eccezione di improponibilità o inammissibilità sollevata dai resistenti sul rilievo che il ricorso sarebbe finalizzato ad ottenere l’annullamento non solo del capo della decisione relativo alla competenza territoriale, ma altresì di quello relativo alla condanna alle spese di lite. Infatti, il regolamento necessario di competenza comporta la devoluzione alla Corte di cassazione anche della decisione sul capo di sentenza concernente le spese di lite, non avendo tra l’altro il ricorrente l’onere di impugnare la relativa pronuncia, né la possibilità di proporre a tal fine un giudizio ordinario – ammissibile soltanto qualora la censura riguardi esclusivamente il predetto capo, ovvero nel caso in cui sia la parte vittoriosa sulla questione di competenza a censurare tale statuizione -, in quanto, da un lato, il suddetto regolamento costituisce un mezzo di impugnazione al quale sono applicabili le norme generali in materia di impugnazioni, non derogate dalla specifica disciplina per esso stabilita; dall’altro, la pronuncia sulle spese processuali non costituisce una statuizione autonoma e separata rispetto alla dichiarazione di incompetenza (Cass., Sez. VI-3, 12 agosto 2011, n. 17228).
Passando all’esame del fondo del regolamento, il primo motivo – con cui ci si duole della mancata applicazione del foro convenzionale disciplinato dall’art. 32 del regolamento condominiale – appare fondato.
È condivisibile il presupposto interpretativo da cui muovono i ricorrenti: l’art.23 cod. proc. civ. introduce un foro speciale esclusivo per le controversie tra condomini, stabilendo che per esse è competente il giudice del luogo in cui si trova l’immobile condominiale (Cass., Sez. Un., 18 settembre 2006, n. 20076); il carattere esclusivo del foro non significa che lo stesso sia anche inderogabile; le ipotesi di inderogabilità della competenza territoriale sono stabilite dall’art. 28 cod. proc. civ., e non vi rientra il foro per le cause tra condomini; il foro ex art. 23 cod. proc. civ. è derogabile in presenza di un accordo tra le parti sul punto.
Nella specie il foro convenzionale è stabilito dall’art. 32 del regolamento condominiale per ogni controversia relativa al regolamento stesso. Tale clausola risulta applicabile, posto che la nullità o l’annullamento dell’assemblea condominiale è stata richiesta per violazione delle norme di regolamento in materia di valida costituzione dell’assemblea.
Resta assorbito l’esame del secondo motivo”.
Letta, la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto e, cassata l’ordinanza impugnata, va dichiarata la competenza del Tribunale di Milano;
che le spese del regolamento vanno rimesse al Tribunale dichiarato competente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, dichiara la competenza del Tribunale di Milano e cassa l’ordinanza impugnata. Rimette le parti dinanzi al Tribunale di Milano, anche per la liquidazione delle spese del regolamento, previa riassunzione nel termine di legge.
COMPETENZA PER TERRITORIO
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 18 settembre 2006, n. 20076
L’art. 23 c.p.c., che prevede per le cause tra condomini il foro speciale esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, si riferisce non soltanto alle liti tra condomini per i rapporti giuridici attinenti alla proprietà ed all’uso delle cose comuni, bensì a qualunque controversia possa insorgere nell’ambito condominiale per ragioni afferenti al condominio, quand’anche veda contrapposto un singolo partecipante a tutti gli altri, ciascuno dei quali è singolarmente rappresentato dall’amministratore, e quindi anche alle controversie tra il condominio ed il singolo condomino relative al pagamento della quota di contributi da parte di quest’ultimo.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 24 giugno 2005, n. 13640
Poiché l’amministratore di condominio nell’attività di riscossione dei contributi dovuti per l’utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie relative a tale riscossione, costituendo una lite fra condomini, sono devolute alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova l’immobile condominiale (art. 23 cod. proc. civ.).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 5 novembre 2004, n. 21172
In materia di cause condominiali, il foro speciale esclusivo di cui all’art. 23 cod. proc. civ., che prevede la competenza per territorio del giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, trova applicazione anche per le liti fra il condominio ed il singolo condomino.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 18 aprile 2003, n. 6319
In tema di competenza territoriale, l’art. 23 cod. proc. civ., che prevede per le cause tra condomini il foro speciale esclusivo ancorché non inderogabile, del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, si riferisce a tutti i casi di comunione ex art. 1100 cod. civ. (e non solo ai condominii divisi per piano) perché le controversie siano assoggettabili alla disposizione in esame, è necessario che entrambe le parti siano condomini, dovendo ritenersi tali anche le controversie in cui l’amministratore del condominio agisca per la riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino, giacché, in tale caso, l’amministratore agisce in rappresentanza degli altri condomini.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 16 agosto 1993, n. 8734
