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Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015

Art. 1369 codice civile: Espressioni con più sensi

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Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015



Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (1).

Commento

Contratto: [v. Libro IV, Titolo II].

 

(1) Le espressioni con più sensi devono interpretarsi adeguandole alla funzione economico-sociale di quel tipo di contratto (interpretazione funzionale).

 

Giurisprudenza annotata

Obbligazioni e contratti.

In tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo criterio da seguire è rappresentato dal senso letterale della dichiarazione negoziale (articolo 1363 del codice civile) da intendersi in ogni sua parte e in ogni parola che la compone e non già da una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto da più clausole. Il giudice deve poi fare applicazione dei criteri dell'interpretazione funzionale (art. 1369 c.c.) e dell'interpretazione secondo buona fede o correttezza (art. 1366 c.c.) al fine di accertare il significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta, dovendo essere escluse interpretazioni cavillose delle espressioni letterali che con queste si pongano in contrasto e che rendano irrealizzabile il programma contrattuale effettivamente voluto dalle parti. (Nella fattispecie, in applicazione di questo principio, la Suprema corte ha cassato la sentenza della Corte d'appello, la quale aveva ritenuto che la dichiarazione di garanzia ex art. 1489 c.c., effettuata in un preliminare di compravendita dai promittenti venditori in merito alla libertà di un fondo da ogni vincolo di sorta, era riferibile al solo dato "privatistico " e non poteva ritenersi estesa anche al dato "normativo" o "pubblicistico", ovvero a un vincolo di inedificabilità apposto da un'autorità amministrativa soltanto alcuni giorni prima della stipulazione del preliminare di vendita, benché nel contratto vi fosse un'altra clausola, del tutto pretermessa dai giudici di merito, con la quale gli stessi venditori autorizzavano il promissario acquirente a presentare "a loro nome richiesta di concessione edilizia anche prima del rogito notarile").

Cassazione civile sez. III  22 ottobre 2014 n. 22343  

 

Le regole legali di ermeneutica contrattuale sono governate da un principio di gerarchia, in forza del quale i criteri degli artt. 1362 e 1363 c.c. prevalgono su quelli integrativi degli artt. 1365 - 1371 c.c., posto che la determinazione oggettiva del significato da attribuire alla dichiarazione non ha ragion d'essere quando la ricerca soggettiva conduca ad un utile risultato ovvero escluda da sola che le parti abbiano posto in essere un determinato rapporto giuridico; ne consegue che l'adozione dei predetti criteri integrativi non può portare alla dilatazione del contenuto negoziale mediante l'individuazione di diritti ed obblighi diversi da quelli contemplati nel contratto o mediante l'eterointegrazione dell'assetto negoziale previsto dai contraenti, neppure se tale adeguamento si presenti, in astratto, idoneo a ben contemperare il loro interessi (nella specie, relativa all'interpretazione di un contratto di compravendita di immobili, nel quale l'acquirente si era obbligata a impiantare a cura e spese proprie e senza oneri ed obblighi a carico della parte venditrice, un ascensore fino a raggiungere il piano ove erano ubicate le unità abitative compravendute, a condizione che tale realizzazione fosse compatibile alla tecnica e pratica eseguibilità dell'opera, la Corte ha confermato la decisione dei giudici del merito, i quali avevano evidenziato che l'acquirente non avrebbe potuto realizzare l'ascensore senza acquisire superfici di proprietà di terzi e non avendo essa alcun obbligo di acquisirle , siccome non esplicitato nel contratto né desumibile diversamente, l'esecuzione dell'ascensore si sarebbe dovuta qualificare come incompatibile con la tecnica e pratica eseguibilità dell'opera nella situazione data, donde, di conseguenza, la predetta acquirente si sarebbe dovuta ritenere esonerata dall'obbligo di realizzare l'ascensore, per una impossibilità oggettiva di adempimento della prestazione concordata).

Cassazione civile sez. II  08 novembre 2013 n. 25243  

 

 

Società

La disciplina delle modalità di esercizio del diritto al dividendo, dettata dall'articolo 4 della legge 1745/1962, e tuttora applicabile quando si tratta di società non ammesse alla gestione accentrata e quando i titoli siano stati concretamente emessi, non consente a chi ha trasferito le azioni di riscuotere il dividendo maturato e diventato esigibile prima del trasferimento; la riscossione del dividendo, infatti, richiede necessariamente, anche nel caso in cui dal libro soci risulti la qualità di socio al momento della esigibilità del dividendo, il possesso del titolo sulla base di una serie continua di girate o sulla base di un transfert. Il dividendo, pertanto, può essere riscosso soltanto dall'acquirente dei titoli e la società resta estranea agli eventuali accordi tra lo stesso acquirente e il venditore in ordine all'attribuzione del dividendo.

Cassazione civile sez. I  10 aprile 2013 n. 8693

 

 

Compromesso ed arbitrato

Dopo le modifiche apportate all'arbitrato rituale con la l. n. 25 del 1994 - tanto l'arbitrato rituale quanto quello irrituale hanno natura privata, per cui la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del Giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile d'essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con l'osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre con l'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole, o con un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali s'impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. A tali fini occorre quindi ricostruire l'effettiva volontà delle parti - desumibile dall'interpretazione della clausola compromissoria secondo i principi stabiliti dagli art. 1362 e ss. c.c. - e valutarne il comportamento complessivo, anche successivo alla conclusione del contratto, tenendo conto che le eventuali espressioni ambigue debbono essere interpretate, nel dubbio, "nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto" (art. 1369 c.c.). Con la definitiva avvertenza che - in conseguenza dell'ulteriore modifica del contesto normativo, attuata col d.lg. 40 del 2006, che ha introdotto l'art. 808 ter c.p.c.- ogni residuo dubbio va risolto privilegiando la natura rituale dell'arbitrato, posto che quello irrituale costituisce un istituto atipico, derogatorio dell'istituto tipico regolato dalla legge e sfornito delle garanzie all'uopo previste dal legislatore.

Corte appello L'Aquila  15 dicembre 2010 n. 767



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