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Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015

Art. 372 codice penale: Falsa testimonianza

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Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015



Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale (1) [c.p.c. 244- 257; c.p.p. 194-207, 468, 497 ss.], afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni (2) (3) (4).

Commento

Autorità giudiziaria: [v. 12]; Reclusione: [v. 23].

Testimone: è un terzo, cioè una persona diversa dalle parti in causa, chiamato a riferire su fatti di cui è a conoscenza e che riguardano l’oggetto del processo.

 

(1) Le parole «o alla Corte penale internazionale» sono state inserite ex art. 10, c. 5, l. 20-12-2012, n. 237. È, dunque, possibile annoverare la modifica che si annota fra i correttivi di adeguamento del nostro sistema penale codici stico ai precetti dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale. Se si ha riguardo del fatto che la norma in questione mira a tutelare (come sopra detto) la veridicità e completezza della testimonianza al fine di garantire il corretto funzionamento dell’attività giudiziaria, appare quanto mai opportuna l’estensione operata dall’inciso annotato ai fatti commessi innanzi alla Corte penale internazionale. Per un cenno al fondamento del correttivo che in questa sede si annota, nonché ai profili disciplinari generali di tale organo giudiziario internazionale, si rinvia a quanto detto in commento all’art. 343bis.

(2) Pena così modificata dal d.l. 306/1992 conv. in l. 356/1992. La pena originaria andava da sei mesi a tre anni.

(3) Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza la falsità delle dichiarazioni va accertata non in relazione alla verità oggettiva, ma in relazione alle conoscenze personali del testimone.

In altri termini il reato sussiste anche quando i fatti dichiarati siano rispondenti al vero ma il testimone non li abbia appresi direttamente.

Inoltre, per la sussistenza del reato di falsa testimonianza è necessario che il testimone renda mendace dichiarazione su fatti pertinenti alla causa, capaci di influire sulla decisione. Ne consegue che il delitto di cui si tratta non sussiste quando i fatti posti ad oggetto della dichiarazione falsa o reticente, essendo del tutto estranei all’oggetto del procedimento in corso, risultano «a priori» irrilevanti ai fini della decisione, così che la deposizione non sia idonea ad alterare il convincimento del giudice e, dunque, ad incidere sul corretto funzionamento dell’attività giudiziaria (in tal senso Cass. 8-2-2005, n. 4421).

La medesima Corte ha, altresì, precisato che, per la configurabilità del delitto, la valutazione sulla pertinenza (da intendersi come riferibilità o afferenza dell’oggetto della testimonianza ai fatti che il processo è destinato ad accertare) e sulla rilevanza (che riguarda l’efficacia probatoria dei fatti dichiarati) della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato, ossia «ex ante» e non «ex post» (Cass. 29-1-2013, n. 4299).

(4) Per l’estensione della punibilità della fattispecie in esame ai fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all’estero, cfr. art. 384bis, inserito dall’art. 17, l. 5-10-2001, n. 367 (nota come legge sulle rogatorie internazionali).

Giurisprudenza annotata

Falsa testimonianza

Non può essere applicata l'esimente di cui all'art. 384, secondo comma, c.p. all'imputato del delitto di falsa testimonianza per dichiarazioni rese nell'ambito di un giudizio civile, in quanto in relazione a questo l'art. 249 c.p.c. si riferisce solo alla facoltà di astensione per il segreto professionale, per il segreto d'ufficio e per il segreto di stato, e non richiama anche l'art. 199 c.p.p., che attiene alla facoltà di astenersi dal deporre dei prossimi congiunti dell'imputato. (Dichiara inammissibile, App. L'Aquila, 09/05/2013 )

Cassazione penale sez. VI  11 novembre 2014 n. 49542

 

La punibilità della falsa testimonianza commessa in una causa civile non può essere esclusa, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p., in presenza di un interesse di mero fatto, non sorretto da una posizione di diritto sostanziale giuridicamente tutelabile, ma solo ove ricorra l'interesse che rende una persona incapace a deporre a norma dell'art. 246 c.p.c., ossia l'interesse giuridico personale, concreto e attuale a proporre una domanda e a contraddire, sia sotto l'aspetto di una legittimazione primaria, sia sotto quello di una legittimazione secondaria, mediante intervento adesivo indipendente. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso, con riferimento ad una deposizione avente ad oggetto l'autenticità di firme apposte ad una scrittura privata, che un interesse rilevante ex art. 246 c.p.c., possa identificarsi nella legittimazione a partecipare all'eventuale giudizio conseguente alla proposizione della querela di falso, avendo quest'ultimo un contenuto oggettivo, finalizzato ad eliminare ogni incertezza, con efficacia "erga omnes", sulla veridicità di un atto e quindi sulla sua idoneità a fare pubblica fede). (Dichiara inammissibile, App. L'Aquila, 09/05/2013 )

