Sms molesti anonimi: possibile risalire al nome del mittente?

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Sms ricevuto da un mittente sconosciuto con numero inesistente: si può rintracciare il responsabile e denunciarlo?

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Esistono diversi siti internet che consento di inviare SMS anonimi, in forma gratuita, senza registrazione e quindi “sganciati” da un’utenza telefonica. Ma cosa succede se tali messaggi hanno un contenuto illecito, contengono tentativi di phishing o di truffa oppure se sono minacciosi? È possibile risalire al nome del mittente di sms anonimi e molesti?

Ipotizziamo un caso (peraltro non infrequente) di molestie telefoniche, stalking, tentativo di estorsione o una grave minaccia nei confronti. Cosa può fare la vittima di tali condotte?

Le possibilità di risalire a chi ha inviato il messaggio sono praticamente nulle per il privato. Anche nelle ipotesi in cui il numero del mittente dovesse risultare “visibile”, per conoscere l’intestatario dell’utenza telefonica è necessario sempre fare una specifica richiesta all’operatore telefonico il quale tuttavia, per una questione di privacy, non può fornire tali informazioni, a meno che non vi sia un ordine del giudice o di un’autorità di pubblica sicurezza.

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Le autorità hanno il potere di intervenire e tentare di scoprire il colpevole anche quando il messaggio è anonimo. Come?

Innanzitutto bisogna sporgere una querela contro ignoti. La si può presentare presso la Polizia Postale, ai Carabinieri o direttamente in Procura della Repubblica.

La stessa va depositata entro massimo 3 mesi da quando è stato ricevuto il messaggio molesto.

Naturalmente non è possibile presentare una querela se il contenuto dell’SMS non integra un reato, ad esempio quello di minaccia, stalking o molestie.

Si ricorda invece che la semplice offesa – che integra una ingiuria – non è più reato. Quindi un messaggio che contenga un semplice insulto non potrà mai dar luogo a un procedimento penale, a meno che non si tratti di almeno due invii in un arco di tempo relativamente breve: in tale ipotesi, infatti, la condotta è inquadrabile nel reato di molestie telefoniche che è un illecito penale.

L’Autorità, in questo caso, procederà alle opportune indagini e ordinerà, all’operatore telefonico, la comunicazione dei dati del mittente. In questo modo, l’interessato potrà venire a conoscenza dell’anonimo utente. Affinché ciò avvenga, come detto sopra, oltre al decorso di un lasso di tempo significativo (alcuni mesi) è anche necessario, che gli inquirenti ravvisino ipotesi di reato.

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C’è però un’importante novità che scaturisce dalla sentenza della Cassazione n. 7358/2024 del 19 febbraio 2024. Tale pronuncia si riferisce a un post su Facebook pubblicato da un’utenza anonima, ma il principio può essere applicato anche ai messaggi in chat, sms o WhatsApp. Secondo la Corte, è possibile risalire al responsabile di un contenuto diffamatorio, molesto o minaccioso anche senza la prova dell’indirizzo IP da cui è stata inviato il testo se vi siano altri gravi e convergenti indizi sull’identità del colpevole. Facciamo un esempio pratico per comprendere meglio come stanno le cose.

Una donna inizia una relazione con un uomo. Il precedente marito lo viene a sapere e inizia a inviare a quest’ultimo una serie di messaggi minacciosi, avvalendosi di un sito internet. Contenuti come «Lasciala stare, lei è sposata, non ti avvicinare che ti faccio saltare in aria…», pur se di contenuto generico, potrebbero manifestare chiaramente l’identità del mittente, specie se contengono dati che solo l’ex coniuge potrebbe conoscere.

È bene comunque sapere che è sempre possibile bloccare la ricezione di SMS anonimi, contattando il proprio operatore o facendo ricorso ad apposite applicazioni (che dipendono dal tipo di telefonino utilizzato).

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