Tabagismo: ultime sentenze

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Carcinoma polmonare; riconoscimento della malattia professionale; decesso del lavoratore; responsabilità datoriale nella causazione del evento dannoso per esposizione all’amianto.

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Lotta al tabagismo

Estinzione — a seguito di rinuncia al ricorso, per intervenuta abrogazione della disposizione impugnata ad opera dell’art. 14, comma 11, lett. b), l. reg. Campania 29 dicembre 2017, n. 38, accettata dalla controparte costituita, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale — del processo relativo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 l. reg. Campania 9 ottobre 2017, n. 30, impugnato per violazione degli artt. 117, comma 3, e 120 Cost., in quanto prevede che la Giunta regionale predisponga un piano regionale triennale per la lotta al tabagismo, recante una serie di misure finalizzate alla prevenzione, assistenza e supporto alla

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disassuefazione dal tabagismo.

Corte Costituzionale, 06/12/2018, n.230

Soggetti affetti da tabagismo

L’art. 7 n. 2 direttiva 95/59/Cee, in materia di imposte sulla circolazione e sul consumo dei tabacchi, deve essere interpretato nel senso che le sigarette a base di erbe, prive di tabacco, ma non contenenti sostanze medicamentose, non possono essere classificate come prodotti aventi una “funzione esclusivamente medica”, a nulla rilevando la circostanza che le stesse vengano presentate e commercializzate come ausilio per i soggetti affetti da tabagismo che intendono smettere di fumare.

Corte giustizia UE sez. IV, 30/03/2006, n.495

Carcinoma polmonare e tabagismo

Deve escludersi alla dipendenza dal servizio di cantoniere stradale dell’infermità carcinoma polmonare e ciò in rapporto al comprovato tabagismo del soggetto e all’impiego meramente saltuario in lavori con rischio specifico (asfaltatura stradale).

Corte Conti, (Marche) sez. reg. giurisd., 29/07/2004, n.749

Esposizione ad amianto e tabagismo

La sentenza, che ha riconosciuto la responsabilità datoriale nella causazione del evento dannoso per esposizione ad amianto nella misura del 59% con il conseguente obbligo risarcitorio in tale percentuale (sia per il danno iure hereditatis che per quello iure proprio), deve ritenersi errata nella parte in cui non sono state considerate dal giudice le

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conseguenze giuridiche derivanti dall’altro fattore di rischio di contrarre il carcinoma polmonare e cioè il fumo da sigaretta.

Nell’interazione tra tali sostanze cancerogene non è possibile effettuare una valutazione di prevalenza tra le due. Il concorso del fumo nella causazione dell’evento dannoso rileva sul diverso e conseguente piano dell’obbligo risarcitorio. La colpa del danneggiato è dunque massima e comunque superiore alla colpa del danneggiante, essendo il tabagismo un vizio meramente voluttuario, mentre l’utilizzo di amianto (per le sue notevoli qualità refrattarie) rispondeva a concrete esigenze produttive per le coibentazioni delle tubazioni di impianti esposti a elevatissime fonti di calore.

Corte appello Genova sez. lav., 11/04/2018, n.62

La protezione del fumatore passivo

Il fumare è un atto volontario ed il soggetto assume il rischio della scelta, per tutte le eventuali patologie, le cui cause possono esser ricondotte al “tabagismo”; compito dello Stato è la protezione del “fumatore passivo”, quale “soggetto debole”, meritevole di tutela.

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Tribunale Napoli, 15/12/2004

La neoplasia polmonare contratta dal lavoratore

Va riconosciuta come malattia professionale la neoplasia polmonare contratta da lavoratore esposto all’azione delle fibre di asbesto presenti nell’ambiente di lavoro, costituendo tale esposizione un fattore di rischio previsto dalle tabelle approvate con d.P.R. 13 aprile 1994 n. 336, indipendentemente dai limiti di concentrazione della sostanza nell’ambiente (che, ai sensi dell’art. 153 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, rilevano per la sola determinazione del premio supplementare asbestosico), ai fini del nesso causale rimanendo irrilevante il tabagismo del lavoratore colpito dalla malattia, pur trattandosi di patologia ad eziologia multifattoriale.

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2016, n.23653

Il divieto di commercio delle sigarette al mentolo

L’art. 7 della direttiva 2014/40, relativa alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, nella parte in cui vieta l’immissione in commercio dei prodotti del tabacco contenenti mentolo, in quanto aroma «caratterizzante», non viola il principio di proporzionalità, in quanto le sigarette al mentono hanno caratteristiche obiettive analoghe alle altre sigarette, nonché effetti simili sull’iniziazione al

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consumo di tabacco e sul mantenimento del tabagismo.

