Parcella più alta del preventivo: che fare?
Il mio avvocato mi ha presentato una parcella molto diversa e eccessivamente più alta rispetto al preventivo iniziale. Cosa posso fare?
Indice
Excursus sulla questione dei compensi professionali degli avvocati
Il compenso per l’attività professionale dell’avvocato [1] costituisce il corrispettivo della prestazione d’opera costituita dal patrocinio legale. Il codice civile, nella sua originaria stesura, indicava quattro criteri per la determinazione del compenso: l’accordo tra le parti, in mancanza di questo le tariffe o gli usi e, infine, la determinazione giudiziale. Le modifiche introdotte dalla cosiddetta legge Bersani
- alla centralità dell’accordo tra il professionista e il cliente;
- alla non utilizzabilità degli usi, perché non menzionati con la nuova legge speciale;
- alla non necessità del parere dell’associazione professionale per la determinazione giudiziale dei compensi.
Il ricorso ai parametri avviene nelle ipotesi in cui le parti non hanno concordato preventivamente il compenso, o vi siano state attività professionali non previste. I cosiddetti parametri ministeriali hanno valore, concludendo, nel caso di patologia dell’accordo: o perché il cliente deduce una sopravvenuta eccessiva onerosità, o perché vi è stato un errore o per altre cause che sono in grado, come in tutti i contratti, di causarne la risoluzione. Solo nel momento il in cui il giudice giungesse alla conclusione che l’accordo tra le parti non è in vigore, potrà ricorrere ai criteri indicati dai parametri. L’ultimo intervento legislativo in materia, relativo al nuovo ordinamento forense, conferma quanto detto, ribadendo il principio secondo cui la determinazione del compenso avviene, di regola, per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista è, quindi, tenuto a comunicare in forma scritta il costo prevedibile della prestazione, nel rispetto del principio di trasparenza, con un preventivo di massima.
Disamina della questione sottoposta
La situazione ricostruibile dalla lettura della domanda può essere concentrata su un quesito preliminare ed essenziale: può dirsi esistente un accordo sulla base del quale il compenso era stato determinato tra le parti e, dunque, sostenersi l’inapplicabilità dei parametri ministeriali? Non si può presumere in via di fatto l’esistenza di un contratto tra avvocato e cliente per la determinazione degli onorari e, tantomeno, un patto limitativo degli stessi entro un certo tetto. L’accordo suddetto deve pertanto essere provato dal cliente e deve essere provato con mezzi diversi dalla prova orale che, in materia, è inammissibile [4]. La risposta, a questo punto, dipende dal peso attribuibile alla corrispondenza intervenuta a mezzo di posta elettronica. Il codice civile attribuisce alle riproduzioni informatiche valore probatorio eccetto che colui contro il quale vengono prodotte non le disconosca [5]. Su questo argomento che se esso vi era stato, potrà essere invocato per contestare la successiva richiesta che lo modifica sostanzialmente.
L’accordo sui compensi. L’accordo può essere concluso via web?
È senza dubbio utile esaminare in che maniera la prassi tradizionale di formalizzazione contrattuale (scrittura privata, corrispondenza, ecc.) sia idonea a esprimere il raggiungimento dell’accordo ove questo si sia formato con l’intervento della tecnologia web. In linea generale, il contratto telematico si differenzia dal contratto tradizionalmente inteso, solo per quanto attiene le modalità informatiche adottate in tutto l’iter che porta all’accordo, restando comunque invariata la struttura di base. La sua ammissibilità nel nostro ordinamento appare certamente possibile, considerato il codice civile lascia ampia libertà di contenuti e forma alle parti e che, inoltre, la forma come requisito sostanziale dell’atto è richiesta solo in casi particolari, tutti disciplinati da precise norme [6]. Si può dunque concludere che, nel caso esaminato, vi è stato un accordo sui compensi raggiunto a mezzo dello scambio di mail. Il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale
Conclusioni
In conclusione, può affermarsi che se vi è stata una determinazione anticipata dei compensi dovuti al professionista e se questi ha fornito al lettore un preventivo scritto (tale può considerarsi la mail) esso appare vincolante sia per l’una che per l’altra parte. Solo in assenza di accordo, sarà possibile far riferimento ai parametri ministeriali che, in effetti, potrebbero giustificare la richiesta formulata dall’avvocato nella fase finale del rapporto professionale col lettore. Il professionista non negherà di aver ricevuto eventuali somme in contanti, anche in considerazione della trilateralità del rapporto con l’altro avvocato che ha tentato una composizione bonaria e, dunque, è a conoscenza di tutto. Al Consiglio dell’ordine degli avvocati che si sta occupando della questione sarà opportuno fornire copia della corrispondenza intercorsa, eliminando quella che riguarda il merito della causa ed i rapporti personali, e concentrandosi, invece, su quella che riguarda la richiesta di preventivo ed il preventivo medesimo come reso noto al lettore e anche all’altro avvocato che si è occupato delle udienze. Il ricorso ai parametri, infatti, scatterebbe solo se emergerà che non vi era stato un accordo preliminare per la determinazione dei compensi. In ogni caso il Consiglio dell’ordine deve tentare la conciliazione e, solo se questa non riesce, può rilasciare a richiesta dell’avvocato un parere sulla congruità della parcella.
Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Vincenzo Rizza