Come ottenere trasferimento pubblica amministrazione
Il trasferimento nella pubblica amministrazione prevede la mobilità volontaria e d’ufficio; l’assegnazione può essere temporanea e d’attività: anche all’estero
Quando si parla di trasferimento nell’ambito di una pubblica amministrazione sono molti i casi da tenere in considerazione. Andiamo a conoscerli meglio.
Districarsi nell’universo dell’assegnazione di un posto di lavoro e di una sede presso una pubblica amministrazione è complicato quanto muoversi con i mezzi pubblici dentro una città. Per questo, forse, – in luogo di trasferimento – si può parlare di mobilità. Allora ci si chiede: il dipendente pubblico che voglia chiedere un trasferimento per motivi personali a un’altra
Indice
Normativa e mobilità volontaria
A regolamentare il tema del trasferimento in una pubblica amministrazione è il cosiddetto Testo Unico sul pubblico impiego [1], anche se successive normative sono subentrate a incrementare tale disciplina [2]. Un aspetto importante è la cosiddetta domanda di mobilità: essa può essere accolta oppure rigettata (il trasferimento, poi, dovrà essere effettuato nei 15 giorni di tempo successivi).
La legge consente alle pubbliche amministrazioni di utilizzare tale pratica in caso di necessità. Laddove mancassero unità di personale in una pubblica amministrazione, possono essere richiesti – con questa misura appunto – dei dipendenti esterni per ricoprire i posti vacanti. I lavoratori provenienti da altra amministrazione cesseranno il rapporto di lavoro con quest’ultima per essere inseriti in quella nuova, pur continuando a coprire il posto precedente nelle dotazioni organiche dell’amministrazione di appartenenza.
Tale passaggio può essere diretto; deve, però, innanzitutto sussistere la disponibilità reciproca tra amministrazioni differenti senza che cambi l’ambito lavorativo del lavoratore. Nel caso in cui vada a ricoprire una posizione lavorativa superiore per particolari esigenze dell’amministrazione, allora il dipendente sarà soggetto alle regole e alle remunerazioni previste per tale carica di livello più alto. Il grado di qualifica, infatti, dovrebbe essere equivalente per garantire la cosiddetta necessaria neutralità finanziaria. Pertanto viene utilizzata un’apposita “tabella di equiparazione” che inquadra e classifica, delineando i vari livelli di inquadramento nel rispetto dei dettami previsti dai contratti collettivi [3].
Durata e assegnazione temporanea per il trasferimento
Ma una volta trasferito, il dipendente che si trovi nella cosiddetta posizione di comando lavorerà per la nuova amministrazione a tempo indeterminato? Cesserà per sempre qualsiasi rapporto con la “vecchia” sede? No, non è così. Il rapporto di lavoro con la precedente amministrazione non si concluderà, in quanto la sua
La legge prevede, infatti, che tale possibilità di passaggio tramite “posizione di comando” possa avvenire previa informazione dei sindacati e per un periodo massimo di un anno. Vi può essere un’ulteriore proroga solamente una volta. A questa regola generale, si affiancano eccezioni in casi particolari: ovvero l’interruzione del comando prima dello scadere dei dodici mesi su richiesta dell’interessato o dell’amministrazione oppure un tetto massimo fissato a sei mesi al momento dell’assegnazione. Ciò non vale se la “posizione di comando” concerne uffici di diretta collaborazione del Ministro e dei sottosegretari, in quanto qui non c’è limite temporale.
Ma il trasferimento in “posizione di comando” può diventare un’opportunità per fare carriera e salire di grado professionale? No, perché in ogni caso l’inquadramento deve avvenire nella stessa area funzionale ed economica posseduta presso l’amministrazione di provenienza. Infatti, in caso di posti vacanti, una pubblica amministrazione deve procedere – prima di istituire bandi o concorsi pubblici – alla cosiddetta stabilizzazione e regolarizzazione del personale che si trova esclusivamente in tale tipo di posizione lavorativa.
Mobilità d’ufficio, assegnazione ‘forzata’
Dunque si può richiedere un trasferimento per fare carriera? No. Esistono, viceversa, anche dei casi “forzati”. Ad esempio dovuti a un esubero di personale rispetto alle strette necessità della pubblica amministrazione o alle sue possibilità economiche. Eccedenze dovute a un soprannumero di unità di personale che vanno re-distribuite in modo diverso e più funzionale al corretto e migliore funzionamento appunto dell’attività amministrativa. Per questo il trasferimento può ‘trasformarsi’ in una mobilità collettiva e d’ufficio, all’interno della stessa amministrazione o in altra sede.
Una volta informato preliminarmente il Dipartimento della funzione pubblica, l’ente pubblico dovrà avvertire sia le rappresentanze unitarie dei lavoratori che le organizzazioni sindacali. Dopo dieci giorni dalla comunicazione, l’ente potrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con i dipendenti che hanno raggiunto già i 40 anni di contributi.
A partire da 90 giorni dalla comunicazione, inoltre, tutto il personale, che non è stato possibile ricollocare presso altre amministrazioni, entrerà nella cosiddetta
Redatti appositi elenchi con relativa graduatoria, questi dipendenti potranno essere ricollocati successivamente, in base all’anzianità di iscrizione, presso amministrazioni che abbiano necessità di integrare il proprio organico e che abbiano avanzato una richiesta di concorso pubblico; la Funzione pubblica, in tal caso, provvede ad assegnare d’ufficio il personale in mobilità.
Trasferimento d’autorità, anche in Stati stranieri e comunitari
Ma non è tutto. Esiste anche un tipo particolare di trasferimento dovuto a ragioni di qualifiche possedute dal dipendente e necessarie all’amministrazione per offrire un servizio qualitativamente più alto. Scelte dettate dalle competenze tecniche, per soddisfare esigenze anche organizzative e produttive.
Tutto ciò in base a quella che viene definita “una migliore valutazione della performance” – cui qualsiasi ente è soggetto – da parte del cosiddetto Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) della performance, appunto