Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015
Art. 515 codice penale: Frode nell’esercizio del commercio

Codice penale Aggiornato il 13 Febbraio 2015
Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a centotre euro.
Giurisprudenza annotata
Frode nell'esercizio del commercio
In tema di frode nell'esercizio del commercio, il bene giuridico tutelato va individuato nel leale esercizio di tale attività e la condotta tipica punita consiste nella consegna di una cosa diversa per origine, provenienza, qualità o quantità da quella oggetto del contratto, indipendentemente dal fatto che l'agente abbia usato particolari accorgimenti per ingannare il compratore o dalla circostanza che quest'ultimo potesse facilmente, applicando normale attenzione e diligenza, rendersi conto della difformità tra merce richiesta e consegnata. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto idonea ad ingannare il consumatore, in ordine alla qualità del gas acquistato, la consegna di bombole con il marchio "Agipgas", ancorché non impresso dall'imputato). (Rigetta, App. Catania, 16/12/2011 )
Cassazione penale sez. II 04 novembre 2014 n. 48026
Integra il reato di cui all'art. 515 c.p. la commercializzazione di bottiglie d'olio extravergine di oliva con etichetta recante una mendace indicazione in ordine all'azienda che ne ha curato la produzione e l'imbottigliamento, essendo tale dicitura idonea ad ingannare il consumatore sul reale ciclo produttivo della merce e, di conseguenza, sulla sua provenienza e qualità. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità del reato, è irrilevante la non obbligatorietà di fornire le indicazioni riportate). (Dichiara inammissibile, App. Milano, 06/03/2014 )
Cassazione penale sez. III 25 settembre 2014 n. 44072
In tema di frode nell'esercizio del commercio, mentre la fattispecie consumata è integrata dalla consegna materiale della merce all'acquirente, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita, essendo sufficiente l'accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite. (Fattispecie in cui è stato ritenuto configurabile il tentativo di frode in commercio in relazione alla detenzione di occhiali da sole recanti una marcatura decettiva rinvenuti nel bagagliaio del veicolo di un venditore ambulante). (Rigetta, App. Lecce, 08/05/2013 )
Cassazione penale sez. III 18 settembre 2014 n. 45916
Integra il reato di cui all'art. 515 c.p. la condotta dell'imputato che commercializza funghi porcini di qualità e origine diverse da quelle attestate, in quanto provenienti da paesi extracomunitari, mentre le confezioni recano il disegno della bandiera italiana e la dicitura "prodotto italiano'.
Cassazione penale sez. III 10 luglio 2014 n. 42874
In tema di frode in commercio, la mancanza o la differenza dei segni distintivi, che assume rilevanza determinante nell'esercizio della attività commerciale, dà luogo a quella diversità che integra il reato di cui all'art. 515 cod. pen., indipendentemente dalle intrinseche caratteristiche del prodotto e dalle sue qualità. (Rigetta, App. Genova, 20/03/2013 )
Cassazione penale sez. III 25 giugno 2014 n. 1980
In tema di frode in commercio, la mancanza o la differenza dei segni distintivi, che assume rilevanza determinante nell'esercizio della attività commerciale, dà luogo a quella diversità che integra il reato di cui all'art. 515 cod. pen., indipendentemente dalle intrinseche caratteristiche del prodotto e dalle sue qualità. (Rigetta, App. Genova, 20/03/2013 )
Cassazione penale sez. III 25 giugno 2014 n. 1980
Integra il tentativo di frode in commercio, in quanto condotta idonea e diretta in modo non equivoco alla alienazione della merce ai potenziali acquirenti, anche la semplice offerta in vendita o la cessione a titolo gratuito di un prodotto privo di valido marchio Ce a fronte dell'acquisto di articoli di altro settore merceologico, trattandosi comunque di un bene con caratteristiche non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza e qualità previsti per la circolazione dei beni nel mercato europeo. (Fattispecie relativa a "minimoto" di provenienza cinese dotate di certificato di conformità Ce non regolamentare, offerte in omaggio con l'acquisto di un veicolo). (Rigetta, App. Genova, 20/03/2013 )
Cassazione penale sez. III 25 giugno 2014 n. 1980
Integra il reato di cui all'art. 515 c.p. la consegna all'acquirente di una cosa per origine diversa da quella dichiarata o pattuita. La diversità "per origine" riguarda il luogo geografico di produzione che diviene senz'altro decisivo nell'accordo di vendita nel caso in cui il consumatore possa attribuire ad esso ragioni di particolare apprezzamento per le qualità o la bontà del prodotto (nella specie, si trattava di confezioni di pistacchi sgusciati che sull'etichetta, in caratteri grandi, riportavano la dicitura "sfiziosità siciliane - pistacchi sgusciati", mentre in basso e con caratteri scarsamente leggibili a occhio nudo "ingredienti: pistacchi sgusc. Medit."; tale etichetta era idonea a generare la ragionevole convinzione che il pistacchio così commercializzato fosse di provenienza siciliana, mentre la dizione "mediterraneo" era inidonea ad identificare lo specifico paese di provenienza).
Cassazione penale sez. III 20 febbraio 2013 n. 19093
Integra il reato di frode nell'esercizio del commercio (art. 515 cod. pen.) - e non quello di cui all'art. 474 cod. pen. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) - l'apposizione di una falsa marcatura 'CÈ su beni posti in commercio che ne siano privi, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 515 cod. pen. fa riferimento al marchio come elemento che serve ad attestare la conformità del prodotto a normative specifiche, ed è posta a tutela degli acquirenti dei beni, siano essi consumatori finali oppure commercianti intermediari nella catena distributiva, mentre la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 474 cod. pen. fa riferimento al marchio come elemento (segno o 'logò) idoneo a distinguere il singolo prodotto industriale rispetto ad altri. Annulla con rinvio, App. Bolzano, 10/02/2011
Cassazione penale sez. V 26 ottobre 2012 n. 5068
L'impossibilità di effettuare i necessari controlli sulla composizione del latte a causa del temporaneo guasto degli strumenti tecnici deputati a tali controlli non esclude la responsabilità ex art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio) in capo a chi pone in commercio un prodotto alimentare "latte fresco pastorizzato" privato dei propri elementi nutritivi (nella specie, la Corte ha escluso che l'impossibilità di effettuare i controlli sulla qualità del latte ricevuto dai produttori potesse escludere la responsabilità del rappresentante legale di un industria casearia, che aveva venduto come latte fresco pastorizzato un prodotto che non aveva tali caratteristiche. A detta della Corte, l'imputato aveva l'obbligo giuridico di accantonare il latte ricevuto dai produttori, sospendendo la commercializzazione dello stesso sino al ripristino del funzionamento degli strumenti di controllo).
Cassazione penale sez. III 03 maggio 2012 n. 21700
Il reato di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p. deve ritenersi consumato nel luogo di immissione in commercio della merce e cioè nel luogo dove si trova la sede della società acquirente; ciò in quanto il reato "de quo" si consuma non nel luogo in cui il venditore si libera dell'obbligazione ai sensi dell'art. 1510 c.c, con la consegna della merce al vettore o spedizioniere, ma in quello in cui avviene la materiale consegna della stessa merce. Ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, ai sensi dell'art. 9 c.p.p., occorre fare riferimento a tale luogo per individuare il giudice competente. (Nella fattispecie, le materie prime farmaceutiche giungevano dall'estero presso gli stabilimenti della società per la lavorazione in assenza delle necessarie autorizzazioni all'importazione ed alla produzione da parte dell'Agenzia italiana del farmaco - reato p.p. dall'art. 50 d.lg. n. 219 del 2006 - e, dopo essere transitate per la dogana dello scalo aeroportuale di Linate, venivano cedute al vettore con destinazione estera).
Tribunale Monza 19 dicembre 2011 n. 3089