Negligenza avvocato: ultime sentenze

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Responsabilità dell’avvocato; mancato compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del cliente; mancata tempestiva attivazione della pretesa risarcitoria del proprio assistito; diritto al risarcimento del danno.

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Cosa deve provare il cliente?

La

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responsabilità professionale dell’avvocato non sorge automaticamente nel caso di non corretto adempimento dell’attività professionale – da provare a cura del cliente -, ma è necessario altresì verificare se il danno sia riconducibile alla condotta del legale, se effettivamente sussista il danno ed infine accertare che, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, l’assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni.

Tribunale Frosinone sez. I, 13/04/2022, n.360

Responsabilità dell’avvocato per negligenza

L’avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 cod. civ., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio, mentre nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità , a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

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Tribunale Cosenza sez. II, 09/04/2022, n.673

Esito negativo del giudizio

Nel caso di esito negativo del giudizio l’avvocato si può ritenere responsabile per colpa professionale nell’espletamento del mandato che gli è stato conferito solo se, in base ad una valutazione prognostica – ora per allora – si accerti il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale qualora l’attività difensiva omessa o diversa fosse stata invece utilmente posta in essere.

Tribunale Torino sez. IV, 07/03/2022, n.980

Omessa proposizione di impugnazione

In tema di responsabilità dell’avvocato per omessa proposizione di impugnazione, la circostanza della mancata iscrizione a ruolo dell’appello o del ricorso acquista rilevanza ai fini risarcitori solo se l’assistito riesca a dimostrare il danno che è conseguito a detta omissione. D’altronde la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova sia del danno, che del nesso eziologico tra la condotta negligente del professionista ed il pregiudizio subìto dal cliente.

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Tribunale Firenze, 21/02/2022, n.487

Non corretto svolgimento dell’attività

La responsabilità dell’avvocato per il non corretto svolgimento dell’attività non è ancorata alla sua sola negligenza, ma è necessaria altresì la sussistenza di un nesso eziologico tra la condotta imperita del legale ed il risultato derivato: occorre dunque verificare se, nel caso in cui l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il danno non si sarebbe in tutto o in parte verificato, alla stregua dell’id quod plerumque accidit.

Tribunale Firenze sez. III, 16/12/2021, n.3251

Responsabilità professionale dell’avvocato e obblighi informativi nei confronti del cliente

L’obbligazione assunta da un avvocato nei confronti del suo cliente ha natura di obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna ad espletare la sua attività, volta a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie a consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non si impegna con la propria opera professionale al conseguimento del risultato sperato.

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L’avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 c.c., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio. Invece, nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

Per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi informativi gravanti sul professionista, la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che l’evidenziata natura della obbligazione assunta dal professionista come obbligazione di mezzi non esime quest’ultimo dal dovere di prospettare al cliente tutti gli elementi contrari, (ipotizzabili in virtù di quella preparazione tecnica e di quell’esperienza medie caratterizzanti l’attività professionale alla luce degli evidenziati parametri normativi) per i quali, nonostante il regolare svolgimento di tale attività, gli effetti a questa conseguenti possano essere inferiori a quelli previsti, oppure in concreto nulli o persino sfavorevoli, determinando in tal modo un pregiudizio rispetto alla situazione antecedente.

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Il professionista, infatti, deve porre in grado il cliente di decidere consapevolmente, sulla base di una adeguata valutazione di tutti gli elementi favorevoli ed anche di quelli eventualmente contrari ragionevolmente prevedibili, se affrontare o meno i rischi connessi all’attività richiesta al professionista medesimo.

La Suprema Corte ha poi avuto modo di affermare che anche oggi, la norma deontologica non si spinge ad enunciare un obbligo dell’avvocato che accetta il mandato alle liti di formulare un pronostico sull’esito della lite, se non richiesto, bensì un onere di valutare l’interesse del cliente in rapporto alle caratteristiche della lite e di prospettare la prevedibile durata del processo e gli oneri di spesa ipotizzabili, informando il cliente dello svolgimento del mandato a lui affidato (v. Cass. n. 30169/2018).

Del resto, la giurisprudenza di legittimità nel sottolineare il dovere dell’avvocato di informare il cliente in merito ai rischi del processo fa riferimento a casi in cui la causa promossa è chiaramente avventata o in cui il professionista omette di informare il cliente di elementi ostativi all’accoglimento della domanda, quali la decadenza dall’azione o la prescrizione del diritto).

