Direzione distrettuale e nazionale antimafia e antiterrorismo

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Come funzionano le indagini in ambito di reati a stampo mafioso o terroristico con la DDA e DNA.

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Per arginare la crescente diffusione dell’attività criminale organizzata, mafiosa e camorristica, sul territorio nazionale, il legislatore ha ritenuto opportuno concentrare in poche mani le indagini preliminari relative a tali tipi di reati. A tal fine ha ampliato la sfera di competenza territoriale delle maggiori Procure della Repubblica con le disposizioni contenute nel D.L. 20-11-1991, n. 367 (conv. in L. 8/1992) che ha modificato l’art. 51 del c.p.p., aggiungendo i commi 3bis e seguenti. È previsto, infatti, che allorché si proceda per i delitti consumati o tentati di cui agli artt. 416, comma 6 e 7, 416, realizzato allo scopo di commetterre taluno dei delitti di cui all’art. 12, c. 3 e 3ter, D.Lgs. 286/1998

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[1], 416, realizzato allo scopo di commettere delitti di cui agli artt. 473 e 474, 600, 601, 602, 416bis, 416ter e 630 c.p. e per altri delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416bis (i cd. reati mafiosi), o per il delitto previsto dall’art. 74 del T.U. 309/90 (associazione per il traffico di stupefacenti), per il delitto di cui all’art. 291quater D.P.R. 43/1973 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri), per il delitto di cui all’art. 260 D.Lgs. 152/2006 (traffico illecito di rifiuti) ovvero per delitti commessi per finalità di terrorismo (art. 51, c. 3quater), ovvero ancora per i delitti in materia di pedopornografia, di reati informatici, di intercettazione abusiva (art. 51, c. 3quinquies), lo svolgimento delle indagini preliminari sono affidate alla Procura della Repubblica del capoluogo del distretto di Corte di Appello ove ha sede il giudice competente. Ciò significa, ad esempio, che sebbene un reato di mafia sia commesso ad Agrigento, competente a svolgere le indagini è la Procura della Repubblica di Palermo. Il D.L. 367/91, modificando l’Ordinamento Giudiziario, ha previsto che presso ogni Procura della Repubblica sita nel capoluogo di Corte di Appello, sia costituito uno specifico ufficio destinato alla cura delle predette indagini e denominato «
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Direzione distrettuale antimafia». A tale direzione sono assegnati magistrati scelti direttamente dal Procuratore della Repubblica che assume in prima persona la guida della direzione, eventualmente affidandola ad un suo delegato.

La modifica della competenza per lo svolgimento delle indagini preliminari ha determinato anche una parallela modificazione della competenza territoriale del G.I.P. Infatti, per i cd. delitti di mafia, le funzioni di G.I.P. e di G.U.P. [2] sono esercitate dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto nel cui ambito è stato commesso il reato.

In pratica, quando per le indagini relative ad un reato procede la Direzione distrettuale antimafia, che ha sede presso la procura del tribunale del capoluogo della corte di appello ove è sito il giudice competente (art. 51, comma 3bis), le funzioni di giudice delle indagini preliminari sono svolte dal GIP presso il tribunale del predetto capoluogo (art. 328, comma 1bis c.p.p.). A titolo esemplificativo, se un delitto di mafia è commesso ad Avellino, le indagini saranno svolte dalla DDA presso la Procura della Repubblica di Napoli e le funzioni di G.I.P. da un magistrato del tribunale di Napoli. Inoltre, dopo l’esercizio dell’azione penale, anche le funzioni di giudice dell’udienza preliminare (G.U.P.) devono essere svolte da un magistrato del tribunale del capoluogo (per tornare all’esempio fatto in precedenza, dal G.U.P. di Napoli).

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Il collegamento ed il coordinamento di tutte le direzioni distrettuali antimafia (D.D.A.) è affidato ad una «Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo» (D.N.A.) costituita nell’ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione. Al suo vertice è destinato il «Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo» scelto dal C.S.M. tra magistrati con specifica competenza.

Alla D.N.A. sono assegnati, in qualità di «sostituti», magistrati, con qualifica non inferiore a quella di magistrato di Corte di Appello, anch’essi nominati dal C.S.M.

Una vera e propria funzione di direzione delle indagini è, quindi, affidata al Procuratore della D.N.A., ora anche antiterrorismo.

La L. 43/2015 (cd. decreto antiterrorismo) introduce una novità rilevante dal punto di vista istituzionale, concernente l’attribuzione all’attuale Direzione nazionale antimafia e al Procuratore nazionale antimafia di competenze aggiuntive in materia di coordinamento del contrasto al terrorismo, con conseguente loro trasformazione — rispettivamente — in

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Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e in Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Nell’ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Al Procuratore Nazionale sono attribuite le funzioni previste dall’art. 371bis c.p.p. Egli gode di una posizione di larga autonomia, da esercitare; peraltro, il procuratore generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e sulla relativa Direzione nazionale.

Il Procuratore nazionale antimafia è, infatti, l’organo del pubblico ministero chiamato a coordinare le indagini operate dalle ventisei procure distrettuali antimafia, istituite presso i tribunali dei capoluoghi di distretto di Corte d’appello, esercitando poteri di indirizzo, impulso, direzione ed avocazione delle indagini. Analiticamente, le funzioni svolte dalla DNA sono indicate dall’art. 371bis (come modificato dalla 43/2015, cd. decreto antiterrorismo).

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A tenore dell’art. 371bis il Procuratore Nazionale Antimafia ed antiterrorismo:

A tal fine l’art. 105 del Codice antimafia (che ha sostituito l’art. 110bis dell’ordinamento giudiziario) dispone che per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell’articolo 51, co. 3bis, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, il procuratore nazionale antimafia possa applicare non solo «i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia», ma anche «con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali». Analoga applicazione di magistrati può essere disposta dal Procuratore nazionale antimafia per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale (art. 106 del Codice antimafia, già art. 110ter dell’ordinamento giudiziario);

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A tal fine l’articolo 117, co. 2bis, prevede che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,accede al registro delle notizie di reato, al registro di cui all’articolo 81 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo accede, altresì, alle banche di dati logiche dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell’ambito della banca di dati condivisa della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo L’art. 18bis dell’ordinamento penitenziario (l. 354 del 1975) prevede altresì che il Procuratore nazionale antimafia, ai fini dell’esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento, possa procedere a colloqui personali con detenuti e internati, senza necessità di autorizzazione;

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Si ricorda che, ai sensi dell’art. 54ter, quando sussiste un contrasto, negativo o positivo, in materia di criminalità organizzata, tra pubblici ministeri di uffici distrettuali diversi, il procuratore generale presso la Cassazione provvede, sentito il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; analogamente, se il contrasto è tra ufficio distrettuale e procura circondariale dislocata presso un tribunale non distrettuale, deve essere risolto dal procuratore generale presso la corte d’appello, che dovrà informare dei provvedimenti adottati il procuratore nazionale antimafia;

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