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Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015

Art. 438 codice penale: Epidemia

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Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015



Chiunque cagiona (1) unepidemia(2) mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo [448, 452].

Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte] (3) (4).

Commento

Ergastolo: [v. 22].

Epidemia: è la diffusione di una malattia infettiva o contagiosa ad un gran numero di persone, nello stesso tempo, in

un territorio più o meno vasto (es.: colera, tifo etc.).

Germi patogeni: sono i microrganismi (batteri, virus etc.) in grado di produrre malattie infettive.

(1) Sotto il profilo soggettivo, è necessario che l’autore dell’illecito abbia agito con la coscienza e volontà dell’azione e dell’evento e, quindi, con la consapevolezza della natura patogena dei germi.

(2) La norma si applica solo alle malattie che colpiscono gli uomini, non anche a quelle che colpiscono esclusivamente gli animali o le piante, per le quali è prevista un’apposita figura criminosa dall’art. 500.

(3) L’ipotesi aggravata prevista dal comma 2 è da considerarsi soppressa in conseguenza della abolizione della pena di morte e la conseguente applicazione dell’ergastolo in luogo di questa V. anche nota (2) sub art. 17.

(4) Il c. 2 della norma in commento contempla una circostanza aggravante. L’abrogazione della pena di morte ha eliminato, però, la necessità di distinguere fra ipotesi semplice e aggravata.

 

Giurisprudenza annotata

Epidemia

Elementi costitutivi, in senso materiale, della fattispecie preveduta e punita dall'art. 438 c.p. sono: la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero indeterminato e notevole di persone, l'ampia estensione territoriale della diffusione del male. Il reato deve, perciò, escludersi se, come nel caso di specie, l'insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell'ambito di un ristretto numero di persone che hanno ingerito un pasto infettato dal germe della salmonella.

Ufficio Indagini preliminari Savona  06 febbraio 2008

 

Ai fini della configurabilità del reato di epidemia, non è sufficiente un evento c.d. "superindividuale", generico e completamente astratto, ossia avulso dalla verifica di casi concreti causalmente ricollegabili alla condotta del soggetto agente, ciò che porterebbe a confondere il concetto di evento con quello di pericolo. Viceversa, il pericolo per la pubblica incolumità che la condotta di epidemia deve determinare e che è dato dalla potenzialità espansiva della malattia contagiosa, è sì un pericolo per un bene "superindividuale", ma è un pericolo susseguente, il cui accertamento presuppone, perché la fattispecie possa dirsi integrata, la preventiva verifica circa la causazione di un evento dannoso per un certo numero di persone, per giunta ricollegabile, sotto il profilo causale, alla condotta tenuta dal soggetto agente.

Tribunale Trento  16 luglio 2004

 

Affinché la fattispecie preveduta e punita dall'art. 438 c.p. possa ritenersi integrata, occorre che la condotta del reato di epidemia, consistente nella diffusione di germi patogeni, cagioni un evento definito come la manifestazione collettiva di una malattia infettiva umana che si diffonde rapidamente in uno stesso contesto di tempo in un dato territorio, colpendo un rilevante numero di persone. L'evento che ne deriva è quindi, al contempo, un evento di danno e di pericolo, costituendo il fatto come fatto di ulteriori possibili danni, cioè il concreto pericolo che il bene giuridico protetto dalla norma, rappresentato dall'incolumità e dalla salute pubblica, possa essere distrutto o diminuito.

Tribunale Trento  16 luglio 2004

 

Il delitto di epidemia ha natura di reato di evento a forma vincolata, in cui la condotta deve consistere in un particolare comportamento rappresentato dalla diffusione di germi patogeni; la materialità del delitto è altresì costituita da un evento di danno rappresentato dalla concreta manifestazione, in un certo numero di persone, di una malattia eziologicamente collegabile a quei germi patogeni e da un evento di pericolo rappresentato dalla possibilità di ulteriore propagazione della stessa malattia a causa della capacità di quei germi patogeni di trasmettersi ad altri individui anche senza un intervento dell'autore dell'originaria diffusione.

Ufficio Indagini preliminari Trento  12 luglio 2002

 

Il delitto di somministrazione di farmaci scaduti (sia nella forma dolosa che in quella colposa) rientra nella categoria dei reati di comune pericolo (art. 438 ss. c.p.) nell'ambito dei quali il bene giuridico tutelato è l'incolumità e la salute pubblica: più in particolare esso deve qualificarsi come reato di condotta e non di evento poiché la soglia della punibilità viene anticipata e non si richiede che dalla condotta incriminata derivi una conseguenza sfavorevole per uno o più individui. Nella dizione "somministrazione" rientra non soltanto l'atto materiale di consegna del singolo farmaco scaduto all'assuntore, ma anche quella condotta univocamente preparatoria e necessaria a tale atto, quale la custodia del farmaco scaduto nell'armadietto ove sono custoditi tutti i medicinali ovvero sul carrello per la distribuzione ai degenti di una casa di riposo. Diversamente opinando, la norma incriminatrice, verrebbe sottoposta ad una "interpretatio abrogans" essendo materialmente impossibile fornire la prova rigorosa del singolo atto di somministrazione del farmaco scaduto all'assuntore dello stesso. Al direttore sanitario (nella specie, di una casa di riposo) è affidato il compito di controllare e di vigilare sulle disposizioni da lui stesso impartite in forza della posizione apicale rivestita. La responsabilità colposa, sotto il profilo della cooperazione ex art. 113 c.p., va dunque ravvisata nell'omissione di vigilanza e di controllo sull'attività dei sottoposti.

Corte appello Milano  12 ottobre 1999

 

Non incorre nel reato di epidemia colposa chiunque, in qualsiasi modo, provochi un'epidemia, come ad es. chi, sapendosi affetto da male contagioso si mescoli alla folla pur prevedendo che infetterà altre persone. Infatti, la norma - che per ragioni logiche, anche in vista del criterio storico, dev'essere interpretata restrittivamente - non punisce chiunque cagioni un'epidemia, ma chi la cagioni mediante la diffusione di germi patogeni di cui abbia il possesso, anche "in vivo" (animali di laboratorio), mentre deve escluderi che una persona, affetta da malattia contagiosa abbia il possesso dei germi che l'affliggono.

Tribunale Bolzano  13 marzo 1979



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