Metà stipendio ai dipendenti per pagare i contributi

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Se l’azienda è in crisi non si salva dal reato di omesso versamento dei contributi previdenziali se dimostra di aver utilizzato i soldi per pagare gli stipendi.

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Se l’azienda è in crisi, meglio che accontenti prima il fisco e poi i dipendenti: difatti, il mancato versamento dei contributi previdenziali e delle imposte comporta sempre un reato per l’imprenditore, cosa che invece non succede nel caso di omesso pagamento delle buste paga. La mancanza di liquidità e la crisi economica non è, infatti, un valido motivo per invocare l’assoluzione.

Sono questi gli allarmanti principi che si ricavano da una recente sentenza della Corte di Appello di Perugia [1].

In caso di mancanza di liquidità, i pochi soldi nelle casse dell’azienda devono servire per soddisfare prima i lavoratori o per pagare le tasse? Questo la legge non lo dice e la questione sulla possibile assoluzione dell’imprenditore, in crisi economica, dagli eventuali reati di omesso versamento dei

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contributi dei dipendenti o dell’Iva ha sempre occupato le aule dei tribunali, in realtà con esiti spesso differenti da giudice a giudice. Ma proprio il fatto che il legislatore non abbia mai sentito il bisogno di regolamentare la materia, fa sorgere il dubbio che, per lo Stato, sia preferibile che l’imprenditore paghi prima le casse dell’erario che non i dipendenti. E difatti, la sentenza in commento lo conferma.

Secondo la Corte umbra, la crisi di liquidità non libera la società dal versamento dei contributi dei dipendenti. Anziché pagare loro l’intero stipendio ben si potrebbe dividere la somma da erogare: una parte per il lavoratore, l’altra per il fisco. Come, del resto, sottolineato dalla Cassazione “in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, lo stato di insolvenza non libera il sostituto d’imposta dai doveri verso l’Erario per i contributi previdenziali; e ciò in quanto, per la contemporaneità dell’obbligo retributivo e di quello contributivo, il medesimo è tenuto a

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ripartire le poche risorse esistenti in azienda all’atto dell’erogazione degli emolumenti in modo da poter assolvere al debito para-fiscale, anche se ciò comporti l’impossibilità di pagare gli stipendi nel loro intero ammontare”.

Insomma, fifty-fifty: 50% allo Stato, 50% ai lavoratori.

A dimostrazione di come tutto sia incerto quando si parla di giurisprudenza, esiste anche più di una sentenza di segno inverso. Secondo infatti la Cassazione, per quanto riguarda il reato di omesso versamento di ritenute certificate, l’imprenditore è sì responsabile anche in caso di crisi di liquidità (intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’esercizio precedente), ma può essere assolto se riesce a dimostrare che le difficoltà finanziarie non siano dipese da lui e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.

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