Concorsi pubblici: è legittimo il limite d’età?

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È possibile fare ricorso avverso i concorsi in cui è escluso chi supera una determinata età?

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L’annunciato sblocco del turn-over, unito alle procedure di assunzione già autorizzate e/o avviate nell’anno corrente, determina l’avvio di una lunga stagione di concorsi pubblici che porterà a nuove assunzioni nella pubblica amministrazione italiana. L’accesso nella pubblica amministrazione è infatti subordinato, di regola [1], al superamento di un concorso, la cui partecipazione è consentita nei limiti dei requisiti previsti di volta in volta nello specifico bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Talvolta, tra i requisiti richiesti, possono essere indicati dei limiti d’età. Rientrano in questi casi alcuni concorsi per

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Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Vigili del Fuoco, Polizia penitenziaria, carriera prefettizia, uditore giudiziario militare, procuratore dello Stato, e così via. Ma tali restrizioni sono o meno legittime? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

La normativa italiana

Il punto di riferimento della disciplina legislativa in materia concorsuale è la c.d. seconda legge Bassanini [2], la quale prevede che la partecipazione ai concorsi indetti da tutte le pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate dai regolamenti delle stesse singole amministrazioni. Tali deroghe devono essere giustificate dalla natura del servizio o comunque collegate ad oggettive necessità dell’amministrazione.

Quindi, per il legislatore italiano, la regola è che i concorsi pubblici non prevedano limiti d’età, ma al tempo stesso riconosce la possibilità di stabilire, caso per caso, delle eccezioni. Un meccanismo che legittima, in presenza di determinate condizioni, la possibilità di restringere l’accesso ad una selezione pubblica solo ai più giovani.

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Il diritto europeo

Anche il diritto dell’Unione Europea si è occupato della questione, confermando di fatto la soluzione italiana. In sintesi sono consentite le disparità di accesso ai concorsi, basate sulla fissazione di un’età massima di assunzione, a patto che le stesse siano giustificate e proporzionate al tipo di lavoro per cui si concorre [3].

In parole povere, la restrizione d’età non può essere arbitraria, ma deve essere legata alle caratteristiche dell’impiego per cui viene bandito il concorso. Tendenzialmente un lavoro pratico, di carattere esecutivo, giustifica simili limitazioni. Altro motivo giustificativo è la previsione di un “ragionevoleperiodo minimo di lavoro prima del pensionamento. Le deroghe sull’età sono, ad ogni modo, affidate al prudente apprezzamento delle leggi nazionali.

Sul punto si è pronunciata anche la Corte di Giustizia europea [4], in merito al caso di un cittadino spagnolo che aveva impugnato un bando della Comunità autonoma delle Asturie, per arruolare nuovi agenti di polizia locale, il quale fissava a 30 anni il limite anagrafico di partecipazione. Tale limite veniva considerato dai giudici europei discriminatorio e

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sproporzionato rispetto alle finalità stabilite dalla normativa europea, anche perché nel caso di specie il bando già prevedeva delle prove fisiche particolarmente rigorose, ritenute più che sufficienti per consentire dei limiti d’età massima di partecipazione meno stringenti.

Perciò nel caso di specie il ricorrente aveva ragione non per il semplice fatto che l’amministrazione spagnola aveva previsto improvvidamente un limite d’età, ma per il fatto che quel concorso già prevedeva delle prove fisiche idonee ad accertare se anche una persona con più di 30 anni fosse nelle condizioni di salute ed atletiche adatte a svolgere il lavoro di agente di polizia, senza compromettere lo scopo del concorso. Il meccanismo selettivo specifico di quel concorso era di per sè più che efficace per scartare candidati non idonei fisicamente.

La situazione italiana

In Italia, tra i casi in cui si ricorre spesso a questa “eccezione” delle limitazioni anagrafiche, confermata anche in sede europea, rientrano principalmente i

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concorsi nelle forze dell’ordine. Ad esempio, attualmente, per i Carabinieri i limiti vanno dai 17 ai 22 anni per gli ufficiali del ruolo normale dell’accademia (elevabile fino a 3 anni per chi presta servizio presso le Forze Armate); fino a 30 anni per gli allievi marescialli del ruolo ispettori (fino a 26 anni se si è civili); fino a 28 anni per allievi carabinieri (fino a 26 anni se si è civili). Per la Polizia di Stato si applicano i limiti fino a 32 anni per i commissari (invece non ci sono limiti per alcune categorie di appartenenti alla Polizia), dai 18 ai 32 anni per i vice ispettori (elevabile fino a 40 anni per chi appartiene già ai ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno); e dai 18 ai 30 anni per gli allievi agenti (il cui bando è uscito proprio in questi giorni).

Alla luce della normativa fin qui analizzata occorre chiarire quando è opportuno impugnare un concorso che prevede limiti massimi di età per la partecipazione.

L’orientamento attuale della giurisprudenza amministrativa italiana è per la

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conferma della legittimità dei limiti d’età nei concorsi delle forze dell’ordine sopra detti. Ad esempio, recentemente, i Tar si sono occupati del concorso a 320 posti da vice ispettori, bandito nel 2016, il quale come si è detto è limitato agli under 33. Nel ribadire la piena compatibilità all’ordinamento europeo di quel bando, i giudici amministrativi hanno confermato la legittimità del limite di età quale requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa propria degli appartenenti alle forze armate e dell’ordine. L’esplicazione dei compiti propri della qualifica di ispettore della Polizia di Stato, di carattere pratico-esecutivo, rende ragionevole e non discriminatoria la previsione di limiti anagrafici [5]. Con tali motivazioni il Tar Lazio ha bocciato i numerosi ricorsi proposti da quanti, con più di 32 anni d’età, non hanno potuto partecipare al concorso da vice ispettore nella Polizia di Stato.

La valutazione principale, sulla convenienza del ricorrere o meno, va quindi basata principalmente sul tipo di attività lavorativa che i futuri assunti svolgeranno, sui caratteri del rapporto lavorativo, ed infine sulle caratteristiche delle prove selettive previste. Ad esempio le mansioni di

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carattere esecutivo, essendo più gravose dal punto di vista fisico, possono giustificare la previsione di limiti d’età. Ovviamente tali limiti devono altresì essere ragionevoli e non sproporzionati.

Simili considerazioni valgono anche per i concorsi pubblici diversi da quelli nelle forze dell’ordine. Si prenda l’ipotesi dei coadiutori per la Banca d’Italia. In questo caso il regolamento interno di tale autorità amministrativa indipendente prevede tra i requisiti di assunzione un’età non superiore ai 40 anni. Tale limite è stato considerato legittimo dai giudici amministrativi, in considerazione sia delle particolari condizioni di formazione richieste per il lavoro di coadituori, sia affinché si proceda alle assunzioni garantendo un ragionevole periodo minimo di lavoro, prima del pensionamento [6].

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