Prima la rinchiude in camera, poi la violenta: per i giudici non è sequestro di persona

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Chiude a chiave la vittima nella stanza e abusa di lei: condannato solo per violenza sessuale.

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È stato assolto dal reato di sequestro di persona un uomo che ha violentato una donna dopo averla chiusa a chiave in camera da letto. Secondo i giudici della Cassazione [1],“il fatto non sussiste”. Resta solo la condanna per violenza sessuale. Come mai? Per quali ragioni c’è stata l’assoluzione dal primo – seppur grave – reato?

Una notizia di per sé giornalistica, che potrebbe suscitare un certo scalpore, ha però una giustificazione legale: si tratta di una regola del diritto penale che, piaccia o meno, in questa occasione è stata applicata in modo corretto.

Il principio generale è che non si può far scontare a una persona due condanne per lo stesso comportamento. Bisogna tenere conto che esistono comportamenti illeciti che, per essere realizzati, ne presuppongono altri, altrettanto illeciti. Così è insito nella violenza sessuale la costrizione fisica della vittima, l’impedimento alla sua libertà. Del resto, se la vittima potesse scappare si potrebbe tutt’al più parlare di “tentata violenza sessuale” e non di “consumata”. Risultato: il

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delitto di sequestro di persona è assorbito in quello di violenza sessuale, quando la privazione della libertà personale della vittima si protrae per il tempo strettamente necessario a commettere l’abuso sessuale, come è stato ravvisato nel caso concreto, vista la concomitanza tra sequestro e abusi.

Se, invece, l’uomo avesse chiuso la donna in una camera per più giorni solo per averla “a sua disposizione” nei momenti degli abusi si sarebbero realizzati i due reati.

La Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso proposto dall’uomo, osservando che la sua condotta, anche se astrattamente idonea ad integrare il sequestro di persona, risulta assorbita nella successiva e più grave condotta di violenza sessuale per la quale soltanto va punito.

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