Enti no profit: cosa sono e come funzionano?

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Cosa sono gli enti no profit e quali regole disciplinano il loro funzionamento? Vediamolo insieme anche alla luce della riforma del terzo settore

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Oggi si sente molto parlare di no profit e terzo settore. Ma non tutti hanno ben chiaro cosa siano le associazioni non profit, come operino e secondo quali regole funzionino. Cerchiamo di capirlo insieme partendo dal significato letterale dell’espressione non profit.

Cosa vuol dire l’espressione non profit?

L’espressione non profit è una locuzione di origine angloamericana, dove la negazione “

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non” unita al sostantivo “profit” è stata utilizzata per indicare quelle organizzazioni che operano senza scopo di lucro e, dunque, di profitto.

Le organizzazioni non profit, infatti, sono parte del cosiddetto Terzo settore (terzo perché si colloca tra lo Stato e il mercato) e si caratterizzano per avere come obiettivo il bene comune. Con il termine no profit si indicano le attività svolte non professionalmente e senza scopo di lucro, che quindi perseguono un fine diverso dal profitto. In realtà, per essere precisi, le associazioni non profit possono svolgere attività a pagamento e possono conseguire profitti, ma non possono dividerli tra i soci (a differenza di quanto avviene nelle società commerciali). I soldi incassati dall’ente no profit vengono accantonati e riutilizzati dallo stesso per finanziare le sue attività e raggiungere i suoi scopi statutari.

Enti no profit: quale forma giuridica assumono?

Da un punto di vista giuridico, gli enti no profit possono essere strutturati in diverse forme, quali ad esempio:

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Da un punto di vista fiscale, invece, gli enti no profit possono assumere una delle seguenti vesti:

Enti no profit: ecco il Codice del Terzo settore

La disciplina degli enti no profit, con l’adozione del Codice del Terzo settore [2] trova finalmente specifica e dettagliata disciplina. Era da almeno 20 anni che non veniva approvata una normativa così importante nell’ambito del Terzo settore e che potenzialmente interesserà tutte le associazioni.

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L’adozione del Codice del Terzo settore e dei decreti attuativi nell’estate del 2017, però, non ha portato la disciplina alla sua piena operatività per diversi ordini di ragioni. In primo luogo perché i decreti attuativi a loro volta rimandano ad ulteriori decreti – circa quaranta – da approvarsi da parte dei singoli ministeri. Poi perché le disposizioni e gli incentivi fiscali che comportano benefici a vantaggio degli enti del Terzo settore potranno entrare in vigore solo dopo che la Commissione Europea avrà dato atto che essi non costituiscono un fenomeno distorsivo della concorrenza e quindi ad oggi non sono operativi.

In ogni caso la nuova disciplina sostituisce tutte le vecchie normative del settore, raggruppando in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore. Saranno 7 le nuove tipologie di enti:

È prevista la nascita del

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Registro unico nazionale del Terzo settore (detto Runts) che andrà a riunire e sostituire gli oltre 300 registri ed elenchi oggi esistenti. Gli Enti del Terzo settore, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma come ad esempio incentivi fiscali maggiorati per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali.

La nuova disciplina amplia anche la platea dei destinatari del beneficio del 5Xmille, estendendola a tutti gli enti del terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale, con la previsione di meccanismi di trasparenza che rendano conto ai cittadini di come gli enti impiegheranno le risorse ricevute.

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