Accertamento fiscale nullo se manca la delega alla firma dell’atto
Agenzia delle Entrate: si riapre la possibilità di ricorsi per la sottoscrizione del falso dirigente; le sentenze che danno ragione ai contribuenti.
È ancora di scena la nullità degli accertamenti fiscali dell’Agenzia delle Entrate firmati da funzionari privi di delega: evidentemente le tre sentenze della Cassazione [1], che dovevano porre fine ai ricorsi per vizio di potere dei “falsi dirigenti”, hanno invece aperto un nuovo fronte di contestazione, indicando al contribuente il corretto modo per ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento (di tanto avevamo già dato anticipazione, rispetto ai tempi, nell’articolo “Dirigenti e accertamenti illegittimi Agenzia delle Entrate: come contestare
”). E difatti, non è passato neanche un mese che già la Cassazione ritorna sul problema delle firme illegittime, sposando una linea favorevole ai contribuenti. L’accertamento fiscale è nullo – si legge nella sentenza depositata dalla Suprema Corte poche ore fa [2] – se l’Agenzia delle Entrate non dimostra di aver validamente delegato il funzionario che ha firmato l’atto.Ancora una volta vale la regola secondo cui al contribuente basta sollevare l’eccezione di difetto di poteri del firmatario e all’amministrazione finanziaria replicare, dimostrando che
a) – o questi era il capo ufficio in persona
b)- oppure (circostanza assai più ricorrente) altro soggetto comunque appartenente alla carriera direttiva (quindi un funzionario della “terza area”), delegato dal capo ufficio. Ma in tale caso, il fisco deve anche produrre, agli atti, la delega che deve necessariamente essere:
– scritta;
– motivata;
– riferita ad un preciso soggetto, indicato per nome e cognome;
– riferita ad un preciso ambito temporale entro il quale è valida (la delega generica, senza limiti di tempo, non è valida). Insomma, le deleghe in bianco non sono legittime.
La vicenda
Nella vicenda in oggetto un contribuente lamentava di aver ricevuto un accertamento sottoscritto da un funzionario invalidamente delegato. La Corte gli ha dato ragione, annullando l’atto dell’Agenzia delle Entrate per mancanza di prove di una valida delega.
Si riapre la questione dei falsi dirigenti
Con la sentenza di questa mattina, la sezione tributaria della Cassazione ha di fatto riaperto la questione dei falsi dirigenti e la possibilità di ricorso a tutti i cittadini che ricevono atti impositivi non sottoscritti dal capo dell’ufficio. Una chance che sembrava tramontata per via delle interpretazioni restrittive della stessa Corte di qualche settimana fa e nella quale gli Ermellini avevano affermato la validità dell’accertamento emesso prima della sentenza della Corte costituzionale e sottoscritto dal falso dirigente, al momento capo dell’ufficio.
L’onere della prova è dell’Agenzia delle Entrate
Nella lunga motivazione contenuta nella sentenza di oggi, i Supremi giudici ricordano che “nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento
La Suprema Corte ribadisce inoltre che in tema di imposte sui redditi [4], gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dalla legge [4].