Sono pieno di debiti: come posso fare?
Legge salvasuicidi di sovraindebitamento: come uscire dai debiti pagandone solo una minima quota (o niente).
Un nostro lettore ci scrive affranto: «Sono pieno di debiti: come posso fare?». Di questi tempi, si tratta di un problema comune, tant’è che lo Stato è corso ai ripari con una legge assai efficace, la n. 3 del 2012.
Varata subito dopo il crack Lehman che, come noto, ha innescato una delle più forti crisi economiche degli ultimi tempi, la normativa in questione è meglio nota come legge salvasuicidi o anche «procedura di sovraindebitamento».
La sua finalità è presto detta: consentire anche ai privati e a tutte le aziende che, per le modeste dimensioni, non possono accedere alla procedura di fallimento, di
Ma come deve fare chi è pieno di debiti ad uscirne? Quali sono le condizioni e le procedure per accedere a questo importante beneficio? Lo spiegheremo qui di seguito.
Indice
Come uscire dai debiti
Non solo le piccole imprese e i professionisti, ma anche i privati cittadini – o i “padri di famiglia”, se vogliamo dirla con un gergo comune – possono accedere alla legge salvasuicidi per cancellare i debiti di cui non riescono a liberarsi.
Condizione iniziale è, dunque, quella di non essere un’azienda a cui si applichi la procedura fallimentare; in tal caso, infatti, l’unico modo per uscire dall’insolvenza è depositare i libri contabili in tribunale e lasciare al giudice delegato al fallimento di liquidare il patrimonio, soddisfacendo i creditori.
Per le imprese a cui invece, per le ridotte dimensioni, non si applica la disciplina fallimentare e ai consumatori c’è appunto la legge n. 3/2012, di recente modificata dal codice della crisi d’impresa. Si tratta quindi di comuni cittadini, consumatori, professionisti, imprenditori non commerciali, o imprenditori commerciali molto piccoli che non raggiungono i requisiti dimensionali richiesti per il fallimento.
Secondo requisito per poter accedere alla legge 3/2012 è la «meritevolezza»: in buona sostanza, l’indebitamento non deve essere stato determinato da un atteggiamento gravemente colpevole del debitore. Tipico è il caso di chi, avendo contratto un mutuo che ben può coprire con lo stipendio, viene poi licenziato e non riesce più a far fronte alle rate; o dell’imprenditore che, a causa di un mutamento repentino del mercato, non è più in grado di soddisfare i suoi debiti per crisi del settore.
La giurisprudenza ha ritenuto applicabile questa disciplina anche ai debiti fiscali e, quindi, alle imposte non pagate (come Iva, Irap, Irpef, ecc.).
Terzo requisito è l’assenza di garanzie e di capacità di soddisfare i creditori. In buona sostanza, il patrimonio del debitore o il suo reddito deve risultare notevolmente più basso rispetto alle passività, tanto che, anche lavorando una vita intera, questi non sarebbe in grado di soddisfare i creditori. Pertanto, non può accedere alla procedura di sovraindebitamento chi ha, ad esempio, concesso alla banca un’ipoteca tale da riuscire a coprire il mutuo o chi ha un patrimonio immobiliare tale da poter coprire i debiti contratti vendendo uno o più beni.
Legge salvasuicidi: come funziona?
Ci sono tre diversi modi per uscire dai debiti: tre differenti procedure delineate dal legislatore. Ciascuna di queste, però, si può applicare solo a una specifica categoria di soggetti. Le analizzeremo meglio qui di seguito.
Il piano del consumatore
Come dice il nome stesso, il «piano del consumatore» si applica ai privati ossia ai consumatori. Si tratta dei cittadini comuni che hanno contratto debiti non nell’ambito dell’attività lavorativa. Si pensi a chi ha acquistato la casa di proprietà stipulando un mutuo, o ha accettato di firmare una fideiussione per un familiare, o ha firmato uno o più finanziamenti per la ristrutturazione dell’immobile, l’acquisto dell’arredo o dell’automobile, elettrodomestici e così via. Vi rientrano anche le spese mediche, quelle per le vacanze e, insomma, tutte quelle che avvengono per motivi personali o per scopi estranei all’attività d’impresa o commerciale eventualmente svolta.
Il debitore deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi, anche detto Occ.