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Corte appello Milano sez. II, 24/11/2021, n.3438

L’eccezione di inadempimento

L’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del primo, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole del giudizio ed essendo contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell’attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato le possibilità di vittoria.

Tribunale Ravenna, 11/11/2021

Responsabilità dell’avvocato e riparto dell’onere probatorio

La responsabilità dell’avvocato si configura nei casi di colpa, commisurata alla natura della prestazione: il legale è dunque responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio, mentre nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

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Quanto all’onere probatorio, esso va ripartito in questi termini: il cliente che sostiene di aver subito un danno a causa della condotta dell’avvocato deve provare: 1) l’avvenuto conferimento del mandato; 2) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; 3) l’esistenza del danno; 4) il nesso di causalità tra questa ed il danno subito. Il professionista, invece, può liberarsi dalla responsabilità se dimostri l’impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione (ex art. 1218 c.c.), o di aver agito con diligenza.

Tribunale Milano sez. I, 30/09/2021, n.7899

Diligenza dell’avvocato

L’avvocato deve espletare il proprio mandato con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., che si rifà al professionista di media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta. Egli è dunque responsabile nei confronti del cliente in caso di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il

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buon esito del giudizio. È fatta comunque salva l’applicazione dell’art. 2236 c.c. nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problemi tecnici di particolare complessità, quali, ad esempio, l’interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, per le quali deve ritenersi esclusa la responsabilità del professionista a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

Tribunale Milano sez. I, 15/07/2021, n.6190

Negligenza avvocato: cosa deve dimostrare il cliente?

Il cliente che assume una negligenza del suo difensore deve dimostrare non solo in cosa consista la negligenza, dunque la violazione dell’obbligo professionale, ma anche che essa ha influito sull’esito della lite, ossia che una diversa condotta avrebbe portato ad un risultato positivo.

Cassazione civile sez. VI, 05/05/2021, n.11737

L’eccezione di inadempimento

L’eccezione d’inadempimento, ex art. 1460 c.c., può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del primo, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole del giudizio ed essendo contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell’attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato la chance di vittoria.

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Cassazione civile sez. II, 12/03/2021, n.7064

Compromissione buon esito del giudizio

L’avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del cliente in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio, mentre nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave: trattasi, dunque, di una responsabilità per colpa commisurata alla natura della prestazione dell’avvocato, che risulta circoscritta ai casi di dolo o colpa grave unicamente quando la prestazione implichi la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà (ex art. 2236 c.c.).

Tribunale Milano sez. I, 19/01/2021, n.346

Negligenza dell’avvocato: prova e risarcimento

In tema di responsabilità professionale dell’avvocato per omesso svolgimento di una attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell’omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa.

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Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, n.26516

L’omessa comunicazione al cliente dell’avvenuta notifica di una sentenza

In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, costituisce grave negligenza e fonte di responsabilità professionale l’omessa comunicazione al cliente dell’avvenuta notificazione della sentenza di condanna, fino a far decorrere il termine per impugnare.

Tribunale Massa, 13/10/2020, n.495

Negligenza avvocato: cosa bisogna valutare?

In materia di responsabilità professionale dell’avvocato, ove anche risulti provato l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito.

Tribunale Milano sez. I, 10/06/2019, n.5548

Quando l’avvocato domiciliatario non risponde per negligenza?

Non v’è condotta negligente dell’avvocato domiciliatario quando dalla documentazione in atti e dalle allegazioni dello stesso si evince che questi ha agito sempre e solo sulla base delle istruzioni impartite dal dominus, senza alcuna condivisione della

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strategia difensiva sottesa al ricorso, che ha solo sottoscritto, e senza avere avuto alcun contatto con il cliente, compiendo attività processuali sulla base delle istruzioni del dominus senza margini di autonomia.

Tribunale Ancona, 20/02/2018, n.286

Criterio della diligenza professionale media esigibile

La responsabilità professionale dell’avvocato configura un’obbligazione di mezzi e non di risultato e quindi presuppone l’osservanza del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Ne discende che l’eccezione d’inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del cliente ove non sia pregiudicata la “chance” di vittoria in giudizio.

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Corte appello Venezia sez. IV, 02/03/2018, n.518

Responsabilità dell’avvocato: cosa deve provare l’assistito?

In tema di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, l’agente deve provare sia di aver sofferto un danno, sia che questo sia stato causato dalla insufficiente o inadeguata o negligente attività del professionista, quindi dalla sua difettosa prestazione professionale.

