Codice proc. civile Agg. il 4 Luglio 2016
Art. 560 cod. proc. civile: Modo della custodia

Codice proc. civile Agg. il 4 Luglio 2016
Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593.
Il custode nominato ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino l’integrità.
Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma.
Il debitore deve consentire, in accordo con il custode, che l’immobile sia visitato da potenziali acquirenti.
Le modalità del diritto di visita sono contemplate e stabilite nell’ordinanza di cui all’articolo 569.
Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o quando l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. A richiesta dell’aggiudicatario, l’ordine di liberazione può essere attuato dal custode senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti; il giudice può autorizzarlo ad avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’articolo 68. Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi. Quando vi sono beni mobili di provata o evidente titolarità di terzi, l’intimazione è rivolta anche a questi ultimi con le stesse modalità di cui al periodo precedente. Dell’intimazione è dato atto nel verbale. Se uno dei soggetti intimati non è presente, l’intimazione gli è notificata dal custode. Se l’asporto non è eseguito entro il termine assegnato, i beni mobili sono considerati abbandonati e il custode, salva diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione. Dopo la notifica o la comunicazione del decreto di trasferimento, il custode, su istanza dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, provvede all’attuazione del provvedimento di cui all’articolo 586, secondo comma, decorsi sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla predetta istanza, con le modalità definite nei periodi dal secondo al settimo del presente comma.
Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione.
Fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’articolo 586.
Commento
Custode: [v. 65]; Locazione: [v. 12]; Giudice dell’esecuzione: [v. 484]; Titolo esecutivo: [v. 474]. Aggiudicazione: atto conclusivo del procedimento di vendita all’incanto con il quale viene accertato e proclamato il miglior offerente, individuato quando, dopo una duplice enunciazione del prezzo raggiunto, non venga fatta una maggiore offerta. Assegnazione: consiste nell’attribuzione diretta del bene pignorato al creditore, sulla base di un determinato valore, al fine di soddisfare il suo credito [v. 505]. Amministrazione giudiziaria: gestione dell’immobile pignorato per un certo periodo di tempo, allo scopo di consentirne, successivamente, l’incanto o l’assegnazione alle migliori condizioni possibili. Si tratta di una misura eventuale e sussidiaria in quanto viene disposta solo se sia andato deserto il primo incanto ed il giudice non abbia ritenuto opportuno procedere a un nuovo incanto.
(1) È compito del custode, quindi, documentare le entrate e le spese inerenti alla custodia dell’immobile affidatogli, presentando in cancelleria il conto della sua gestione e depositando le rendite nel termine fissato dal giudice o comunque trimestralmente [v. 593]. Ha diritto al compenso soltanto il terzo nominato custode e non anche il debitore, il quale percepirà solo il rimborso delle spese di custodia.
(2) La durata della locazione stipulata dal custode è per sua natura contenuta nei limiti temporali della procedura esecutiva, trattandosi di una forma di amministrazione processuale del bene e si risolve quindi con la vendita forzata dello stesso.
(3) Rispetto alla disciplina preesistente, si regolamenta in modo diverso la possibilità per il debitore di continuare ad abitare l’immobile. In ogni caso si tiene conto della situazione anteriore al pignoramento, se cioè il debitore già abitasse o meno nell’immobile pignorato. Inoltre, è da ritenere che le decisioni del giudice debbano tener conto delle esigenze abitative del debitore e delle persone con lui conviventi, in analogia a quanto previsto nel regime abrogato.
(4) Si prevede una sorta di ultrattività dei poteri del custode, in quanto l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile a seguito della pronuncia del giudice può essere a lui rimessa anche dopo il decreto di trasferimento, cioè in un momento in cui l’immobile pignorato non è più del debitore, ma dell’assegnatario o dell’aggiudicatario; ciò all’evidente scopo di garantire una piena disponibilità del bene senza dover porre in essere attività defatiganti e dispendiose a seguito dell’acquisto della titolarità del bene. Resta fermo che il provvedimento di liberazione, costituendo titolo esecutivo, dovrà essere attivato mediante la procedura di cui agli artt. 603 ss.
(5) In pratica, il giudice deve impartire al custode le modalità necessarie a facilitare la vendita dell’immobile, consentendo agli interessati di esaminarlo. In questo modo il ruolo del custode si estende fino a comprendere tutte le attività dirette ad agevolare l’accesso al bene, al fine di consentire ai potenziali acquirenti una raccolta completa di informazioni utili per partecipare con maggiore contezza alle operazioni di vendita
Giurisprudenza annotata
Modo della custodia.
