Qual è la larghezza minima di una servitù di passaggio?
Guida alla larghezza minima di una servitù di passaggio. Come si determina in base al titolo, alle esigenze del fondo dominante e al minor aggravio (art. 1065 c.c.).
La servitù di passaggio è un diritto reale di godimento su cosa altrui che consente al proprietario di un fondo, detto “fondo dominante”, di transitare attraverso un altro fondo, detto “fondo servente”, appartenente a un diverso proprietario, per accedere al proprio immobile o per altre utilità. Una delle questioni più frequenti e spesso fonte di accesi conflitti tra vicini riguarda proprio le dimensioni concrete di questo passaggio. In particolare, molti si chiedono qual è la larghezza minima di una
Questa guida si propone di fare chiarezza sui criteri utilizzati per determinare l’estensione e, quindi, la larghezza di una servitù di passaggio, analizzando cosa prevede il Codice Civile italiano e come si è orientata nel tempo la giurisprudenza, con l’obiettivo di comprendere come bilanciare le legittime esigenze del fondo dominante con il minor sacrificio possibile per il fondo servente.
Indice
La legge fissa una larghezza minima per le servitù di passaggio?
È importante sgombrare subito il campo da un possibile equivoco: la legge italiana
La fonte primaria e più importante per determinare l’estensione, la larghezza e le modalità di esercizio di una servitù di passaggio è il cosiddetto titolo costitutivo. Questo può essere:
- un contratto stipulato tra i proprietari dei due fondi;
- un testamento lasciato dal precedente proprietario;
- una sentenza del giudice (ad esempio, in caso di costituzione di una servitù coattiva di passaggio per un fondo intercluso);
- un atto di destinazione del padre di famiglia (art. 1062 c.c., che si verifica quando due fondi, originariamente appartenenti allo stesso proprietario che aveva creato uno stato di servizio di uno verso l’altro, vengono divisi).
Se il titolo costitutivo della servitù specifica chiaramente e in modo inequivocabile una determinata larghezza per il passaggio (ad esempio, “si concede un diritto di passaggio carrabile per una striscia di terreno della larghezza di 3 metri lineari lungo il confine est”), allora
Il Tribunale di Avellino, ad esempio, con la sentenza n. 660/2021, ha stabilito che una servitù di passaggio doveva esercitarsi su una larghezza di 3 metri proprio perché così era previsto dall’atto costitutivo.
Se nell’atto notarile con cui il signor Rossi ha venduto una porzione del suo terreno al signor Bianchi, è stato contemporaneamente costituito un diritto di servitù di passaggio a favore del terreno del signor Bianchi, e l’atto specifica “per una larghezza costante di 4 metri”, allora quella è la misura vincolante. Il signor Rossi non potrà restringere il passaggio a meno di 4 metri, e il signor Bianchi non potrà pretendere una larghezza maggiore.
E se l’atto non dice nulla sulla larghezza del passaggio?
Molto spesso, accade che il titolo costitutivo della servitù sia generico e non fornisca indicazioni precise sulla sua estensione o larghezza, limitandosi a riconoscere il diritto di passare. In questi casi, per determinare la larghezza adeguata, si deve fare riferimento ai principi generali stabiliti dal Codice Civile, in particolare agli articoli 1064 e 1065:
articolo 1064 c.c. (estensione del diritto di servitù): questa norma stabilisce che “Il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne”. Applicato al passaggio, significa che la larghezza deve essere tale da consentire un esercizio effettivo della servitù che sia conforme alla sua destinazione specifica (ad esempio, un semplice passaggio pedonale richiederà una larghezza inferiore rispetto a un passaggio destinato al transito di veicoli agricoli o autovetture);
articolo 1065 c.c. (esercizio conforme al titolo o al possesso): questa è una norma cardine per risolvere i dubbi sull’estensione. Essa prevede che “Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo o del suo possesso. Nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve essere esercitata in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio possibile del fondo servente“. Questo è il cosiddetto principio del civiliter uti (esercitare la servitù in modo civile, cioè arrecando il minor disturbo) e del “minimo mezzo”. La larghezza del passaggio, quindi, dovrà essere quella
strettamente necessaria per soddisfare le esigenze del fondo dominante, senza imporre un sacrificio sproporzionato o inutile al proprietario del fondo servente (come costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, ad esempio con le sentenze n. 992 del 15 gennaio 2025 e n. 19380 del 15 luglio 2024).Annuncio pubblicitario
Se una servitù di passaggio carrabile è stata costituita genericamente per accedere a un’abitazione singola, e il proprietario del fondo dominante necessita di passare con una normale autovettura, la larghezza del passaggio dovrà essere sufficiente per tale scopo (ad esempio, 2,5 – 3 metri). Non si potrà, in linea di principio, pretendere una larghezza di 5 o 6 metri adatta al passaggio di grossi camion o mezzi pesanti, se ciò non è strettamente indispensabile per il normale godimento del fondo dominante (l’abitazione) e se ciò comporterebbe un sacrificio eccessivo e ingiustificato per il fondo servente (ad esempio, la perdita di una porzione significativa di giardino).
