Regali di nozze e fisco: cosa si rischia?
Soldi dei regali di matrimonio versati in contanti: cosa succede se marito e moglie spendono di più di quello che dichiarano? Rischiano un accertamento fiscale?
I regali di nozze costituiti da donazioni in denaro vanno pagati con assegno o possono essere dati in contanti? Se lo chiede ancora qualche coppia a causa di una bufala, apparsa su internet qualche tempo fa, secondo cui il governo avrebbe emanato una norma che vieta le buste di soldi ai novelli sposi. Nessuna legge di questo tipo è stata mai adottata dal nostro Stato e anche per i regali di matrimonio resta il limite di 3.000 euro all’uso dei contanti. Quindi, sì all’uso del cash fino a 2.999,99 euro. Ma attenzione: il rispetto della normativa antiriciclaggio non mette al sicuro da quella invece di carattere fiscale. E se anche non esiste alcuna disposizione in materia tributaria che imponga i pagamenti con bonifico o assegno, questa è sicuramente la modalità migliore per evitare accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Perché? Semplice: se il fisco dovesse accorgersi che il contribuente ha speso in un anno più di quello che ha guadagnato può chiedergli chiarimenti e, se mancano prove documentali a giustificare la sua “innocenza”, sottoporlo a ulteriore tassazione e sanzioni. Ma cosa succede alla coppia che si è appena sposata e che dispone di una forte liquidità grazie proprio alle donazioni in denaro ricevute dagli invitati? Nel confronto tra
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Regali di matrimonio: vanno indicati nella dichiarazione dei redditi?
Partiamo da un interrogativo che spesso chi si sposa pone al proprio commercialista: «Abbiamo ricevuto molte buste con soldi in contanti. Ora abbiamo circa 15mila euro. Li dobbiamo dichiarare?» La risposta è negativa. Le donazioni non vanno riportate nella dichiarazione dei redditi e quindi non vanno “denunciate” al fisco. Tuttavia è sempre bene tenere prova documentale del loro ricevimento per ciò che si dirà nel prossimo paragrafo. L’ideale sarebbe farsi bonificare i soldi direttamente sul conto corrente con la causale «Regalo di nozze» oppure ottenere un assegno non trasferibile. Non che l’uso dei contanti sia vietato, almeno fino a 3mila euro; ma nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse rilevare dei consumi incompatibili con quanto guadagnato e potrebbe chiedere chiarimenti. E allora il contribuente sarebbe obbligato a difendersi se non vuole venire “accertato”.
Uso dei contanti: i rischi di un accertamento fiscale
Abbiamo appena spiegato, seppur sinteticamente, che disporre di una cospicua somma di contanti può comportare un accertamento fiscale se tale disponibilità economica non viene riportata nella dichiarazione dei redditi, a prescindere dal fatto che la legge non imponga di dichiarare l’incremento di ricchezza. L’esempio tipico è quello di una donazione. La donazione non va dichiarata al fisco; ma se coi soldi ricevuti il beneficiario acquista una casa che non potrebbe altrimenti permettersi, l’Agenzia delle Entrate gli chiede come ha fatto a pagare il prezzo. L’interessato dovrà difendersi e dimostrare da dove proviene la maggiore disponibilità economica. Prova che deve necessariamente essere di tipo documentale: non bastano cioè testimonianze ma ci vogliono atti pubblici (l’atto di donazione rogitato davanti al notaio) o altri documenti scritti (come un estratto di conto corrente con la lista dei movimenti oppure la copia di un assegno).
Chi spende tutti i soldi di nozze in un’unica volta deve fare i conti con il fisco
Regali di matrimonio in contanti: sono un rischio?
Traduciamo quanto appena detto in un contesto ove due persone si sono appena sposate e hanno ricevuto le tradizionali buste con soldi in contanti da parte degli invitati e dei parenti. Questi soldi vengono subito depositati sul conto corrente dopo due giorni dalla funzione di modo ché ci sia la dimostrazione che la liquidità sia proprio il frutto delle donazioni.
I regali non vanno denunciati al fisco e quindi su di essi non si pagano le tasse. E questa è già una buona notizia.
La seconda buona notizia è che, se i soldi vengono spesi per beni di consumo che non implicano il rilascio di una fattura, la spesa non sarà mai rilevata dall’Agenzia delle Entrate e non si porranno problemi di un eventuale accertamento. Difatti gli acquisti a fronte dei quali viene rilasciato il semplice scontrino restano anonimi. Si pensi al caso di un materasso, di una camera da letto, di un divano, di un televisore, ecc.
Altra buona notizia è che i soldi possono essere lasciati sul conto corrente e prelevati, di volta in volta, al momento del bisogno. Difficilmente, con gli strumenti che ha oggi, il fisco potrà andare a verificare la giacenza sul conto e contestarla.
Al matrimonio è meglio chiedere un bonifico che la busta
Potrebbe succedere però che la coppia, proprio grazie alla maggiore disponibilità, faccia delle spese superiori alle proprie possibilità, spese che vengono comunicate all’Agenzia delle Entrate (tra queste un viaggio all’estero, un’automobile, ecc.). Quali sono i rischi?
Secondo la Cassazione, fornendo la prova documentale che i soldi sono il frutto di regali di matrimonio, l’Agenzia delle Entrate non può fare nulla. Questo perché, come detto, una volta che il contribuente ha dimostrato la natura non imponibile della maggiore disponibilità economica (appunto i soldi delle donazioni) non può subire un accertamento fiscale. Dunque, il meccanismo è il seguente:
- il fisco accerta che il livello di spesa è superiore alle possibilità del contribuente, almeno a quelle indicate nella dichiarazione dei redditi;
- l’Agenzia delle Entrate invia un invito al contribuente chiedendogli di spiegare da dove provengono i soldi “in più”;
- questi deve dimostrare che si tratta di somme già tassate alla fonte (e pertanto da non portare una seconda volta nella dichiarazione dei redditi) come nel caso delle vincite al gioco; oppure che si tratta di somme ricevute da donazioni (anche in questo caso da non indicare nella dichiarazione);
- la prova che deve fornire il contribuente è documentale;
- se l’Agenzia delle Entrate ritiene dimostrata la natura “non reddituale” della maggiore disponibilità economica non procede, altrimenti presume che si tratta di redditi “in nero” e invia l’accertamento fiscale. Nei successivi 60 giorni il contribuente può impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, il giudice cioè chiamato a risolvere le controversie con il fisco.
La Cassazione ha ribadito proprio questi principi, sottolineando però che la dimostrazione delle donazioni da matrimonio deve essere data con documenti. Ma abbiamo anche detto che le buste vengono (e possono essere) date in contanti. Cosa deve fare il contribuente? Sicuramente, come anticipato, il metodo migliore per non avere mai problemi è farsi dare assegni o bonifici. Quando ciò dovesse mancare, si suggerisce di depositare in banca la cifra all’indomani del matrimonio in modo da far notare la coincidenza di date tra la liquidità e la cerimonia. L’alternativa è evitare di usare i soldi per spese “tracciabili”.