Responsabilità psicologo: ultime sentenze

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Responsabilità disciplinare degli psicologi; violazione del segreto professionale; relazione medica allegata ai motivi di gravame.

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Iscrizione di associazioni all’elenco delle professioni non regolamentate MiSE

L’iscrizione di un’associazione all’elenco delle professioni non regolamentate del

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Ministero dello Sviluppo economico non si fonda sulla verifica preventiva di sovrapposizioni con altre attività. La responsabilità per l’eventuale esercizio abusivo di una professione è, invece, posta su un piano diverso e riguarda la sfera dei singoli.

Così affermando il Consiglio di Stato ha di fatto riammesso l’iscrizione di Assocounseling nelle liste del Mise, dopo che su ricorso del Consiglio nazionale degli psicologi ne era stata sancita la sua esclusione, in quanto vi erano punti di contatto dubbi tra le attività del counselor e quelle dello psicologo. Per i giudici amministrativi il Ministero non effettua una valutazione, ma esegue “una mera attività di acclaramento circa la completezza documentale della domanda”.

Consiglio di Stato sez. VI, 22/01/2019, n.546

Responsabilità psicologo: violazione dell’obbligo di segreto professionale

In tema di responsabilità disciplinare degli psicologi, incorre nella violazione dell’obbligo di segreto professionale, sancito all’art. 11 del codice deontologico, il professionista che, avendo assistito marito e moglie in un percorso di coppia successivo all’adozione, contatti soggetti a questi ultimi estranei (amica e avvocati della moglie), rivelando di avere intrattenuto con i coniugi

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rapporti professionali, e predisponga una relazione di parte, depositata nel procedimento civile sulla decadenza dalla responsabilità genitoriale e in quello penale, scaturito dalla denuncia nei riguardi del marito per violenza sessuale nei confronti della figlia adottiva, utilizzando informazioni sui problemi della coppia e della famiglia.

Cassazione civile sez. II, 11/12/2018, n.31972

Gli incontri tra genitore affetto da disturbi con il figlio

Qualora tale percorso sia attuato in maniera continuativa e dia esito positivo, gli incontri tra il genitore affetto dal disturbo predetto e il figlio minorenne potranno — durante lo svolgimento del percorso programmato di cure — essere disposti in forma protetta presso apposite strutture pubbliche idonee, potranno essere nuovamente regolamentati nella prospettiva di ripristinare incontri diretti senza l’intermediazione di terze figure professionali

Tribunale Massa, 12/04/2016

Responsabilità per suicidio di un paziente

In tema di responsabilità per colpa professionale del sanitario, nell’ipotesi di suicidio di un paziente affetto da turbe mentali, è da escludere la sussistenza di un’omissione penalmente rilevante a carico dello psichiatra che lo aveva in cura, quando risulti che il medico, nella specifica valutazione clinica del caso, si sia attenuto al dovere oggettivo di diligenza ricavato dalla regola cautelare, applicando la terapia più aderente alle condizioni del malato e alle regole dell’arte psichiatrica.

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(Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto immune da censure l’assoluzione del medico psichiatra e della psicologa, in servizio presso una casa circondariale, dall’imputazione di omicidio colposo per il decesso di un detenuto per impiccagione, sul rilievo che, alla luce dei dati clinici in loro possesso e ai parametri di valutazione individuabili nella letteratura scientifica, non poteva ravvisarsi un rischio suicidiario concreto ed imminente, dovendo per altro verso escludersi ogni loro responsabilità per le carenze organizzative della amministrazione penitenziaria, dovute alla presenza di una cella con finestra dotata di un appiglio per agganciare il lenzuolo utilizzato per il gesto autosoppressivo).

Cassazione penale sez. IV, 04/02/2016, n.14766

Procedimento disciplinare per la professione di psicologo

In tema di responsabilità disciplinare degli psicologi, il pm non è titolare del potere di iniziativa ex art. 70, n. 1, cod. proc. civ., né di impugnazione della deliberazione contenente la sanzione disciplinare, ma solo, ex art. 27 della legge n. 56 del 1989, di un potere di impulso limitato alla fase amministrativa del procedimento, che resta distinta da quella giurisdizionale avente ad oggetto l’accertamento della fondatezza della pretesa sanzionatoria.

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Cassazione civile sez. II, 31/08/2015, n.17324

Responsabilità disciplinare degli psicologi

In tema di responsabilità disciplinare degli psicologi, atteso che la legge 18 febbraio 1989, n. 56, non fissa un termine di prescrizione, questo si determina in cinque anni, per “analogia iuris” riferita agli altri ambiti professionali, analogia che trae con sé l’effetto della sospensione del termine per inizio del procedimento penale sui medesimi fatti di rilievo disciplinare.

