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Licenziamento: la conciliazione

19 Settembre 2015 | Autore:
Licenziamento: la conciliazione

Il Jobs Act ha introdotto un nuovo strumento a disposizione delle aziende che vogliono evitare il contenzioso e cioè l’offerta di conciliazione a seguito dell’impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore.

In caso di licenziamento e di conseguente impugnazione del licenziamento medesimo da parte del lavoratore assunto in regime di Jobs Act, è stata introdotta una nuova forma di conciliazione della vertenza, da attivarsi da parte del datore di lavoro.

Questa nuova procedura di conciliazione prevede che il datore di lavoro offra al lavoratore una somma predeterminata, in modo da risolvere la controversia al di fuori delle sedi giudiziali. L’importo, erogabile solo nella forma dell’assegno circolare, una volta accettato non sarà considerato nei redditi imponibili del lavoratore.

Se il lavoratore prende l’assegno o più semplicemente lo incassa, la vertenza si chiude.

La comunicazione obbligatoria di questa procedura di conciliazione (come previsto dal decreto attuativo del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti) è, appunto, obbligatoria solo se è l’impresa che propone l’accordo [1].

L’offerta di conciliazione dell’impresa al dipendente licenziato consiste in un indennizzo pari a una mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 18. La comunicazione della proposta economica va effettuata entro 65 giorni, tramite procedura “UNILAV – Conciliazione“, sul portale Cliclavoro, nella sezione “adempimenti“.

 

La procedura

Se il datore di lavoro utilizza questa forma di conciliazione, quale che sia l’esito, è tenuto a fare questa ulteriore comunicazione obbligatoria, oltre a quella normale relativa al termine del rapporto di lavoro. Va rispettata una precisa procedura [2]: nel momento in cui il lavoratore accetta l’assegno, rinuncia a impugnare il licenziamento. Il risarcimento, nei termini sopra indicati, è fiscalmente agevolato (non costituisce reddito imponibile e non è assoggettato a contributi previdenziali), mentre qualsiasi somma aggiuntiva pattuita, anche nell’ambito dello stesso accordo, è soggetta alla normale tassazione.

La comunicazione agli Uffici del Lavoro è obbligatoria solo nel caso in cui la procedura di conciliazione si attivi. In questo caso, bisogna effettuare la comunicazione anche se alla fine il lavoratore non accetta, ma se l’impresa non aveva nemmeno avanzato la proposta di conciliazione non è necessaria alcuna comunicazione.

Altro chiarimento sulle agenzie per il lavoro, che in caso di risoluzione del rapporto di lavoro sono tenute alle stessa procedura prevista per gli altri datori di lavoro: quindi se effettuano l’offerta di conciliazione, devono compilare la comunicazione obbligatoria.

Infine, il Ministero specifica che non è necessaria alcuna comunicazione nel caso in cui il rapporto di lavoro si risolva durante il periodo di prova.

Gli obblighi di comunicazione sono importanti, perché il loro mancato rispetto comporta l’applicazione di sanzioni, da 100 a 500 euro per ogni lavoratore.

Il Ministero specifica anche che, come per tutte le comunicazioni relative al rapporto di lavoro, è possibile rivolgersi a un intermediario. Ecco i professionisti abilitati:

– consulenti del lavoro;

– avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali;

– servizi di associazioni di categoria;

– associazioni di categoria imprese agricole;

– altre associazioni di categoria datoriali;

– agenzie per il lavoro;

– consorzi di gruppi e imprese.


note

[1] Nota direttoriale del 22 luglio 2015 del Ministero del Lavoro.

[2] Art. 6 del dlgs 23/2015.


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