- Custode: diritti e doveri; 1.1. Qualità; 1.2. Poteri; 1.3. Compensi e spese; 1.4. Imposizione fiscale 1.5. Legittimazione processuale; 1.6. Doveri; 2. Abitazione dell’immobile pignorato; 2.1. Autorizzazione; 2.2. Sindacato sull’autorizzazione; 3. Locazione dell’immobile; 3.1. Pagamento dei canoni e ritardata restituzione; 3.2. Rinnovo della locazione; 3.3. Sindacabilità ed impugnazione dell’autorizzazione; 3.4. Carenza dell’autorizzazione; 3.5. Opponibilità; 3.6. Contratti agrari; 3.7. Equo canone; 4. Vendita forzata; 4.1. Opponibilità al conduttore; 4.2. Disdetta della locazione; 5. Rendimento del conto; 5.1. Natura del procedimento; 5.2. Ricorso per Cassazione; 6. Fallimento; 6.1. Poteri del curatore; 6.2. Locazione; 7. Applicazione estensiva.
- Custode: diritti e doveri.
1.1. Qualità.
Il custode sequestratario assume la qualità di amministratore dei beni sequestrati per conto di colui il quale, in definitiva, ne sia dichiarato proprietario o possessore. Cass. 14 marzo 1988, n. 2429.
1.2. Poteri.
Il proprietario nominato custode dell’immobile pignorato non può compiere, senza l’autorizzazione del giudice, atti che eccedono i limiti dell’ordinaria amministrazione, tra i quali rientra la cessione del contratto di affitto agrario dal conduttore al terzo, che deve considerarsi, perciò, inopponibile all’aggiudicatario del bene. Cass. 14 luglio 1994, n. 6602.
L’attuale formulazione dell’art. 560 c.p.c. consente al G.E. di ordinare la liberazione dell’immobile, tra gli altri, anche quando questo sia occupato da soggetti diversi dall’esecutato, purché essi non vantino un titolo di godimento opponibile alla procedura esecutiva. Sostenere infatti che l’ordine di liberazione possa spiegare effetti di titolo esecutivo esclusivamente nei confronti del debitore, da un lato, svilirebbe la sua vocazione funzionale al rilascio, mettendo, in tal modo, di fatto alla mercé del debitore il destino del bene staggito, che potrebbe simulare uno stato di occupazione dello stesso per evitare che esso venga liberato; e, dall’altro, sarebbe in contrasto con la “ratio” sottesa all’attuale configurazione del ruolo del custode, che deve compiere tutto ciò che la legge gli consente per garantire un esito positivo e celere della procedura esecutiva immobiliare. In assenza di terzi aventi diritto a mantenere il godimento del bene – quali i titolari di un diritto reale di godimento trascritto in epoca antecedente rispetto alla trascrizione del pignoramento nonché all’iscrizione dell’ipoteca del creditore ad istanza del quale si procede alla vendita; il coniuge o l’ex coniuge dell’esecutato, che abbia ottenuto l’assegnazione dell’immobile pignorato quale casa coniugale in sede di separazione o divorzio, purché il provvedimento di assegnazione sia stato trascritto prima della trascrizione del pignoramento; i titolari di un contratto di locazione avente data certa anteriore al pignoramento, purché (come nella specie) il prezzo statuito non sia vile -, il GE della procedura esecutiva immobiliare può emettere l’ordine di liberazione anche nei confronti dell’occupante “sine titulo” così da consentire al custode di attivarsi per il rilascio dell’immobile prima dell’emissione del decreto di trasferimento. Al terzo che si ritenga leso, è sempre garantita l’opposizione all’esecuzione per rilascio, sia essa preventiva o successiva all’inizio della procedura.
Tribunale S.Maria Capua V. 04 dicembre 2013
Con riguardo ad un fondo rustico concesso in affitto ad un conduttore non coltivatore diretto, i poteri del custode nominato a seguito di sequestro giudiziario del fondo, per insorgere di controversie ereditaria al suo riguardo, sono limitati alla conservazione ed all’amministrazione del bene sequestrato per il periodo necessario alla definizione della vertenza ereditaria ed alla divisione dell’immobile fra coeredi; ne consegue che questi ultimi, quali concedenti del fondo, e non il custode, sono legittimati ad agire contro l’affittuario del fondo per la declaratoria di cessazione del rapporto di affitto alla scadenza legale del 15º anno ai sensi dell’art. 17, comma 1, l. 11 febbraio 1971, n. 11 e per la condanna al rilascio del fondo, configurandosi una scelta tra cessazione e rinnovo, per un ulteriore quindicennio, il rapporto agrario oltre i limiti dei poteri del custode. Cass. 3 marzo 1987, n. 2232.
