Vendita immobile ad un solo figlio

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Si può vendere una casa a un figlio escludendo gli altri? Come dimostrare che si tratta di una vendita fittizia che nasconde una donazione?

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Perché mai vendere un immobile a un figlio? Il più delle volte, dietro un atto del genere, si nasconde una finzione: l’intenzione cioè del genitore di anticipare la ripartizione del proprio patrimonio rispetto a quella che, altrimenti, dovrebbe fare con il testamento.

Ma perché allora eseguire una vendita rispetto a una donazione che, almeno sotto un profilo fiscale, è più economica e agevole (non c’è, ad esempio, bisogno del passaggio di denaro)? Ci sono diverse ragioni. La prima, ad esempio, è evitare le possibili contestazioni da parte degli altri eredi che potrebbero ritenere lese le proprie quote di “legittima”. Dall’altro lato c’è la difficoltà a rivendere un immobile proveniente da una donazione, attesa appunto la possibile azione degli eredi, esperibile per 10 anni.

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Questo non toglie che la vendita di immobile a un solo figlio può anche essere oggetto di opposizione da parte degli altri familiari, intenzionati a far accertare al giudice l’intento simulatorio perseguito dalle parti (venditore e acquirente) e a rivelare che, nella loro reale intenzione, si nasconde una donazione.

Una recente sentenza del tribunale di Latina [1] – ripercorrendo gli orientamenti già espressi dalla Cassazione – si è occupata di questo tema, spiegando come provare la simulazione di un contratto.

Di tanto parleremo qui di seguito: proveremo a rispondere alle domande più frequenti che, sul tema, vengono normalmente presentate all’avvocato.

Un figlio può comprare la casa dal genitore?

In generale, non esiste alcuna norma che vieti ai figli di comprare la casa dai genitori. Né esiste un

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divieto per i genitori di vendere la casa ai figli. È tuttavia necessario che l’atto non presenti finalità fraudolente, volte a pregiudicare i diritti dei terzi quali, ad esempio, i creditori del venditore o i suoi eredi legittimi.

I primi (ossia i creditori) potrebbero, infatti, essere pregiudicati da una vendita (fittizia o meno) che abbia l’intento di sottrarre i beni del debitore ad un eventuale pignoramento.

I secondi (ossia gli eredi legittimi) potrebbero essere danneggiati qualora la rispettiva quota di eredità legittima (quella cioè spettante loro per legge) venga ridotta da una vendita fittizia che, in realtà, nasconde una simulazione. Vediamo singolarmente queste due ipotesi.

Vendita immobile a un solo figlio e tutela dei creditori

Immaginiamo che Luigi abbia un grosso debito con Antonio e teme che quest’ultimo, prima o poi, gli pignori la casa. Così decide di vendere la sua unica casa al figlio Romeo. Romeo paga regolarmente il prezzo al padre, seppur enormemente ridotto rispetto a quello di mercato. Cosa può fare Antonio per

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tutelare il proprio credito? La legge gli concede due diverse azioni.

La prima è la cosiddetta azione revocatoria. Con questa azione, da intraprendere però entro massimo 5 anni dal rogito, può far dichiarare inefficace, nei propri confronti, l’atto di vendita, a prescindere dal prezzo che sia stato pagato (quindi anche se proporzionato al valore del bene). Con il risultato che potrà pignorare la casa anche se non è mai stata iscritta ipoteca e trasferita a un’altra persona.

Per esercitare l’azione revocatoria, però, il creditore deve:

La seconda tutela del creditore è l’azione revocatoria (per la cosiddetta «simulazione assoluta» ossia quando le parti hanno firmato un contratto del quale non vogliono gli effetti). In tal caso, l’azione può essere esperita senza limiti di tempo, tuttavia è necessario dimostrare che la vendita è falsa e, in realtà, nasconde una simulazione. Quali sono queste prove? Lo diremo più avanti.

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Vendita immobile a un solo figlio e tutela degli altri eredi

Immaginiamo Roberto che abbia tre figli e una seconda moglie. Prima di morire, vorrebbe assicurarsi che la sua casa principale vada a Lucia, la sua figlia prediletta che si è occupata di lui anche in vecchiaia. Tuttavia, Roberto sa che se dovesse fare sperequazioni sulla divisione del proprio patrimonio, dando più a un figlio rispetto agli altri, questi ultimi potrebbero impugnare le sue donazioni o il testamento rendendoli nulli (la cosiddetta azione di lesione della legittima). Difatti, la legge impone di assegnare a figli e coniugi una quota “fissa” del patrimonio del defunto (cosiddetta «legittima»). Allora Roberto, consigliato dal suo avvocato, finge una vendita a Lucia. L’atto riporta un corrispettivo molto inferiore al prezzo reale, corrispettivo che non viene mai versato. Nello stesso tempo, Roberto cede a Lucia solo la nuda proprietà del bene, riservandosi l’usufrutto vita natural durante.

Cosa possono fare gli altri pregiudicati da tale

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finta vendita? Anche loro possono esperire l’azione simulatoria (in questo caso però si parla di «simulazione relativa»: è stato firmato un atto diverso da quello che effettivamente si voleva sottoscrivere). Il termine è di 10 anni.

Quali prove per dimostrare una vendita fittizia?

I terzi – come creditori ed eredi lesi – possono fornire al giudice qualsiasi prova per dimostrare la simulazione.

La simulazione del contratto è desumibile anche dalla valutazione globale e convergente di fatti noti all’esito dell’operazione. Il giudice può, quindi, basarsi su una serie di indizi come:

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