Nel caso in cui il professionista sia un avvocato, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l’assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia arrecato un danno all’assistito.

Tribunale Roma sez. XIII, 01/03/2017, n.4064

La responsabilità dell’avvocato

Per quanto riguarda le questioni relative alla prescrizione, ritiene che rientra nella

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ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del suo cliente, non richiedendo normalmente speciali capacità tecniche; viceversa eventuali particolari situazioni di fatto, in cui si presenti incerto il calcolo della prescrizione, vengono lasciate al libero apprezzamento del giudice di merito.

Non ricorre tale ipotesi, con la conseguenza che il professionista può essere chiamato a rispondere anche per semplice negligenza, ex art. 1176 comma 2 c.c., e non solo per dolo o colpa grave ai sensi dell’art. 2236 c.c., allorché l’incertezza riguardi non già gli elementi di fatto in base ai quali va calcolato il termine, ma il termine stesso, a causa dell’incertezza della norma giuridica da applicare al caso concreto.

Parimenti, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione relativa all’applicabilità del termine di prescrizione in caso di mancata proposizione della querela non esime il professionista dall’obbligo di diligenza richiesto dall’art. 1176 c.c.

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Tribunale Bologna sez. III, 27/12/2017, n.2256

La negligenza dell’avvocato

In tema di responsabilità professionale, il negligente comportamento dell’avvocato che, omettendo di attivare tempestivamente la pretesa risarcitoria del proprio assistito, abbia determinato il decorso della prescrizione del credito verso taluni dei condebitori solidali, determina un danno risarcibile ex art. 1223 c.c. consistente nella perdita della possibilità di avvalersi di più coobbligati, e, quindi, di agire direttamente nei confronti di quelli presumibilmente più solvibili, quali sono in particolare – in caso di crediti derivanti da un sinistro stradale – le società assicuratrici rispetto alle persone fisiche.

Cassazione civile sez. III, 10/06/2016, n.11907

Negligenza idonea ad incidere sugli interessi del cliente

L’eccezione d’inadempimento, ex art. 1460 c.c., può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del primo, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole del giudizio ed essendo contrario a buona fede l’

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esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell’attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato la “chance” di vittoria.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inadempiente la condotta dell’avvocato, consistita nella mancata presenza all’udienza di ammissione dei mezzi di prova e nell’omessa produzione di un documento attestante le spese mediche sostenute, in quanto la mera assenza all’udienza di ammissione dei mezzi di prova non implica alcuna rinuncia implicita alle deduzioni istruttorie, formulate negli atti introduttivi o nelle appendici scritte dell’udienza di trattazione).

Cassazione civile sez. II, 15/12/2016, n.25894

La manifestazione di negligenza del difensore

In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, la mancata indicazione delle prove indispensabili per l’accoglimento della domanda costituisce di per sé manifestazione di negligenza del difensore, salvo che il predetto dimostri di non aver potuto adempiere per fatto a lui non imputabile o di avere svolto tutte le attività che potevano essergli ragionevolmente richieste, tenuto conto che rientra nei suoi doveri di diligenza professionale non solo la consapevolezza che la

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mancata prova degli elementi costitutivi della domanda espone il cliente alla soccombenza, ma anche che il cliente, normalmente, non è in grado di valutare regole e tempi del processo, né gli elementi che debbano essere sottoposti alla cognizione dei giudice (riconosciuta la responsabilità del legale, atteso che nell’azione in confessoria servitutis, l’attore ha l’onere di fornire la prova dell’esistenza del diritto e tale onere non viene meno a fronte di ammissioni del convenuto; nel caso di specie, posto che il sistema tavolare, ai fini della opponibilità ai terzi di una servitù, richiede l’iscrizione della servitù nella partita tavolare relativa al fondo servente, a fronte dell’eccezione del convenuto di carenza di prova documentale, l’avvocato non aveva svolto tutte le attività che gli potevano essere ragionevolmente richieste, in particolare non aveva prodotto l’iscrizione del titolo nella partita tavolare del fondo servente).

Cassazione civile sez. II, 23/12/2015, n.25963

Negligenza dell’avvocato: il danno subito dalla cliente

Il dare comunicazione agli specialisti nominati come consulenti di parte dell’inizio delle operazioni peritali rientra nell’ambito della diligenza ordinaria dell’avvocato, non richiedendo tale attività una speciale capacità tecnica, né la soluzione di problemi di particolare difficoltà, con la conseguenza che il difensore non è chiamato a rispondere soltanto per i casi di dolo o colpa grave, a norma dell’art. 2236 c.c., bensì pure in ipotesi di mera colpa lieve.