Il custode dell’immobile pignorato, anche se ne è proprietario, non può, neppure con l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, stipulare un contratto di colonia parziaria in ordine all’immobile in quanto tale contratto non è assimilabile a quello della locazione. Pertanto, la stipulazione di un contratto di colonia parziaria non è opponibile ai creditori, né all’aggiudicatario dell’immobile stesso. Cass. 30 luglio 1980, n. 4899.
1.3. Compensi e spese.
Il custode dei beni pignorati ex art. 559 c.p.c. rientra nell’indicata nomenclatura dell’ausiliario del magistrato, dacché ne presenta il tratto, proprio della figura dell’ausiliario del giudice, di contribuire con la propria attività ad individuare il contenuto degli atti che debbono essere compiuti nel processo dall’ufficio giudiziario. Ne deriva che il rimedio dato contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione che liquida il compenso al custode stesso è costituito dalla opposizione prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 170. Trib. Salerno, 18 ottobre 2008.
Solo colui che sia dichiarato proprietario o possessore resta vincolato per i negozi giuridici posti in essere dal sequestratario durante l’amministrazione; ne consegue che mentre le spese di custodia ed il compenso dovuto al custode vanno posti a carico della parte soccombente, le passività della gestione gravano sul proprietario (o possessore), nel cui interesse l’amministrazione è stata tenuta e nei cui confronti il custode sarebbe stato responsabile per comportamento doloso o colposo, contrario ai doveri dell’ufficio. Cass. 14 marzo 1988, n. 2429.
1.4. Imposizione fiscale.
In tema di I.R.P.E.F., nel vigore della disciplina del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, come modificato dalla l. 13 aprile 1977 n. 114, in caso di sequestro conservativo di immobili, il debitore nominato custode non può considerarsi titolare di alcun reddito proveniente dagli stessi, poiché i frutti civili sono sottratti alla sua disponibilità, ai sensi dell’art. 559 c.p.c., richiamato dal successivo art. 679, e l’obbligo legale di rendiconto prescritto dall’art. 560 impone l’esclusione di tali frutti dalla base imponibile, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 597 del 1973, a tenore del quale «l’imposta» si applica sul reddito complessivo netto formato da tutti i redditi del soggetto passivo, compresi i redditi altrui dei quali egli ha la libera disponibilità o l’amministrazione, senza obbligo della resa dei conti. Cass. trib., 8 marzo 2006, n. 4943; conforme Cass. trib. 11 novembre 2011, n. 2360.
1.5. Legittimazione processuale.
Il proprietario locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore. Ne consegue che, se nell’atto introduttivo del giudizio il proprietario lavoratore non abbia speso la suddetta qualità, la domanda va dichiarata inammissibile. Cass. 21 giugno 2011, n. 13587.
Con riguardo ad un immobile locato, sottoposto a pignoramento ed affidato a custode giudiziario, il conduttore non è legittimato, non avendone l’interesse, ad eccepire l’improcedibilità della domanda di rilascio dell’immobile per finita locazione contro di lui proposta dal locatore senza la prescritta autorizzazione del giudice dell’esecuzione (artt. 560-565 c.p.c. e 171 disp. att. c.p.c.), restando il rapporto di locazione e la sua disciplina indifferente all’esito dell’azione esecutiva. Cass. 26 giugno 1991, n. 7157.
L’autorizzazione a proporre domanda di rilascio dell’immobile pignorato contro l’occupante senza titolo, che venga data dal giudice dell’esecuzione al custode dell’immobile medesimo, si riferisce all’organo, non alla persona, e, pertanto, ove in corso di causa vi sia sostituzione nella custodia, il nuovo custode può intervenire in giudizio (anche in grado d’appello, vertendosi in tema di mera regolarizzazione della parte attrice, che rimane sostanzialmente immutata), senza che si renda necessaria una ulteriore autorizzazione del giudice dell’esecuzione. Cass. 24 marzo 1986, n. 2068.