Come hanno deciso i tribunali su casi di larghezza del passaggio (esempi dalla giurisprudenza)
La giurisprudenza italiana è ricca di decisioni che hanno affrontato il tema della determinazione della larghezza delle servitù di passaggio in assenza di precise indicazioni nel titolo. Queste sentenze applicano i principi degli articoli 1064 e 1065 c.c., valutando caso per caso le specifiche esigenze:
- il Tribunale di Vicenza (sentenza n. 1626 del 26 settembre 2024) ha ritenuto che una servitù potesse essere adeguatamente esercitata su una strada larga 3 metri, rigettando la richiesta del proprietario del fondo dominante di un ampliamento a 3,50 metri, evidentemente non ritenuto strettamente necessario;
- al contrario, lo stesso Tribunale di Vicenza (sentenza n. 307 del 5 febbraio 2024), in un altro caso, ha determinato l’estensione di una servitù di passaggio carraio in 3,25 metri, evidentemente considerando questa misura come il giusto equilibrio tra le esigenze del fondo dominante e il minor aggravio per il fondo servente in quella specifica situazione;
- il Tribunale di Venezia (sentenza n. 3913 del 5 novembre 2024) ha stabilito che una riduzione minima della larghezza effettiva del passaggio (da 3,60 a 3,54 metri, quindi solo 6 centimetri) non era tale da compromettere l’esercizio della servitù;
- le Corti d’Appello de L’Aquila (sentenza n. 431/2021) e di Napoli (sentenza n. 2668 del 14 giugno 2024) hanno chiarito che una riduzione della larghezza della strada servente è vietata solo se menoma effettivamente le possibilità di transito o ne riduce in modo significativo la comodità d’uso, e non per qualsiasi minima alterazione;
- il Tribunale di Torino (sez. 2, sentenza n. 1214/2018) ha esplicitamente applicato l’articolo 1065 c.c. per determinare l’estensione della servitù, sottolineando la necessità di contemperare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.
Esistono riferimenti pratici per stabilire una larghezza adeguata? (Considerazioni Pratiche)
In assenza di precise indicazioni nel titolo costitutivo, la larghezza minima della servitù deve essere tale da permettere un esercizio del diritto che sia
In alcuni casi, soprattutto per le servitù di passo carraio destinate al transito di veicoli, la giurisprudenza ha fatto riferimento, seppur in via analogica o come parametro di ragionevolezza e di comune esperienza, alle norme del Codice della Strada relative alla larghezza minima delle corsie o delle strade. Ad esempio, la Corte di Appello di Reggio Calabria (sentenza n. 468 del 28 giugno 2024) ha indicato che una carreggiata, per consentire il transito di veicoli, dovrebbe avere una larghezza di almeno 2,75 metri in rettilineo e di 3,20 metri in curva. Questi dati possono offrire un criterio orientativo per valutare l’adeguatezza di una larghezza, ma non sono automaticamente e rigidamente vincolanti per le servitù private, la cui estensione, come detto, dipende sempre dalle esigenze specifiche del fondo dominante nel caso concreto e dal bilanciamento con il fondo servente.
Se una servitù di passaggio è stata costituita per permettere l’accesso con un’automobile a un’abitazione e il passaggio esistente ha una larghezza di soli 2 metri, con curve strette che rendono impossibile o estremamente difficoltoso il transito di una normale autovettura, il proprietario del fondo dominante potrebbe avere validi argomenti per chiedere al giudice di determinare una larghezza maggiore (ad esempio, 2,75 o 3 metri), invocando la necessità di un esercizio funzionale della servitù, sempre nel rispetto del minor aggravio possibile per il fondo servente.
In sintesi, qual è la larghezza minima di una servitù di passaggio?
Per concludere, possiamo riassumere i criteri per determinare la larghezza minima di una servitù di passaggio come segue:
- la larghezza minima di una servitù di passaggio non è stabilita in modo fisso e generale dalla legge;
- la sua determinazione dipende in primo luogo da quanto eventualmente specificato nel titolo costitutivo della servitù (contratto, testamento, sentenza);
- in assenza di indicazioni precise nel titolo, la larghezza si determina in base ai principi degli articoli 1064 e 1065 del Codice Civile, ovvero deve essere tale da soddisfare le esigenze concrete e attuali del fondo dominante (in relazione alla natura e destinazione della servitù) e, al contempo, deve arrecare il minor aggravio possibile al fondo servente;
- è necessario tenere conto delle caratteristiche specifiche dei luoghi e delle necessità pratiche per cui la servitù è stata creata (ad esempio, se serve per il passaggio di persone a piedi, di biciclette, di autovetture, di mezzi agricoli o di camion);
- sulla base dell’esperienza giurisprudenziale e delle comuni esigenze, una larghezza di circa 2,5 – 3 metri è spesso considerata adeguata per garantire un passaggio veicolare agevole per le normali autovetture, ma questa è solo un’indicazione di massima e ogni situazione va valutata singolarmente.
In caso di disaccordo tra i proprietari del fondo dominante e del fondo servente, la determinazione esatta della larghezza e delle modalità di esercizio della servitù spetta in ultima analisi al giudice, il quale terrà conto di tutti gli elementi sopra menzionati, potendo anche avvalersi di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per accertare lo stato dei luoghi e le effettive necessità.