Cassazione penale sez. VI  11 novembre 2014 n. 49542  

 

Per l'integrazione del delitto di falsa testimonianza è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà, comunque determinatasi nel teste, di rendere dichiarazioni in difformità da quanto da lui conosciuto e ricordato al momento della deposizione. (Annulla senza rinvio, App. Trento, s.d. Bolzano, 09/05/2013 )

Cassazione penale sez. VI  25 giugno 2014 n. 37482  

 

In tema di falsa testimonianza, ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 384, comma 1, c.p., rileva non solo il pericolo di un nocumento alla libertà o all'onore dell'autore del reato o di un suo prossimo congiunto, ma altresì quello di un nocumento all'incolumità fisica, essendo necessario che il pericolo non sia genericamente temuto ma sia collegato a circostanze obiettive, attuali e concrete, che ne delimitino con precisione contenuto ed effetti, in quanto l'esimente implica un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni che va rilevato sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile conseguenzialità e non di semplice supposizione.

Cassazione penale sez. VI  18 febbraio 2014 n. 9727  

 

In relazione al delitto di falsa testimonianza commesso dall'acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente per uso personale che, sentito come testimone in dibattimento sulle sommarie informazioni rese nel corso delle indagini preliminari, neghi di aver sottoscritto il relativo verbale, non è applicabile l'esimente di cui all'art. 384 cod. pen., in quanto la garanzia della non punibilità copre unicamente il contenuto dichiarativo idoneo a determinare un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore e non può estendersi al contenuto delle altre dichiarazioni riferite a dati di fatto obiettivi quali l'intervenuta sottoscrizione del verbale di sommarie informazioni. (In motivazione la Corte ha precisato che si connota di falsità la dichiarazione del testimone che neghi di aver sottoscritto il verbale di sommarie informazioni testimoniali, senza dedurne la contraffazione o la falsità ideologica, sicchè tale verbale, a seguito di contestazioni, è utilizzabile per la prova dell'obiettivo fatto storico). Rigetta, App. Milano, 05/07/2012

Cassazione penale sez. VI  12 dicembre 2013 n. 90  

 

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza, la nozione di pertinenza della dichiarazione, indica che i fatti o le circostanze che ne costituiscono l'oggetto devono essere, direttamente o indirettamente, attinenti all'accertamento giurisdizionale svolto nel processo in cui viene raccolta la deposizione, mentre la nozione di rilevanza, da ritenere diversa ma complementare alla prima, ha carattere funzionale e attiene all'efficacia probatoria di quegli stessi fatti o circostanze, ossia alla loro capacità di falsa rappresentazione in grado di influire sulla decisione del processo, deviandone il corso dall'obiettivo dell'autentica e genuina verità processuale. (D'altra parte, se per costante insegnamento della giurisprudenza la valutazione sulla pertinenza e rilevanza della deposizione deve essere effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato - ossia ex ante e non ex post - nel caso di specie, vertendo la deposizione dell'imputato su una prova d'alibi, la sua pertinenza è incontrovertibile e non minore e men che decisiva la sua rilevanza, potendo conseguentemente le sue dichiarazioni influenzare la decisione del processo in modo da alterare l'accertamento della verità).

Corte appello Cagliari  10 luglio 2013 n. 926

 

In caso di contestazione di reato plurisoggettivo, quale quello di associazione per delinquere, la causa esimente prevista dall'art. 384, comma 2, c.p. deve essere riconosciuta anche all'ipotesi in cui la posizione processuale del prossimo congiunto del testimone, appartenente all'organizzazione delinquenziale, si riveli intimamente connessa a quella degli altri correi. Dunque, anche se le dichiarazioni del testimone non investono la posizione processuale del proprio prossimo congiunto ma quella degli altri imputati nello stesso processo, in ipotesi su richiamate, si applica la causa esimente speciale.

Cassazione penale sez. VI  19 ottobre 2012 n. 12600  



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