Il custode è legittimato processualmente, anche senza l’autorizzazione ad hoc del giudice, per tutte le questioni concernenti l’ordinaria amministrazione e la conservazione dei beni sottoposti a misura cautelare, prevedendo la legge un’apposita autorizzazione solo per l’ipotesi di cui all’art. 560, comma 2. Ne deriva che non è necessaria l’autorizzazione per la riscossione dei canoni locatizi, in quanto fatto certamente meno rilevante della stipula di un contratto di locazione, come tale rientrante tra i compiti fondamentali del custode, che è tenuto a procedere alla conservazione anche dei frutti del bene pignorato. Trib. Napoli, 24 giugno 1987.
1.6. Doveri.
Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l’offerente ed il giudice, produttivo dell’effetto traslativo, essendo l’atto di autonomia privata incompatibile con l’esercizio della funzione giurisdizionale, l’offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell’atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell’espropriazione forzata, quale l’art. 1477 c.c. concernente l’obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo ius ad rem (pur condizionato al versamento del prezzo), che l’aggiudicato acquista all’esito dell’iter esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l’oggetto della volontà dell’aggiudicatario e quanto venduto, pertanto, qualora l’aggiudicatario lamenti che l’immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell’aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode. Cass. 17 febbraio 1995, n. 1730.
- Abitazione dell’immobile pignorato.
2.1. Autorizzazione.
L’esigenza dei potenziali acquirenti di visionare l’immobile pignorato non costituisce valido motivo per negare al debitore l’autorizzazione ad abitare l’immobile con la sua famiglia, in quanto mentre il debitore è titolare del diritto ad abitare l’immobile, pur soggetto all’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, i potenziali acquirenti non sono titolari di alcuna posizione giuridicamente tutelabile nel processo esecutivo. Trib. Milano, 21 marzo 2003.
Per effetto del pignoramento, il debitore perde il diritto ad abitare l’immobile pignorato e l’eventuale autorizzazione a continuare ad abitare successivamente l’immobile, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice e può, se concessa, essere in ogni momento revocata. Trib. Monza, 7 ottobre 2002.
2.2. Sindacato sull’autorizzazione.
L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione dispone la liberazione dell’immobile pignorato, ai sensi dell’art. 560 c.p.c., non è impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione, ma è soggetta ad opposizione agli atti esecutivi. Cass. 17 dicembre 2010, n. 25654; conforme Cass. 30 giugno 2010 n. 15623.
Il debitore proprietario di bene immobile pignorato non è titolare di un interesse qualificato a svolgere la funzione di custode e ad utilizzare l’immobile, essendo ogni valutazione al riguardo rimessa alla discrezionalità del giudice dell’esecuzione, senza possibilità di alcun sindacato di merito da parte del debitore. Trib. Monza, 7 ottobre 2002.
- Locazione dell’immobile.
3.1. Pagamento dei canoni e ritardata restituzione.
Nel caso in cui un immobile sia stato pignorato dopo la stipula della locazione, la legittimazione ad agire nei confronti del conduttore per il risarcimento del danno da ritardata restituzione spetta sia al custode, sia, quando il titolare dell’ufficio pubblico preposto all’amministrazione del bene tralasci di farlo, al locatore, atteso che, per quest’ultimo, la perdita della disponibilità giuridica del proprio bene non è assoluta, ma relativa, essendo essa ordinata a protezione dei creditori, rispetto ai quali sono resi inefficaci gli atti del debitore dai quali possa loro derivare un pregiudizio. Cass. 7 gennaio 2011, n. 267.
Il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione dispone che i canoni di locazione dell’immobile pignorato siano versati al custode del bene, essendo emesso in funzione strumentale alla procedura coattiva, spiega i suoi effetti soltanto nell’ambito del processo esecutivo in cui l’ausiliare è stato nominato, dovendosi escludere ogni ultrattività del suddetto decreto nel caso in cui la procedura si estingua. Pertanto il custode del bene già pignorato, che abbia acquistato l’immobile dal debitore esecutato, non può nella veste di nuovo proprietario valersi di tale decreto contro il conduttore dell’immobile, relativamente ai canoni dovuti per il periodo corrispondente alla procedura esecutiva estinta, né a tal fine può invocare il fenomeno successorio tra le due distinte qualità soggettive. Cass. 25 giugno 2002, n. 9237.
Dopo il pignoramento, il proprietario-locatore del bene pignorato, il quale non può più continuare a riscuotere il corrispettivo della locazione del bene stesso (in virtù del disposto di cui agli artt. 2912 c.c., 65 e 560 c.p.c.), è legittimato ad agire per conseguire il credito costituito dai canoni rimasti in tutto o in parte non pagati fino alla data del pignoramento. Infatti, a tali canoni - che, ancorché afferenti al bene, non costituiscono frutti del bene, bensì crediti del locatore pignorato - non può applicarsi il disposto dell’art. 2912 c.c. sull’estensione del pignoramento, disponendo il creditore del locatore, relativamente a tali crediti, di altri mezzi di tutela, quale l’azione surrogatoria. Cass. 16 febbraio 1996, n. 1193.
