Ferie non godute pubblico impiego: che fine fanno?
Il datore deve assicurarsi che il lavoratore sia in condizione di godere dei riposi, ma non può costringerlo a non lavorare.
Il dipendente ha diritto alle ferie annuali. Nessun diverso accordo, neanche dietro monetizzazione, può disporre il contrario. Per legge, infatti, il riposo necessario al recupero delle energie psicofisiche del lavoratore non solo non può divenire oggetto di rinuncia, ma non può neanche essere indennizzato in denaro.
La mancata fruizione delle ferie si ripercuote sull’azienda in termini di sanzioni economiche.
Ma che succede se è il dipendente a non voler godere dei riposi, magari perché non riesce a staccarsi dalla scrivania o sta semplicemente trovando una scusa per non andare in vacanza con la moglie?
Immaginiamo il dipendente di un ente pubblico che, per la sua mania di controllo e gestione, ad agosto preferisce restare in città e curare le pratiche lasciate in sospeso. Se dovessero decorrere i termini per la fruizione delle ferie potrebbe rivendicarle in un momento successivo? La questione è stata affrontata, di recente, dal Tar Aosta [1]. Ecco qual è la sintesi della decisione in commento.
Indice
Che fine fanno le ferie arretrate non godute?
Il datore di lavoro ha l’onere di assicurarsi che il dipendente sia effettivamente in condizione di godere delle ferie annuali retribuite invitandolo, se necessario, a farlo. Egli deve informarlo del fatto che, se non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Pertanto, secondo il tribunale amministrativo, il dipendente pubblico che non fruisce di proposito del riposo annuale
È vero: i periodi annuali retribuiti di riposo per il lavoratore sono tutelati dalle norme fondamentali dall’Unione europea oltre che dalla Costituzione. E il datore deve assicurarsi che il prestatore sia effettivamente messo in condizione di godere dei giorni di relax e svago. Ma non può imporne la fruizione ai lavoratori: è sufficiente che dimostri di aver impiegato tutta la diligenza necessaria affinché l’addetto possa esercitare concretamente il diritto.
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La vicenda
A seguito di una carenza di organico sul posto di lavoro, un ispettore superiore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non aveva goduto di un periodo di congedo ordinario maturato pari a 173 giorni, da usufruire – per espressa disposizione di legge – nel corso dell’anno, pena la perdita del diritto.
Il lavoratore aveva, pertanto, chiesto di usufruire di tutto il congedo pregresso con decorrenza immediata: richiesta che non era stata accolta. Contro l’ispettore ha pesato l’accordo quadro nazionale sulle forze di polizia, secondo cui il
Diritto alle ferie
Ogni anno, il lavoratore ha diritto ad almeno 4 settimane di ferie. I contratti collettivi e individuali possono prevedere solo trattamenti di maggior favore per i lavoratori ossia allungare il periodo di riposo, ma non diminuirlo.
Di tali 4 settimane, 2 settimane vanno godute in modo continuativo entro l’anno di maturazione. I giorni residui di ferie (indicati nella parte bassa della busta paga) possono essere goduti nei 18 mesi successivi.
Che succede se scadono i termini senza che il lavoratore abbia goduto delle ferie? Le ferie non si perdono e, quindi, possono essere ancora godute dal dipendente; se, tuttavia, questi non riuscisse a smaltirle, potrà ricevere un’indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro.
Quando si perdono le ferie?
Il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite è un principio cardine del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare. Spetta al datore di lavoro assicurarsi che il dipendente sia effettivamente in condizione di
Il rispetto di questo onere, però, non può estendersi fino a costringere i lavoratori ad esercitare effettivamente la fruizione delle ferie annuali retribuite. L’azienda è in regola se si limita a consentire ai lavoratori di godere delle stesse.
Da quanto appena detto, risulta chiaro che:
- il dipendente non può rinunciare alle ferie; se non fruisce delle ferie non per sua volontà, ma del datore di lavoro, non perde il diritto alle ferie e ne può godere in qualsiasi momento. Se, però, il rapporto di lavoro è giunto alla fine, egli ne può chiedere la conversione in una indennità economica;
- il datore di lavoro può esigere la prestazione lavorativa in cambio di una remunerazione;
- nello stesso tempo, il datore di lavoro non può obbligare il dipendente ad andare in ferie se questi non vuole.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che qualora il datore di lavoro dimostri che sia stato il dipendente – “deliberatamente e con piena consapevolezza” – a non voler godere delle ferie nonostante sia stato messo nella condizione di esercitare in modo effettivo il proprio diritto, allora non potrà ottenere il
L’assetto ora descritto non collide con il principio costituzionale dell’irrinunciabilità delle ferie. Sul punto, infatti, la Corte Costituzionale ha chiarito che il legislatore unisce «il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie».