Difetto di legittimazione passiva: eccezione in ogni stato e grado
Chi ritiene di essere stato ingiustamente citato in giudizio può chiedere al giudice di esserne estromesso perché del tutto estraneo alla vicenda?
La legittimazione attiva è la capacità di un soggetto di agire in giudizio per far valere un proprio diritto; in sostanza, indica chi può presentare una domanda giudiziaria per ottenere una sentenza favorevole. Sul fronte opposto c’è la legittimazione passiva, che spetta al titolare di un interesse contrapposto a chi agisce in giudizio. Con il presente articolo vedremo se il difetto di legittimazione passiva è un’eccezione che può essere fatta valere in ogni stato e grado del procedimento. Approfondiamo la questione alla luce della giurisprudenza più significativa.
Indice
Cos’è la legittimazione passiva?
La legittimazione passiva indica la posizione di un convenuto in un processo, cioè la possibilità di essere chiamato in giudizio per una determinata controversia.
La legittimazione passiva consiste dunque nell’identità tra il soggetto contro il quale si agisce e colui che, secondo la prospettazione dell’attore, è responsabile del rapporto giuridico contestato.
Legittimazione passiva: il difetto può essere fatto valere sempre?
Secondo la giurisprudenza (Cass., 17 ottobre 2023, n. 28793), il difetto di legittimazione passiva non è un’eccezione in senso stretto; pertanto, può essere fatto valere sempre, in qualsiasi stato e grado del processo – quindi anche in appello – non essendo soggetto a preclusioni di sorta.
Dunque, chi è stato citato in causa può far rilevare la sua estraneità al giudizio in qualsiasi momento del processo, anche in secondo grado o in Cassazione; non ci sono termini di scadenza per quella che è una normale difesa della parte.
Quando l’attore, infatti, cita un soggetto in causa deve fare attenzione a chiamare solo chi è tenuto a rispondere del diritto rivendicato innanzi al giudice e non altre persone del tutto estranee; il convenuto, pertanto, può sempre far rilevare questo errore commesso dall’attore.
Anzi, detto errore può essere rilevato anche dal giudice, senza bisogno di una esplicita segnalazione della parte interessata: il difetto di legittimazione passiva può quindi essere rilevato anche d’ufficio.
Secondo la giurisprudenza (Cass., 23 ottobre 2018, n. 26878), dunque, il difetto di legittimazione passiva, ossia la mancanza di titolarità del rapporto controverso in capo al soggetto convenuto, non costituisce un’eccezione in senso tecnico, ma una mera difesa, che il giudice può rilevare d’ufficio.
L’orientamento della Corte di Cassazione è granitico: l’eccezione di difetto di legittimazione passiva può essere sollevata dal convenuto in ogni stato e grado, senza limiti di decadenza. Questo perché non si tratta di un’eccezione in senso stretto, ma di una semplice difesa (Cass., n. 12729/2016; Cass. Sez. Un., n. 2951/2016).
Le contestazioni del convenuto circa la titolarità del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio. Anche l’eventuale contumacia o tardiva costituzione non può assumere alcun valore di ammissione né può alterare la ripartizione degli oneri probatori. Restano ovviamente ferme le eventuali preclusioni maturate per la prova dei fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti.
Per chi non mastica il linguaggio forense, tutto questo si traduce nel seguente modo: chiunque sia stato citato in un giudizio e ritenga di non essere lui il soggetto contro il quale andava avviata l’azione, può farlo notare al giudice in qualsiasi momento del processo, anche se in precedenza non lo ha fatto.
Benché, infatti, il rito civile sia caratterizzato da preclusioni per le difese (scadute determinate fasi della causa, alcune attività non sono più possibili), la contestazione in commento non ha scadenze.
Pertanto si può contestare l’errore dell’attore nell’aver citato in causa la persona sbagliata e lo si può fare benissimo, anche per la prima volta, in appello o in Cassazione.
Se, tuttavia, il convenuto vuol esibire delle prove a dimostrazione della propria estraneità alla causa dovrà rispettare i termini processuali per il deposito dei documenti o la richiesta di escussione di testimoni: per queste attività, infatti, restano ferme le preclusioni stabilite dalla legge.