In caso di autorizzazione del giudice per la stipulazione da parte del custode del contratto di locazione dell’immobile, il vincolo del sequestro si estende ai canoni percipiendi. Pret. Parma, 4 marzo 1995.
È necessaria l’autorizzazione del giudice per la stipulazione da parte del custode del contratto di locazione dell’immobile, trovando applicazione le disposizioni circa l’autorizzazione a dare in locazione l’immobile pignorato. In tal caso il vincolo del sequestro si estende ai canoni percipiendi. Pret. Parma, 4 marzo 1995.
3.2. Rinnovo della locazione.
La rinnovazione tacita della locazione integra un nuovo negozio giuridico bilaterale, con la conseguenza che, trattandosi di immobile sottoposto a sequestro giudiziario, è richiesta l’autorizzazione del giudice, per effetto del combinato disposto degli artt. 560, comma 2, e 676 c.p.c. Peraltro, essendo la misura cautelare finalizzata alla tutela degli interessi del sequestrante, la inefficacia relativa della locazione di immobile da parte del custode giudiziario in assenza di autorizzazione può essere fatta valere solo dallo stesso sequestrante. Cass. 30 ottobre 2002, n. 15297; conforme Cass. 2 novembre 2011 n. 22711, Cass. 13 dicembre 2007, 26238.
La rinnovazione tacita della locazione integra un nuovo negozio giuridico bilaterale, sicché, ove l’immobile in questione sia pignorato, si richiede l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, in forza dell’art. 560 c.p.c. (con riferimento al sequestro: Cass. 4 settembre 1998, n. 8800). Cass. 25 febbraio 1999, n. 1639.
La rinnovazione tacita del vincolo locatizio per mancata disdetta, sottende una manifestazione di volontà del locatore ed integra, pertanto, un nuovo negozio giuridico bilaterale. Ne consegue che detta rinnovazione, qualora successiva all’instaurazione di una procedura esecutiva, pur valida tra i contraenti, richiede quale presupposto ineludibile per l’efficacia nei confronti dell’aggiudicatario dell’immobile staggito, l’autorizzazione ex art. 560, comma 2, c.p.c. del giudice dell’esecuzione. Trib. Napoli, 12 gennaio 2001.
3.3. Sindacabilità ed impugnazione dell’autorizzazione.
Il potere, previsto dall’art. 560 c.p.c., richiamato dall’art. 676 c.p.c., del giudice di autorizzare il custode di un bene sottoposto a sequestro alla locazione del medesimo è assolutamente discrezionale, sì che l’opposizione di parte al riguardo non ha alcun rilievo e perciò esclude possa costituire causa idonea per i danni che la controparte assume di avere conseguentemente subito. Cass. 1º dicembre 2000, n. 15373.
L’ordinanza con cui il giudice istruttore della causa di convalida di un sequestro giudiziario, provvedendo a norma degli artt. 676, comma 3, e 560, comma 2, c.p.c. autorizza il custode a dare in locazione l’immobile sequestrato determinandone il canone non è impugnabile con ricorso per Cassazione, a norma dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento privo di carattere decisorio, che non risolve tra le parti della causa un contrasto in ordine all’appartenenza di un diritto, né essendo configurabile un diritto delle stesse parti a che le funzioni dell’ufficio di custodia siano esercitate in uno o altro modo. Cass. 16 novembre 1991, n. 12321.
È da escludere che la violazione dell’art. 560, comma 2, c.p.c. importi una nullità assoluta del contratto di locazione dell’immobile pignorato concluso senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione; piuttosto, i contratti di locazione in questione sono inopponibili ai creditori e/o all’aggiudicatario “in executivis”, se non autorizzati dal giudice dell’esecuzione. Ciò è conforme ai principi generali in materia perché il pignoramento non priva ancora il debitore della proprietà dei beni attinti dal vincolo, e quindi gli atti di alienazione o di disposizione di tali beni possono essere, secondo i casi, e se non autorizzati, inefficaci in modo relativo, cioè in confronto del creditore procedente e/o di quelli intervenuti nel medesimo procedimento e/o dell’aggiudicatario; e l’art. 560, comma 2, c.p.c. si colloca appunto in questa disciplina. Trib. Bari, 19 febbraio 2008.
3.4. Carenza dell’autorizzazione.
La locazione di un bene sottoposto a sequestro giudiziario senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, in violazione dell’art. 560 c.p.c., non comporta l’invalidità della locazione bensì solo la sua inopponibilità ai creditori e all’assegnatario. Ne consegue che non può eccepire il difetto di autorizzazione da parte del giudice, il conduttore della locazione non autorizzata. Cass. 13 luglio 1999, n. 7422.
La locazione di un bene sottoposto a sequestro giudiziario senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione non è viziata da nullità assoluta per violazione dell’art. 560 c.p.c., bensì - essendo la misura cautelare finalizzata alla protezione degli interessi del sequestrante - da inefficacia relativa, con la conseguenza che il vizio anzidetto può essere fatto valere solo da chi ha provocato il provvedimento cautelare, sino a che quella misura perduri, e, successivamente, da colui che risulterà titolare o assegnatario del bene oggetto del sequestro. Cass. 10 ottobre 1994, n. 8267; con riferimento all’affitto di fondo rustico: Cass. 16 febbraio 1983, n. 1175.
3.5. Opponibilità.
I contratti stipulati dal custode giudiziario, con o senza l’autorizzazione del giudice, non possono mai pregiudicare in nessun modo il diritto del proprietario a ricevere il bene nella condizione giuridica in cui è stato trasmesso dal suo diretto dante causa, per cui la stipulazione di un contratto di colonia parziaria non è opponibile ai creditori, né all’aggiudicatario dell’immobile stesso, e l’affitto da parte del custode di un fondo rustico sottoposto al sequestro giudiziario, senza l’autorizzazione del giudice, non è viziato da nullità assoluta per violazione dell’art. 560 c.p.c. (richiamato dall’art. 676), bensì, essendo la misura cautelare finalizzata alla protezione degli interessi del sequestrante, da inefficacia relativa (ed opponibilità del negozio), con la conseguenza che il vizio può esser fatto valere solo da chi ha provocato il provvedimento cautelare, e, successivamente, dall’assegnatario del bene, senza che a questi l’affittuario possa opporre la proroga legale del contratto. Cass. 17 ottobre 1994, n. 8462.
Nel caso di pendenza del procedimento di espropriazione forzata avente ad oggetto il diritto di nuda proprietà di un immobile, l’estinzione del relativo usufrutto comporta, con il riespandersi del diritto del nudo proprietario, che il diritto di questo resti assoggettato alla procedura espropriativa per la piena proprietà. Ne consegue che, mentre la locazione stipulata originariamente dall’usufruttario è opponibile, nei limiti in cui avrebbe dovuto essere rispettata dal nudo proprietario, all’aggiudicatario secondo le regole dettate dall’art. 2923 c.c., la stipulazione, con il medesimo conduttore, di una nuova locazione da parte del proprietario può avvenire solo previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione secondo quanto disposto dall’art. 560, comma 2, c.p.c., restando in mancanza inopponibile all’aggiudicatario. Cass. 22 luglio 1991, n. 8166.
L’art. 2923 c.c., nel disciplinare il regime delle locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione forzata, prevede - fra le ipotesi eccezionali in cui l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione, benché, di data anteriore al pignoramento - la locazione con corrispettivo inferiore di un terzo al giusto prezzo, indicando un dato in ordine al quale l’apprezzamento del giudice del merito si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da congrua motivazione ed immune da errori di diritto. Cass. 14 aprile 1984, n. 2413.
3.6. Contratti agrari.
La norma di cui all’art. 41 della l. n. 203 del 1982 (relativa ai contratti ultranovennali di affitto di fondi rustici a coltivatore diretto, dei quali stabilisce la validità e l’efficacia anche nei confronti dei terzi, pur se stipulati in forma verbale e non trascritti) non è incompatibile con l’art. 560 c.p.c. Cass. 29 ottobre 1997, n. 10651; conforme Cass. 12 dicembre 1994, n. 10599.
La disposizione dell’art. 41 della l. 3 maggio 1982, n. 203, che sancisce la validità ed opponibilità ai terzi dei contratti agrari ultraventennali, attiene soltanto alla forma dei suddetti contratti, ma non comporta deroga alla disciplina dell’art. 560, cpv. c.p.c., che, vietando al debitore pignorato di dare in locazione l’immobile senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, stabilisce un limite al potere dispositivo del debitore che è operante anche per l’affitto agrario, rendendo inopponibile al terzo acquirente il contratto concluso senza la predetta autorizzazione. Cass. 4 ottobre 1994, n. 8076.