L’art. 23 cod. proc. civ., che prevede per le cause fra condomini il Foro speciale esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, si riferisce non soltanto alle liti tra condomini per i rapporti giuridici attinenti alla proprietà ed all’uso delle cose comuni bensì anche a tutte le liti che possono insorgere nell’ambito condominiale, comprese quelle fra il condominio ed il singolo condomino relative al pagamento della quota di contributi da parte di quest’ultimo, considerato che il condominio, a differenza della società, non è un soggetto dotato di personalità giuridica sia pure attenuata o di una propria autonomia patrimoniale rispetto ai soggetti che ne fanno parte, ma si configura come gestione collegiale di interessi individuali facente capo a questi ultimi, sicché il suo amministratore non può considerarsi investito di un potere di rappresentanza organica, ma ha la semplice rappresentanza volontaria dei partecipanti.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 24 agosto 1992, n. 9828
Poiché l’amministratore di condominio nell’attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l’utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie che insorgono in ordine a tale riscossione costituiscono una lite tra condomini soggetta quanto alla competenza territoriale ai criteri dell’art. 23 cod. proc. civ. e quindi devoluta alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova l’immobile condominiale.
Contraria: Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 10 gennaio 2003, n. 269
Ai fini dell’applicabilità della disciplina di cui all’art. 23 del codice di rito, che regola la competenza territoriale in ordine alle liti tra i partecipanti alla comunione, deve intendersi per “causa vertente tra condomini” quella in cui si discuta in ordine a rapporti giuridici attinenti al diritto reale di proprietà ed all’uso delle cose comuni, sicché la predetta disposizione non è legittimamente invocabile nella diversa ipotesi in cui l’amministratore, in rappresentanza del condominio, pretenda, nei confronti del singolo condomino, il pagamento delle spese condominiali (il principio di diritto è stato affermato, “in extensum”, dalla S.C. con riferimento ad una controversia insorta tra un consorzio ed un consorziato per il pagamento dei contributi consortili).
COMPETENZA PER VALORE
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 13 novembre 2007, n. 23559
In tema di competenza per valore, con riferimento all’azione avente ad oggetto il pagamento delle spese condominiali secondo approvazione dell’assemblea del condominio, il valore della causa va determinato con riferimento alla parte della relativa delibera impugnata, e non alla quota di spettanza del condomino che l’ha impugnata, atteso che l’oggetto del contendere coinvolge i rapporti di tutti i condomini interessati alla ripartizione, e, quindi, l’interezza di tale importo.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 5 aprile 2004, n. 6617
In tema di competenza del giudice per valore, nella controversia promossa da un condomino che agisca nei confronti del condominio per sentir dichiarare l”inesistenza del suo obbligo personale di pagare la quota a suo carico della spesa deliberata ed approvata in via generale e per tutti i condomini dell’assemblea, sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare sulla quale è fondata la pretesa del condominio nei suoi confronti (e non già dell’insussistenza, per qualsiasi titolo, della propria personale obbligazione), la contestazione deve intendersi estesa necessariamente all’invalidità dell’intero rapporto implicato dalla delibera, il cui valore è, quindi, quello da prendere in considerazione ai fini della determinazione della competenza, atteso che il “thema decidendum” non riguarda l’obbligo del singolo condomino bensì l’intera spesa oggetto della deliberazione, la cui validità non può essere riscontrata solo in via incidentale.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 15 dicembre 1999, n. 14078
Dall’entrata in vigore del codice civile la competenza a decidere l’impugnazione di una delibera assembleare da parte di un condomino non appartiene più, “ratione materiae”, al Tribunale perché l’art. 1137 cod. civ. non riproduce il contenuto dell’art. 26 del R.D. 15 gennaio 1934 n. 56, e pertanto il criterio per individuare il giudice competente è il valore, desumibile dalla delibera impugnata, salvo che l’oggetto di essa rientri nella competenza per materia di un determinato giudice, come ad esempio se la delibera concerne la misura e le modalità d’uso dei servizi di condominio di case (nella specie la delibera impugnata aveva ad oggetto l’approvazione del piano di riparto delle spese condominiali per un valore complessivo non superiore ai due milioni e la Cassazione ha affermato la competenza del giudice di pace).