Cassazione civile sez. II, 21/01/2014, n.1172

Deontologia professionale

In tema di deontologia professionale e di morale corrente non è necessaria una specifica tipizzazione dei comportamenti doverosi per individuare le regole di cui si deve esigere il rispetto: il divieto di istaurare rapporti emotivo-sentimentali o addirittura sessuali con i pazienti è una delle regole cardine della professione di psicologo-psicanalista e non si può ritenere ignorata solo perché all’epoca non formalizzata in apposita codificazione.

Cassazione civile sez. III, 03/12/2007, n.25183

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Psicologo del consultorio familiare

Congruamente motivata e insuscettibile di censura in sede di legittimità è la sentenza di merito che ravvisi il reato di maltrattamenti in danno di una delle figlie minori contestato all’imputata, ponendo a base dell’affermato giudizio di responsabilità la relazione dello psicologo del consultorio familiare, puntualmente confermata in dibattimento, il racconto della persona offesa, reso in sede di incidente probatorio, sulle aggressioni subite da parte della madre e sulla loro sistematicità, nonché la conferma di tali dichiarazioni giunta da un testimone, nella persona di colui che aveva esaminato la bambina per tre volte nel corso di altrettanti incarichi peritali ricevuti dal giudice minorile.

(Nella specie, esente da censure, secondo la Cassazione, era stata la decisione del giudice di merito di ritenere irrilevanti, per smentire la fondatezza dell’addebito, una relazione medica allegata ai motivi di gravame e il riferito trauma psicologico subito dall’imputata in conseguenza di una travagliata gravidanza trigemellare).

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Cassazione penale sez. VI, 20/11/2006, n.10

Regolamentazione dell’attività di psicologo

La l. n. 56 del 1989, che introduce la regolamentazione dell’attività di psicologo, disciplina anche l’esercizio di quella di psicoterapeuta, subordinandola (art. 3) ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali, che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti.

Peraltro, la legge, in via transitoria, consente di ottenere il riconoscimento del diritto a svolgere detta professione con modalità agevolate. In proposito, in deroga al disposto dell’art. 3, l’art. 35 ha stabilito che, fino al compimento del quinto anno successivo all’entrata in vigore della stessa legge, l’esercizio dell’attività di psicoterapeuta è consentito anche “a coloro i quali o iscritti all’ordine degli psicologi o medici iscritti all’ordine dei medici e degli odontoiatri, laureati da almeno cinque anni, dichiarino, sotto la propria responsabilità, di avere acquisito una specifica

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formazione professionale in psicoterapia, documentandone il “curriculum” formativo con l’indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonché il “curriculum” scientifico e professionale, documentando la preminenza e la continuità dell’esercizio della professione psicoterapeutica”.

La valutazione in ordine alla sussistenza del carattere “professionale” dell’attività di cui si tratta costituisce un accertamento di merito, incensurabile in Cassazione, ove immune da vizi logici.

(Nella fattispecie, la S.C. ha confermato, alla stregua di tale principio, la decisione della Corte di merito che aveva escluso che fosse stata fornita la prova dell’esercizio professionale, con carattere di continuità e preminenza, dell’attività di psicoterapeuta, ritenendo non potersi ricomprendere in esso le attività attinenti alla formazione, fra le quali le esperienze terapeutiche in fase di tirocinio, quali la partecipazione a supervisioni di casi clinici sotto la guida di un terapeuta didatta, o la conduzione di gruppi e di seminari all’interno dell’Istituto di analisi relazionale; e ritenendo, altresì, non idonea a dimostrare il carattere richiesto l’apertura della partita i.v.a., effettuata solo pochi mesi prima della scadenza del periodo transitorio previsto dalla legge).

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Cassazione civile sez. I, 10/05/1999, n.4625

Psicologi dipendenti delle Usl

Agli psicologi dipendenti delle USL non spetta l’indennità di dirigenza prevista in misura eguale per i medici e veterinari dall’art. 92, d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, perché essa trova la sua ragione logica nell’attribuzione normativa a tale personale di compiti e responsabilità ritenuti non assimilabili complessivamente a quelli degli altri dipendenti, secondo una globale valutazione non irrazionale né incoerente.

T.A.R., (Lazio) sez. I, 25/06/1991, n.1173

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