Legittimo il licenziamento dello spacciatore

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Può essere licenziato il dipendente che spaccia sostanze stupefacenti, anche se fuori dal posto di lavoro.

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È possibile licenziare il dipendente che abbia subito una condanna per spaccio di droga, anche se detta azione criminosa è stata posta in un luogo diverso dal posto di lavoro. Infatti, tale comportamento può considerarsi di quelli talmente gravi da interrompere il legame di fiducia che deve sussistere – durante tutto il rapporto di lavoro – tra datore e dipendente. Quando si interrompe la fiducia tra le parti allora può scattare il licenziamento per giusta causa (quello, cioè, senza il preavviso).

La questione, decisa dalla Cassazione in una recente sentenza [1]

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, ha riguardato il dipendente di una casa di cura, ma è legittimo trasporre tale principio a qualsiasi tipo di posto di lavoro.

Si ha licenziamento per giusta causa, infatti, tutte le volte in cui il lavoratore tenga un comportamento di gravità tale da ledere talmente il rapporto di fiducia in essere con il datore di lavoro da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria del rapporto stesso [2].

Sono comportamenti rilevanti ai fini del licenziamento per giusta causa sia quelli inerenti il rapporto di lavoro e commessi durante l’orario di lavoro, sia i fatti derivanti da comportamento extralavorativo del dipendente, che ledano l’immagine dell’azienda e/o che facciano dubitare circa l’adempimento futuro delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro. Si pensi al dipendente ligissimo, che però sia imputato in un procedimento per pedopornografia, o il dipendente di una banca che emetta assegni a vuoto.

Analogamente, la sussistenza di una condanna penale per spaccio (anche se fuori dall’ambiente e dall’orario di lavoro) è stata considerata, dalla Suprema Corte, tale da interrompere qualsiasi

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fiducia dell’imprenditore nei confronti del dipendente.

Ovviamente, perché il licenziamento sia legittimo, dovrà essere preceduto da un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente. Pertanto il datore di lavoro dovrà tempestivamente comunicare al dipendente la relativa contestazione disciplinare, indicando precisamente il comportamento oggetto di censura e le circostanze in cui si è verificato [3]. Il lavoratore avrà quindi cinque giorni per presentare, oralmente o per iscritto, le proprie giustificazione, a seguito delle quali il datore potrà legittimamente adottare la sanzione espulsiva del licenziamento.

Il licenziamento dovrà rivestire la forma scritta ed essere motivato: in particolare la motivazione del licenziamento dovrà riprendere scrupolosamente la contestazione mossa in sede disciplinare.

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