Riforma donazioni: ecco come un erede potrà fregare gli altri legalmente
La nuova legge sulle donazioni cancella la tutela verso terzi acquirenti. Ora un erede può vendere il bene ricevuto e sparire, beffando i coeredi.
Una vera e propria rivoluzione, mascherata da semplificazione, si abbatte sul diritto successorio italiano, scardinando tutele vecchie di ottant’anni e introducendo una pericolosa scappatoia a vantaggio degli eredi più scaltri e privi di scrupoli. Con il nuovo Ddl Semplificazioni, approvato al Senato e ora in attesa del via libera della Camera, la circolazione dei beni di provenienza donativa viene liberalizzata, ma a un prezzo altissimo: la quasi totale cancellazione delle garanzie per i legittimari. Il testo, presentato come una misura per fluidificare il mercato immobiliare e creditizio, nasconde infatti un meccanismo che permetterà a un
Indice
Cosa cambia in concreto con la nuova legge sulle donazioni?
La modifica legislativa contenuta nel Ddl Semplificazioni interviene per sradicare uno dei più noti ostacoli alla vendita di immobili: la provenienza da un atto di donazione. Secondo la normativa finora in vigore, un bene immobile o mobile ricevuto in donazione portava con sé un’ombra di incertezza per un periodo di vent’anni dalla donazione stessa. Se, alla morte del donante, si scopriva che quella donazione aveva leso la
La riforma cancella con un colpo di spugna questa possibilità. Una volta che la nuova norma entrerà in vigore, l’erede legittimario leso non potrà più bussare alla porta del terzo acquirente. L’acquisto di chi ha pagato per avere quel bene, così come l’ipoteca della banca, diventano intoccabili. Tutta la complessa architettura di tutele, che aveva generato fiumi di inchiostro tra giuristi e notai e persino un fiorente mercato di polizze assicurative ad hoc, viene smantellata in nome della sicurezza dei traffici giuridici.
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Qual è il meccanismo per beffare gli altri eredi legittimari?
L’apparente progresso verso la semplificazione nasconde una falla che potrebbe rivelarsi devastante per l’equità nelle successioni. Immaginiamo uno scenario purtroppo non infrequente: un genitore, in vita, dona la sua unica casa di pregio a uno solo dei suoi tre figli, ledendo palesemente la quota di legittima degli altri due.
Con la legge attuale, alla morte del padre, gli altri due figli potrebbero agire in riduzione e, se il fratello donatario avesse nel frattempo venduto l’immobile, potrebbero comunque chiederne la restituzione al nuovo proprietario.
La riforma donazioni apre invece la porta a una beffa legalizzata. Il figlio favorito, una volta deceduto il genitore, non dovrà fare altro che vendere rapidamente l’immobile a un terzo. A quel punto, gli altri due fratelli potranno certamente intentare una causa contro di lui per ottenere il valore della loro quota di legittima, ma la loro si trasformerà in una semplice pretesa di denaro. A questo punto, al
Quando i fratelli otterranno la loro sentenza favorevole, si troveranno di fronte un debitore ufficialmente nullatenente. Il loro diritto, sancito da un giudice, rimarrà sulla carta, perché non potranno più aggredire l’unico bene di valore, la casa di famiglia, che nel frattempo è stata venduta ed è ora al sicuro nelle mani di un acquirente inattaccabile.
Perché la tutela dei legittimari viene di fatto annullata?
L’impianto del Codice Civile ha sempre bilanciato due esigenze: la libera circolazione della ricchezza e la protezione del nucleo familiare attraverso l’istituto della legittima.
Questa riforma donazioni segna una netta e sbilanciata vittoria della prima sulla seconda. La tutela dei legittimari viene ridotta a un mero diritto di credito verso il donatario. Si passa da una tutela “reale”, che consentiva di recuperare il bene fisico, a una tutela “obbligatoria”, che si risolve in una richiesta di denaro.
La trasformazione è tutt’altro che neutrale. Il valore di un diritto di credito dipende interamente dalla solvibilità del debitore. Se il donatario è insolvente, o si rende tale con malizia, il diritto del legittimario si azzera.
Il legislatore del 2025, con il Ddl Semplificazioni, ha evidentemente ritenuto che la stabilità del mercato immobiliare e la facilitazione nell’accesso al credito bancario siano valori di pregio superiore rispetto alla tutela dei discendenti e del coniuge del defunto.
Di fatto, si sta dicendo ai legittimari che la loro unica speranza è la capienza del patrimonio di chi ha ricevuto la donazione lesiva, trasformando un diritto un tempo solidissimo in una scommessa sull’onestà e sulla liquidità di un coerede.
Quali interessi prevalgono con questa riforma del Codice Civile?
È evidente che dietro la bandiera della “semplificazione” si muovono interessi economici ben precisi. A beneficiare di questa riforma sono in primo luogo le banche e il mercato immobiliare. Gli istituti di credito potranno concedere mutui su beni di provenienza donativa senza più temere il rischio di un’azione di restituzione che cancellerebbe le loro ipoteche. Allo stesso modo, il mercato degli immobili donati, finora frenato dalla potenziale litigiosità, diventerà molto più fluido e appetibile.
Tuttavia, questa scelta legislativa solleva un interrogativo profondo sulla gerarchia dei valori nel nostro ordinamento. La protezione della famiglia, intesa come luogo di solidarietà e di trasmissione di valori anche patrimoniali, viene subordinata alle esigenze del commercio. La riforma donazioni non si limita a risolvere un problema tecnico legato alla circolazione dei beni, ma incide profondamente sulla cultura giuridica del Paese, indebolendo uno strumento, la quota di legittima, pensato per garantire un minimo di solidarietà post-mortem e per evitare che il patrimonio di una vita venga arbitrariamente sottratto ai congiunti più stretti. Il rischio concreto è che, in nome di una maggiore efficienza del mercato, si aprano le porte a ingiustizie familiari prima impensabili, legalizzando di fatto una strategia per diseredare i parenti sgraditi.