Gli Occ sono organismi imparziali, iscritti in un apposito registro presso il ministero della Giustizia, il cui compito è quello di assistere il debitore nella ristrutturazione del debito, affiancandolo nello svolgimento della procedura (dalla predisposizione del piano alla sua esecuzione). A costituire un Occ può essere sia un ente pubblico (ad esempio, i Comuni e le Regioni) sia un soggetto privato (ad esempio, ordini professionali e camere di commercio).
Il privato e l’Occ elaborano un piano di pagamento dei creditori tenendo conto dei redditi e delle attività che il debitore ha da offrire per coprire le sue passività almeno in parte. Viene così individuata una percentuale, anche minima, da offrire ai creditori per il loro soddisfacimento (sono stati ammessi pagamenti al 20%).
Tutto dipende chiaramente dalle disponibilità del debitore. Così, ad esempio, una persona titolare di un reddito di lavoro dipendente e un piccolo appezzamento di terreno può proporre una cessione del quinto dello stipendio e la vendita dell’immobile.
Con le modifiche apportate di recente alla legge salvasuicidi si ritiene ammissibile anche una esdebitazione senza corrispondere nulla in presenza di un debitore completamente nullatenente.
Una volta elaborato il piano del consumatore, questo viene depositato in tribunale e valutato dal giudice alla luce della meritevolezza del debitore stesso.
In questo tipo di procedura non si tiene conto della volontà dei creditori i quali non vengono ascoltati. È il giudice a decidere se approvare o meno l’offerta del debitore (cosiddetta omologa).
L’accordo di composizione con i creditori
Tale procedura si applica, invece, a coloro che hanno contratto debiti per l’attività lavorativa: quindi, si tratta di professionisti e piccoli imprenditori esclusi dal fallimento.
Nel caso in cui lo stesso soggetto abbia debiti di diversa natura, in parte personale e in parte lavorativa, si stabilisce la procedura secondo un criterio di prevalenza: se è maggiore la misura dei debiti lavorativi si applica «l’accordo di composizione» altrimenti il «piano del consumatore».
A differenza del piano del consumatore, l’accordo richiede il voto favorevole dei creditori. Pertanto, dopo che il debitore presenta in tribunale il programma redatto insieme all’Occ, il giudice convoca i creditori per il voto.
Per l’approvazione del programma è necessaria una maggioranza pari al 60% dei crediti ammessi al voto.
Per i creditori può essere preferibile un pagamento spontaneo, anche se ridotto, piuttosto che una procedura esecutiva costosa e con tempi ed esiti imprevedibili.
La procedura è molto simile al concordato preventivo.
La liquidazione
Questa procedura si applica sia ai consumatori che agli imprenditori e professionisti. La scelta è rimessa al debitore.
Come l’accordo di composizione della crisi è assimilabile al concordato preventivo, così la liquidazione lo è al fallimento. Si propone la liquidazione dei beni del debitore per ripartirne il ricavato fra i creditori.
Il Codice della crisi
A partire dal 1° settembre 2021, la legge 3/2012 viene fatta confluire nel Codice della crisi, con diverse modifiche. La novità più importante, come anticipato in apertura, riguarda proprio l’esdebitazione del
Come si accede alle procedure?
Il tratto comune è questo: in tutti i casi, occorre presentare una domanda al giudice competente, individuato nel tribunale del luogo in cui il debitore ha il centro dei suoi interessi principali (la residenza, in ipotesi di debitore non imprenditore, la sede in ipotesi di debitore imprenditore), attraverso l’Organismo di composizione della crisi (Occ) costituito nel circondario del tribunale stesso.
La legge n. 3 non specifica se sia necessaria l’assistenza tecnica di un avvocato, e la giurisprudenza è divisa. L’assistenza del difensore è comunque consigliabile, perché la materia è molto tecnica.
Con l’omologazione del piano del consumatore (che con la riforma si chiamerà “
Quanto costa la procedura?
I costi della procedura devono essere affrontati dal debitore e non possono essere recuperati. Bisogna considerare (oltre a quelli contenuti nel contributo unificato da versare nel momento dell’accesso in tribunale) i compensi dell’Occ, previsti dal decreto ministeriale n. 202 del 2014, e quelli del legale al quale il debitore si rivolga, a loro volta previsti dalle tariffe legali.