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Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi che, anche qualora volesse ravvisarsi un profilo di negligenza nella condotta dell’avvocato, deve invece ritenersi non provato ed anzi positivamente escluso il nesso eziologico tra tale eventuale comportamento negligente ed il danno subito dalla cliente.

Tribunale Reggio Emilia sez. II, 19/10/2015, n.1302

Eccezione d’inadempimento da parte del cliente

L’eccezione d’inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale (nella specie, omettendo di citare un testimone), purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del cliente, essendo contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove non sia pregiudicata la chance di vittoria in giudizio (nella specie, essendo comunque avvenuta l’audizione del testimone).

Cassazione civile sez. II, 05/07/2012, n.11304

Responsabilità professionale: il risarcimento del danno

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la

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condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile dal danneggiato. In caso di dedotta negligenza dell’avvocato per omessa trascrizione dell’atto di citazione in un’azione ex art. 2932 c.c., la prescrizione inizia a decorrere non dalla cessazione del rapporto professionale ma dal momento in cui, il cliente sia stato posto nella condizione di conoscere le lamentate inadempienze del suo difensore.

(Nel caso di specie, la Corte ha confermato la sentenza dei giudici di merito che avevano stabilito la decorrenza della prescrizione dal trasferimento coattivo della proprietà del bene al cliente, perché in quel momento il danno era divenuto percepibile, conoscibile ed azionabile al fine di esercitare il diritto al risarcimento del danno nei confronti del legale).

Cassazione civile sez. II, 27/07/2007, n.16658

Rapporto di causalità fra inadempimento del professionista e danno

In materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, di recente i giudici di legittimità, inquadrando tale responsabilità nell’ambito della “perdita di chance”, hanno affermato il principio secondo il quale, ai fini dell’individuazione del rapporto di causalità fra inadempimento del professionista e danno, non è necessaria la certezza morale dell’esito favorevole della situazione del cliente, essendo sufficiente la semplice probabilità d’un eventuale diversa evoluzione della situazione stessa.

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Conseguentemente è stata riconosciuta la responsabilità dell’avvocato, che nell’espletamento deve tendere a conseguire il buon esito della lite per il cliente, se, probabilmente ed applicando il principio penalistico di equivalenza delle cause, esso non è stato raggiunto per sua negligenza.

Ed ancora la negligenza del professionista che abbia causato al cliente la perdita della chance di intraprendere o proseguire una lite in sede giudiziaria è fonte di responsabilità ove si accerti la ragionevole probabilità che la situazione lamentata avrebbe avuto, per il cliente, una diversa e più favorevole evoluzione con l’uso dell’ordinaria diligenza professionale.

Tribunale Bari sez. III, 24/04/2014, n.2078

Responsabilità professionale dell’avvocato

In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, la mancata indicazione al giudice delle prove indispensabili per l’accoglimento della domanda costituisce, di per sé, manifestazione di negligenza del difensore, salvo che egli dimostri di non aver potuto adempiere per fatto a lui non imputabile o di avere svolto tutte le attività che, nella particolare contingenza, gli potevano essere ragionevolmente richieste, tenuto conto, in ogni caso, che rientra nei suoi

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doveri di diligenza professionale non solo la consapevolezza che la mancata prova degli elementi costitutivi della domanda espone il cliente alla soccombenza, ma anche che il cliente, normalmente, non è in grado di valutare regole e tempi del processo, né gli elementi che debbano essere sottoposti alla cognizione del giudice, così da rendere necessario che egli, per l’appunto, sia indirizzato e guidato dal difensore, il quale deve fornirgli tutte le informazioni necessarie, pure al fine di valutare i rischi insiti nell’iniziativa giudiziale.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità professionale del difensore — il quale, in un giudizio risarcitorio a seguito di sinistro stradale, aveva chiesto fissarsi l’udienza di precisazione delle conclusioni senza aver dato corso alle prove sulle modalità del fatto, sulla responsabilità e sull’entità dei danni — reputando, erroneamente, che gravasse sul cliente l’onere di provare di aver fornito al difensore la lista testimoniale, là dove, invece, era onere di quest’ultimo dimostrare di aver sollecitato adeguatamente il cliente a siffatta comunicazione).

Cassazione civile sez. III, 12/04/2011, n.8312

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