Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 ottobre 2014 – 2 ottobre 2015, n. 39817
Presidente Mannino – Relatore Savino
Ritenuto in fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza in data 9.1.2014 con la quale il Tribunale di Palermo, sezione per il riesame, ha accolto l’istanza di riesame proposta da L.F. avverso il decreto del 29.11.013 con il quale il GIP dello stesso Tribunale disponeva il sequestro preventivo delle opere del cantiere posto in via (OMISSIS) .
Il sequestro era stato disposto nell’ambito di indagini a carico del L. nella qualità di comproprietario dell’opera abusiva per il reato di cui agli artt. 44, comma 1, d.p.r. 380/01 perché, previa demolizione di un immobile preesistente e previo sbancamento, era stato realizzato nel cantiere di via (OMISSIS) , un basamento in c.a. di circa mq 17 sul quale era in corso di realizzazione la collocazione di carpenteria in legno e ferro al momento priva di gettata in calcestruzzo”.
I giudici del riesame rilevavano che nel caso di specie, concernente una ristrutturazione con ampliamento di un immobile, previa demolizione delle parti interne di esso e mutamento dei volumi, la Polizia Municipale, nel processo verbale del 16.11.2013, si era limitata a dare atto dell’esistenza dell’illecito edilizio, senza precisare, visto che sia le demolizioni interne dell’edificio, sia lo sbancamento di 17 mq costituivano oggetto della concessione edilizia n. 220 del 2013, in che cosa vi fosse difformità penalmente rilevante. Peraltro, argomentavano i giudici di merito, dalla disamina del fascicolo fotografico non si evinceva la demolizione dei muri perimetrali dell’edificio, essendo ben visibile l’esistenza di un muro di prospetto.
Il Pubblico Ministero ha dedotto a sostegno del ricorso il seguente motivo di impugnazione.
1) Erronea applicazione dell’art. 44 lett. b) e c) d.p.r. n. 380/2001 in relazione all’art. 3 lett. d) e e) del medesimo decreto.
Rileva il P.M. che il Tribunale del riesame ha omesso di considerare circostanze di rilievo dirimente, prima tra tutte il fatto che l’impresa esecutrice dei lavori, travalicando quanto assentito nel provvedimento concessorio n. 220/2013, ha proceduto alla demolizione totale dell’immobile preesistente. Il Tribunale del riesame, quindi, ha applicato in modo improprio la disciplina di cui all’art. 3 lett. d) ed e) del TU edilizio. La totale demolizione del fabbricato infatti risulta chiaramente percepibile dal rapporto fotografico realizzato dalla PG operante, ove si può constatare che le mura rimaste in piedi, lungi dal costituire le pareti portanti della vecchia costruzione, sono, al contrario, pertinenza degli edifici confinanti, trattandosi di fondo intercluso tra altri fondi.
L’intervento edilizio effettuato non poteva quindi essere qualificato semplice ristrutturazione edilizia, difettando il presupposto restrittivo dato dalla ricostruzione secondo volumi, sagome ed altezze identiche. Non a caso, rileva ancora parte impugnante, gli aumenti di volumetria previsti dalla concessione per la ristrutturazione non contemplavano che in minima parte la possibilità di effettuare abbattimenti.
Aggiunge ancora il Pm che il Tribunale del Riesame ha trascurato di considerare che le opere in questione interessano un’area gravata da vincolo paesaggistico: quindi è del tutto inconferente, ai fini della rilevanza penale della condotta edificatoria in atti, l’entità differenziale tra quanto assentito dalla concessione e quanto effettivamente realizzato dall’impresa esecutrice, integrando il reato di cui alla lettera e) dell’art. 44 qualsivoglia divergenza rispetto al provvedimento concessorio.
Ritenuto in diritto
Il ricorso è fondato.
Secondo costante indirizzo di questa Corte, la ristrutturazione edilizia consiste nel ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell’edificio originario volti a trasformare l’organismo preesistente, a condizione che rimangano immutati sagoma, volume ed altezza dello stesso. (Cass. sez. 3, n. 36528 del 16/06/2011, dep. 10/10/2011, Rv. 251039, Sez.3, n. 49221 del 06/11/2014,. dep. 26/11/2014 Rv. 261216, Cass. Sez. 5A 17.2.1999 n. 3558, P.M. inproc. Scarti. Rv. 213598).
Nella nozione di ristrutturazione edilizia sono dunque ricompresi interventi volti alla trasformazione dell’edificio preesistente mediante il ripristino e la sostituzione di alcuni elementi costitutivi, ma lo stesso deve rimanere inalterato per forma, volume ed altezza, onde è estranea a detta categoria la creazione di nuovi volumi sia in ampliamento sia in sopraelevazione, esclusi quelli tecnici (in questo senso Cass. Sez. 5^ 17.2.1999 n. 3558, P.M. inproc. Scarti. Rv. 213598).
La normativa di riferimento della fattispecie in esame è data dall’art. 3, comma 1, lett. d) D.P.R. 380/2001, la quale descrive gli interventi di ristrutturazione edilizia come: “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Premessi tali principi, ritiene questo Collegio che gli interventi effettuati non siano riconducibili nel concetto di ristrutturazione in quanto si è proceduto alla integrale demolizione della originaria struttura senza che la successiva ricostruzione prevedesse il mantenimento di volumi sagome ed altezza identiche alla preesistente costruzione; tutto ciò in totale difformità del titolo concessorio (n. 220 del 2013) rilasciato per la ristrutturazione, il quale autorizza “ristrutturazione edilizia mediante ampliamento, per me 105,56 su una cubatura esistente di me 212,54 finalizzata alla realizzazione di primo piano realizzazione di parcheggio a piano cantinato, demolizione di superfetazione consistente nel tramezzo realizzato nel terrazzo, demolizione di solaio e nuova realizzazione, realizzazione di impianti, diversa distribuzione interna ed opere di rifinitura.
Gli aumenti di volumetria previsti nella concessione contemplavano in minima parte la possibilità di effettuare abbattimenti; mentre la demolizione totale accompagnata dalla ricostruzione con nuovi volumi integra l’ipotesi di nuova opera prevista dall’art. 3 lett. e) cit. d.p.r. e non certo una ristrutturazione edilizia.
A ciò va aggiunto il rilievo che l’intervento edilizio è stato effettuato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. In tale ipotesi la Suprema Corte ha più volte affermato il principio secondo cui in presenza di interventi edilizi in zona paesagisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali. Sez. 3 n. 37169 del 06/05/2014 Ud. (dep. 05/09/2014) Rv. 260181, Sez. 3, n. 16392 del 17/02/2010 Cc. (dep. 27/04/2010) Rv. 246960.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto la legittimità dell’intervento di ristrutturazione sulla base della sussistenza di un titolo concessorio, senza considerare il dato, evidenziato dal P.M. ricorrente, che nel verbale di sequestro di urgenza 16.11.2013 della Polizia Municipale, risulta accertata la demolizione totale dell’immobile preesistente e che dal rapporto fotografico della PG operante si evince che le mura in esso rappresentate non sono le pareti della struttura originaria, bensì appartengono agli edifici confinanti, trattandosi di lotto di terreno intercluso fra altri fondi.
Alla luce di tali risultanze l’attività svolta nel cantiere di via (OMISSIS) si pone in totale difformità dal permesso di costruire rilasciato, essendo essa diretta alla creazione di una nuova opera e non alla ristrutturazione delle preesistente.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo in diversa composizione.