Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015
Art. 1336 codice civile: Offerta al pubblico

Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015
L’offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi (1) (2).
La revoca dell’offerta, se è fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia (3) (4).
Commento
Offerta al pubblico: proposta di contratto che si caratterizza per il fatto di essere rivolta ad una generalità di destinatari. Il requisito della pubblicità s’intende soddisfatto da ogni forma che renda l’offerta facilmente conoscibile al pubblico.
(1) Trattandosi di una proposta, l’offerta al pubblico deve presentarne tutti i requisiti, e cioè: a) deve essere completa (contenere gli elementi essenziali del contratto); b) deve essere manifestata con l’intenzione di impegnarsi. L’offerta al pubblico produce effetti nel momento in cui l’offerta sia resa conoscibile al pubblico (es.: pubblicità sui giornali, esposizione della merce col relativo prezzo, offerta di merce attraverso apparecchi a gettoni).
(2) L’art. 116, d.lgs. 1-9-1993, n. 385 (T.U. banca) dispone che le informazioni pubblicizzate nei locali delle banche aperti al pubblico non costituiscono offerta al pubblico ai sensi del presente articolo.
Cfr. anche artt. 30 ss., d.lgs. 24-2-1998, n. 58 (T.U. intermediazione finanziaria) per le offerte di prodotti finanziari.
(3) La stessa forma di pubblicità (o una forma equivalente) prevista per l’offerta è richiesta per la revoca di essa, la quale, ove è assolto quest’onere di pubblicità, è efficace anche nei confronti di chi non ne abbia avuto notizia.
(4) In conformità a quanto stabilito dal presente articolo, il titolare dell’attività commerciale al dettaglio procede alla vendita nel rispetto dell’ordine temporale della richiesta (art. 3, d.lgs. 31-3-1998, n. 114).
Giurisprudenza annotata
Telecomunicazioni
Come emerge dall'art. 2 comma 1, lettera ii) del Tusmar (d.lg. n. 177 del 2005) nonché dall'art. 1 comma 1, lett. e), del regolamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 538/01/CSP, la televendita rappresenta un tipo particolare di iniziativa pubblicitaria, avente i requisiti di una vera e propria proposta di contratto ad incertam personam, che spiega specifici effetti diretti, con un preciso rilievo giuridico sotto il profilo negoziale. Si tratta di una vera e propria offerta al pubblico come configurata e disciplinata dall'art. 1336 c.c. La telepromozione, invece, trattata, rispettivamente, nelle lettere mm.) e f) delle sopra citate disposizioni, è una forma di pubblicità consistente nell'esibizione di prodotti, presentazione verbale e visiva di beni e servizi, di un produttore di beni o di un fornitore di servizi, fatta dall'emittente nell'ambito di un programma, al fine di promuovere la fornitura, dietro compenso, dei beni e servizi stessi. La telepromozione, quindi, risulta priva di effetti negoziali.
T.A.R. Roma (Lazio) sez. I 03 luglio 2014 n. 7051
Lavoro subordinato
In tema di lavoro pubblico privatizzato, qualora il datore di lavoro, per la copertura di posti di una determinata qualifica, abbia indetto un concorso interno, pubblicando, a tal fine, un bando contenente tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli), con la previsione del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l'attribuzione della nuova posizione, è configurabile una offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro ad adempiere le obbligazioni assunte e consolida nel patrimonio dell'interessato l'acquisizione di una situazione giuridica soggettiva, vale a dire la modifica del precedente rapporto di lavoro, dalla quale il datore non può sciogliersi che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge e non per mutamento in peggio da parte di un sopravvenuto contratto collettivo. Rigetta, App. Milano, 29/03/2008
Cassazione civile sez. lav. 24 giugno 2014 n. 14275
Deposito
L'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera f), del d.lg. 30 aprile 1992, n. 285, non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (art. 1326, comma 1, e 1327 c.c.), perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), che l'utente può non accettare non essendo privo di alternative, sì che l'univoca qualificazione contrattuale del servizio - e della prestazione che lo caratterizza: parcheggio senza custodia - reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta, che peraltro, per disposizione normativa innanzi citata, deve esser predisposta in zona esclusa dalla viabilità ed in relazione alla quale infatti la scheda metallica, che consente di immettervi il veicolo, è predisposta per misurare il tempo dell'utilizzazione dello spazio, non l'identificazione di colui che ritira l'auto.
Cassazione civile sez. III 19 novembre 2013 n. 25894
L'istituzione da parte dei comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7 comma 1 lett. f) d.lg. 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada), non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (art. 1326 comma 1 e 1327 c.c.), perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341 comma 2 c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso, potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta che peraltro, per disposizione normativa innanzi citata, deve esser predisposta in zona esclusa dalla viabilità sì che la scheda metallica, che consente di immettervi il veicolo, in tal caso è predisposta per misurare il tempo dell'utilizzazione dello spazio, e non il controllo di colui che ritira l'auto, cosi potendone assicurare la custodia. (Nella fattispecie la S.C. ha cassato la sentenza con rinvio alla corte di appello per l'accertamento della sussistenza o meno dell'avviso di "parcheggio non custodito", rilevante al fine di stabilire l'eventuale responsabilità del gestore del parcheggio per furto di veicolo).
Cassazione civile sez. III 24 settembre 2013 n. 21831
L'istituzione da parte dei comuni, previa deliberazione della giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. f), del vigente cod. strada, non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso “parcheggio incustodito” è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso e uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Deriva da quanto precede, pertanto, che il gestore concessionario del comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta.
Cassazione civile sez. III 16 maggio 2013 n. 11931
L'istituzione da parte dei comuni di aree di sosta a pagamento, ai sensi dell'art. 7 comma 1 lett. f) c.strad., non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore dell'area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati, se l'avviso "parcheggio incustodito" sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (art. 1326 comma 1 e 1327 c.c.). Ne consegue che il gestore, concessionario del comune di un parcheggio senza custodia, non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta. Cassa e decide nel merito, App. Milano, 25/01/2007
Cassazione civile sez. III 16 maggio 2013 n. 11931
Concorsi
Con riferimento alla natura e l'efficacia del bando per la selezione ai fini dell'avanzamento interno di carriera, va ribadito che ove il datore di lavoro abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli ecc.), prevedendo, altresì, il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l'attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un siffatto comportamento gli estremi della offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro non solo al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l'obbligazione secondo correttezza e buona fede; conseguentemente il superamento del concorso, indipendentemente dalla successiva nomina, consolida nel patrimonio dell'interessato l'acquisizione di una situazione giuridica individuale, non disconoscibile alla stregua della natura del bando, né espropriabile per effetto di diversa successiva disposizione generale, in virtù del disposto dell'art. 2077 c.c., comma 2.
Cassazione civile sez. lav. 28 gennaio 2013 n. 1818
In tema di impiego pubblico privatizzato, il diritto del candidato vincitore ad assumere l'inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla p.a. per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell'adozione del provvedimento di nomina, dell'assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso.
Cassazione civile sez. un. 02 ottobre 2012 n. 16728