3.7. Equo canone.
La l. n. 392 del 1978, c.d. dell’equo canone, non trova applicazione riguardo alle locazioni degli immobili espropriati poiché, per le locazioni successive al pignoramento e per la loro tacita rinnovazione, è richiesta l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560, comma 2, c.p.c., con conseguente inefficacia delle stesse nei confronti del creditore e dell’acquirente dell’immobile pignorato, qualora non siano state autorizzate dal giudice dell’esecuzione. Trib. Vicenza, 23 novembre 1995.
- Vendita forzata.
4.1. Opponibilità al conduttore.
Il decreto di trasferimento dell’immobile locato, pronunciato dal giudice dell’esecuzione, è inopponibile al conduttore, quando il contratto abbia data certa anteriore al pignoramento. Il contratto di locazione rinnovatosi automaticamente, per effetto di mancata disdetta, successivamente al pignoramento, è opponibile all’acquirente dell’immobile subastato, anche in assenza di qualsiasi autorizzazione del giudice dell’esecuzione. Trib. Roma, 10 aprile 2002.
Contra: Non è opponibile all’esecutante - e pertanto, neppure all’aggiudicatario nell’espropriazione immobiliare - la eventuale rinnovazione tacita della locazione, non autorizzata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 560, comma 2, c.p.c. Trib. Napoli, 12 gennaio 2001.
Il rinvio contenuto nell’art. 2923, comma 4, c.c. per le ipotesi di detenzione anteriore al pignoramento della cosa locata, alla durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato, è limitato al solo termine di efficacia posto dall’art. 1574 c.c., ovvero a quello introdotto dall’art. 1, l. n. 392 del 1978, e non alla complessiva disciplina delle locazioni a tempo indeterminato, onde ogni ulteriore sviluppo del rapporto, in quanto estraneo alla salvezza contenuta nella norma citata, sarebbe ex se inopponibile all’acquirente. Ma anche laddove dovesse ritenersi efficace la ulteriore rinnovazione del rapporto che l’art. 3, l. n. 392 del 1978 riconnette al comportamento concludente del locatore, tale vicenda, in quanto successiva al pignoramento, sarebbe comunque inopponibile all’acquirente per effetto del divieto posto dall’art. 560 c.p.c. Trib. Napoli, 30 gennaio 1997.
Nel caso in cui la locazione di un immobile, per essere stata stipulata in epoca successiva al suo pignoramento, sia inopponibile all’aggiudicatario del bene di una vendita forzata immobiliare, il conduttore, che non sia stato avvertito dell’esistenza del pignoramento sull’immobile, ha diritto, a seguito dell’estromissione da parte dell’aggiudicatario, al risarcimento del danno verso il locatore, per non aver goduto l’immobile fino alla scadenza pattuita nel contratto o a quella legale, non ostando al diritto al risarcimento la presenza di una clausola che preveda la rescissione del contratto in caso di vendita. Cass. 25 agosto 1989, n. 3780.
4.2. Disdetta della locazione.
Chi abbia acquistato un immobile locato in sede di esecuzione forzata è legittimato, successivamente all’aggiudicazione ed al versamento del prezzo, a comunicare al conduttore la disdetta del contratto, anche prima della emissione del decreto di trasferimento da parte del giudice dell’esecuzione, l’effettivo intervento del quale è peraltro condizione perché la disdetta conservi la propria efficacia. Trib. Milano, 13 maggio 1994.
- Rendimento del conto.
5.1. Natura del procedimento.
Il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 e ss. c.p.c. è fondato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all’altra, facendo conoscere il risultato della propria attività in quanto influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria; come tale essa si ricollega all’esistenza di un rapporto di natura sostanziale e si instaura a seguito di domanda di rendiconto proposta in via principale od incidentale, sviluppandosi, quindi, come un giudizio di cognizione di merito, sia pure speciale, il cui atto terminale - in caso di accettazione del conto - è un’ordinanza non impugnabile del giudice istruttore, mentre - in caso contrario - è una sentenza (se del caso parziale quando trattasi di procedimento promosso in via incidentale) avente attitudine ad acquisire efficacia di giudicato sul modo di essere della situazione sostanziale inerente l’obbligo di rendiconto (e ciò, o in via esclusiva, o in via strumentale, rispetto ad altra situazione costituente il diritto principale cui si ricollega l’obbligo di rendiconto). Cass. 10 novembre 1999, n. 12463.
