Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015
Art. 156 codice civile: Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi

Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015
Il giudice, pronunziando la separazione (1), stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento (2), qualora egli non abbia adeguati redditi propri (3).
L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato (3).
Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti (4).
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall’articolo 155 (5).
La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818 (5).
In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto (6)(7).
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti (8)(9).
Commento
Garanzia reale: [v. 1179]; Garanzia personale: [v. 1179]; Adempimento: [v. Libro IV, Titolo I, Capo II]; Ipoteca giudiziale: [v. 2808].
Addebito della separazione: la separazione può essere addebitata dal giudice al coniuge che abbia violato i doveri derivanti dal matrimonio nel caso in cui la sua condotta abbia contribuito a rendere intollerabile la convivenza o abbia recato grave pregiudizio all’educazione della prole. L’(—) comporta la perdita del diritto al mantenimento, nonché la perdita dei diritti successori.
(1) Art. così sostituito ex l. 19-5-1975, n. 151 (art. 37) (Riforma del diritto di famiglia).
(2) L’assegno deve essere di entità tale da consentire al coniuge che lo riceve lo stesso tenore di vita goduto durante la convivenza; l’importo viene stabilito in base alle condizioni economiche delle parti, la durata del matrimonio, il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge e ogni reddito disponibile, comprese le elargizioni dei familiari del coniuge in corso di matrimonio. L'assegno non è dovuto nel caso in cui l’altro coniuge disponga di «redditi adeguati» a garantirgli la conservazione del tenore di vita precedente.
(3) Per ulteriori disposizioni e commento, cfr. artt. 5 e 6, l. 1-12-1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), riportata in Appendice III.
(4) Si ricordi che il diritto agli alimenti [v. Libro I, Titolo XIII] comprende soltanto le necessità fondamentali della persona e, pertanto, ha un’estensione minore rispetto al diritto di mantenimento (comprendente non solo il necessario al sostentamento materiale del soggetto ma anche alla sua vita di relazione).
(5) Cfr. art. 8, c. 1, l. 898/1970 cit.
(6) È una disposizione analoga a quella dettata dall’art. 316bis per il concorso dei coniugi agli oneri familiari e dall’art. 8, c. 3, della l. 898/1970 in materia di assegno di divorzio.
(7) Comma dichiarato costituzionalmente illegittimo con sent. Corte cost. 31-5-1983, n. 144 «nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino a favore dei figli dei coniugi consensualmente separati» e con sent. Corte cost. 19-1-1987, n. 5 «nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino ai coniugi separati consensualmente». La Corte cost. con sent. 6-7-1994, n. 278 ha dichiarato ancora l’illegittimità costituzionale di questo comma «nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare nel corso della causa di separazione il provvedimento di ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare una parte delle somme direttamente agli aventi diritto».
Infine, la Corte cost. con sent. 19-7-1996, n. 258 ha dichiarato ancora l’illegittimità costituzionale di tale comma nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare, nel corso della causa di separazione, il provvedimento di sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato al mantenimento.
(8) La modifica o la revoca delle disposizioni patrimoniali devono essere disposte quando si verifica un peggioramento delle condizioni patrimoniali del coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno.
Se, invece, si verifica un miglioramento della situazione patrimoniale del coniuge obbligato, esso non determina necessariamente un aumento dell’entità dell’assegno dovuto, se la sua entità è già sufficiente a garantire all’altro coniuge la conservazione del tenore di vita antecedente alla separazione.
(9) Cfr. art. 4, c. 14, l. 898/1970: la sentenza è provvisoriamente esecutiva nella parte che contiene i provvedimenti di natura economica.
La separazione incide sui rapporti patrimoniali fra i coniugi e su quelli di natura personale, come l'obbligo di coabitazione, che viene meno. Altrettando dicasi per l'obbligo di fedeltà, salvo il divieto di quei rapporti che, per le modalità con cui si realizzano, costituiscono ingiuria grave nei confronti dell’altro coniuge. L’obbligo di collaborazione e di assistenza morale è ritenuto incompatibile con lo stato di separazione.
Giurisprudenza annotata
Separazione tra coniugi
A norma dell'art. 156 cod. civ., il diritto al mantenimento a seguito di separazione personale sorge, in favore del coniuge al quale questa non sia addebitabile, ove egli non fruisca di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio. Nel valutare tale presupposto, tuttavia, il giudice dovrà tenere conto di ogni tipo di reddito disponibile da parte del richiedente, ivi compresi quelli derivanti da elargizioni da parte di familiari che erano in corso durante il matrimonio e che si protraggano in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità tali da influire in maniera stabile e certa sul tenore di vita dell'interessato. Rigetta, App. Firenze, 29/10/2012
Cassazione civile sez. VI 10 giugno 2014 n. 13026
Ai fini dell'attribuzione dell'assegno di mantenimento, non occorre che il giudice determini l'esatto importo dei redditi posseduti attraverso l'acquisizione di dati numerici, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, nel rapporto fra le quali risulti consentita l'erogazione a quello più debole di una somma corrispondente alle sue esigenze.
Cassazione civile sez. I 23 maggio 2014 n. 11517
In tema di separazione, l'accertamento del diritto e dell'entità all'assegno di mantenimento va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. Ricostruita, dunque, in concreto la situazione patrimoniale di entrambi i coniugi, il giudice è chiamato ad accertare il tenore di vita dei medesimi durante il matrimonio, a tal fine dovendo reputare rilevante il complessivo andamento della vita familiare, anche con riguardo a viaggi, collaboratori familiari, acquisto di vestiario costoso, ed altro; quindi, al fine di quantificare l'assegno di mantenimento, occorre verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente gli permettano di conservare quel tenore di vita indipendentemente dalla percezione di detto assegno. L'insussistenza di 'mezzi adeguati' in capo al coniuge richiedente rileva dunque non in senso assoluto, ma relativo alla posizione dell'altro, con riguardo al detto tenore di vita.
Cassazione civile sez. I 23 maggio 2014 n. 11517
Qualora, in forza del provvedimento di omologa della separazione personale, sia stata iscritta ipoteca giudiziale sugli immobili di proprietà di uno dei coniugi a garanzia degli obblighi di mantenimento su di lui gravanti, ai fini dell'accoglimento della domanda di cancellazione dell'ipoteca, quest'ultimo è tenuto a provare di aver sempre regolarmente adempiuto i predetti obblighi, circostanza da cui può ragionevolmente desumersi l'insussistenza del pericolo di inadempimento (nella specie, è stata ritenuta insufficiente la dimostrazione dell'adempimento delle obbligazioni, previste nelle condizioni della separazione, aventi ad oggetto l'acquisto dell'abitazione familiare e degli arredi necessari per il godimento della stessa, non avendo l'attore allegato alcun documento idoneo a dimostrare la regolarità dei versamenti degli assegni di mantenimento).
Tribunale Roma 17 marzo 2014
Prescrizione e decadenza in materia civile
In tema di separazione dei coniugi e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, in quanto avente ad oggetto più prestazioni autonome, distinte e periodiche, si prescrive non a decorrere da un unico termine, cioè la data della pronuncia della sentenza di separazione, bensì dalle singole scadenze di pagamento.
Cassazione civile sez. I 04 aprile 2014 n. 7981
La sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all'art. 2941 n. 1, c.c. non trova applicazione al credito dovuto per l'assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all'art. 232 c.c. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione. Rigetta, App. Torino, 15/07/2008
Cassazione civile sez. I 04 aprile 2014 n. 7981