5.2. Ricorso per Cassazione.
Poiché il procedimento che si instaura a seguito dell’ordine di presentazione del rendiconto, impartito dall’ istruttore di appello al custode nominato in occasione dell’autorizzazione di sequestro giudiziario, è destinato a concludersi, in applicazione dell’art. 593 c.p.c., con ordinanza non impugnabile, deve cassarsi senza rinvio, provvedendosi d’ufficio ai sensi dell’art. 382, comma ultimo, c.p.c., la sentenza resa dalla corte d’appello, in violazione dell’anzidetto principio, a conclusione del giudizio di impugnazione del menzionato rendiconto. Cass. 10 novembre 1999, n. 12463.
In tema di sequestro giudiziario, non sono impugnabili ex art. 111, comma 2, Cost., difettando del requisito della decisorietà, i provvedimenti con cui il giudice istruttore approva i rendiconti, parziali e finali, presentati dal custode, rispettivamente, nel corso ed al termine della gestione, ai sensi dell’art. 593 c.p.c. (applicabile in virtù del rinvio disposto dagli artt. 676 e 560 stesso codice), atteso che tali provvedimenti, anche se risolutivi delle contestazioni insorte in merito alle partite del conto, non contengono statuizioni dirette alle parti, volte a dirimere un contenzioso tra le stesse, ma si pongono come atti di amministrazione, nell’ambito dei poteri di verifica e di controllo del giudice sullo svolgimento dell’operato del custode. La responsabilità del custode per comportamento doloso o colposo, contrario ai doveri dell’ufficio, può eventualmente essere fatta valere in altra sede, mediante apposito autonomo giudizio, dalla parte che risulterà in definitiva titolare del diritto controverso, nel cui interesse l’amministrazione è stata tenuta. Cass. 1º febbraio 1996, n. 870.
Il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, a norma degli art. 560, comma 1, e 593 c.p.c., ordina al custode di beni immobili pignorati di rendere il conto entro un termine appositamente fissato, non è suscettibile di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 2, Cost., trattandosi di provvedimento per il quale non ricorrono i requisiti della decisorietà e della definitività. Cass. 24 maggio 1993, n. 5824.
- Fallimento.
6.1. Poteri del curatore.
La locazione di immobile acquisito alla massa fallimentare, stipulato dal curatore del fallimento ai sensi dell’art. 560, comma 2, c.p.c. (applicabile in forza del richiamo di cui all’art. 105, l. fall.) è un contratto la cui durata risulta naturaliter contenuta nei limiti della procedura concorsuale, in quanto attuativa di una mera amministrazione processuale del bene, con la conseguenza che - non essendo assimilabile al contratto locativo di data certa anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento disciplinato dall’art. 2923 c.c. - non sopravvive alla vendita fallimentare e non è opponibile all’acquirente in executivis; pertanto la clausola con la quale il curatore ed il conduttore espressamente pattuiscono la risoluzione della locazione per effetto della vendita forzata del bene è pienamente valida, in quanto esplicita un limite di durata connaturato al contratto ed alle sue peculiari finalità, che la sottraggono all’ambito di applicabilità del combinato disposto degli artt. 7 e 41, l. 27 luglio 1978, n. 392, che colpiscono di nullità la clausola di risoluzione del contratto di locazione in caso di alienazione del bene locato. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1994, n. 459.
6.2. Locazione.
La locazione - che già al momento della dichiarazione di fallimento del locatore sia inopponibile ai creditori perché stipulata, nel corso di un pregresso pignoramento immobiliare, in violazione dell’art. 560 c.p.c. per mancanza della preventiva autorizzazione del giudice della esecuzione - resta inopponibile alla massa creditoria per il favorevole effetto, determinato dall’art. 107, l. fall., il quale effetto non può successivamente essere eliminato dal modo con cui il curatore abbia deciso di esercitare i poteri di sostituzione derivantigli dalla predetta norma, nemmeno se la vendita forzata avvenga in sede fallimentare, giacché ciò non elimina la confluenza della procedura esecutiva individuale in quella fallimentare. Cass. 10 novembre 1980, n. 6020.
- Applicazione estensiva.
La disciplina dell’uso dell’immobile sequestrato contenuta nell’art. 560 c.p.c. è applicabile al sequestro conservativo immobiliare nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti. Corte conti, 1º dicembre 1982, n. 325.