Il mentolo, inoltre, per la sua gradevolezza, mira a rendere i prodotti del tabacco più desiderabili per i consumatori con la conseguenza che il divieto, riduce l’attrattività di tali prodotti e contribuisce perciò a diminuire la diffusione del tabagismo e della dipendenza sia presso i nuovi consumatori che presso i consumatori abituali. Il divieto non viola il principio di proporzionalità, in quanto persegue un duplice obiettivo, che consiste nel favorire il buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, partendo da un livello elevato di tutela della salute umana, in particolare per i giovani, e risulta idoneo e non va manifestamente al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo in questione.

Corte giustizia UE sez. II, 04/05/2016, n.358

Assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali

Nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 cod. pen., per cui il

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rapporto causale tra evento e danno è regolato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, a determinare l’evento, sicché solo qualora possa ritenersi con certezza che l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge.

(Nella specie, la S.C., nel riaffermare il detto principio, ha cassato la sentenza di merito che, con giudizio probabilistico, aveva ritenuto il tabagismo prevalente in punto di efficacia causale della malattia neoplastica polmonare, senza dare rilievo alla esposizione lavorativa ai fumi di fonderia di fusione dell’acciaio).

Cassazione civile sez. lav., 26/03/2015, n.6105

La relazione tra stress da attività lavorativa ed evento

È possibile il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’attività lavorativa stressante sulle malattie cardiovascolari (e non solo su queste). Lo stress produce un danno che si può definire: “biologico secondario”. La relazione tra stress da attività lavorativa ed evento (purtroppo drammatico) si spezza, però, nel caso di lungo lasso di tempo tra il

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pensionamento del pubblico dipendente e l’evento stesso, oveppiù permangano altre cause certamente influenti (tabagismo e familiarità) documentalmente accertate da un Organo terzo e ciò soprattutto ove non sia introdotta in giudizio la prova che anche dopo la fine dell’attività di servizio vi sia stata una “permanenza” dello stato stressante, sia pur riconducibile “alla memoria” degli eventi vissuti durante l’attività lavorativa.

T.A.R. Catania, (Sicilia) sez. III, 10/05/2012, n.1226

Azione risarcitoria promossa dagli eredi di un lavoratore deceduto

Ove il convincimento del giudice di merito si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti, considerati nel loro complesso, il ricorso per cassazione deve evidenziare l’inadeguatezza, l’incongruenza e l’illogicità della motivazione, alla stregua degli elementi complessivamente utilizzati dal giudice, e di eventuali altri elementi di cui dimostri la decisività, onde consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del vizio

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di motivazione sul decisum, non potendo limitarsi, in particolare, ad inficiare uno solo degli elementi della complessiva valutazione.

(Nella specie, relativa ad una azione risarcitoria promossa dagli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che correttamente la corte territoriale aveva sottolineato l’efficienza causale dell’esposizione a fibre d’amianto, alla quale il lavoratore era stato soggetto in quanto addetto ai lavori di scoibentazione dei tubi di riscaldamento e che era comprovata dalla presenza di una cospicua quantità di fibre nei polmoni, il cui nesso eziologico non era rimasto interrotto, in applicazione dell’art. 41 c.p., dal tabagismo del dipendente medesimo).

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, n.15156

Infermità cardiaca: esclusione della dipendenza da causa di servizio

L’incidenza di fattori estranei alla prestazione di servizio (predisposizione per ereditarietà e familiarità, stile di vita con rilevante tabagismo) esclude la dipendenza da causa di servizio dell’infermità cardiaca.

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Corte Conti, (Abruzzo) sez. reg. giurisd., 05/05/2005, n.436

Decesso per malattia professionale: quando può essere dichiarato?

Il decesso per malattia professionale, nella specie carcinoma polmonare dovuto alla prolungata esposizione all’amianto e agli idrocarburi, può essere dichiarato nonostante la presenza di una concausa quale il tabagismo. Ciò in virtù del principio di “equivalenza delle cause”, nozione di matrice penalistica che trova puntuale applicazione anche nel processo civile.

Ad affermarlo è la Cassazione che ha rigettato il ricorso di una società contro la decisione della corte di merito, per presunta insussistenza del nesso di causalità, secondo la quale il risarcimento avrebbe dovuto essere ridotto al 50% per via del tabagismo del lavoratore.

I giudici ribadiscono che anche “nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, per il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento”; “salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 c.p., in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni”. Nella fattispecie, il tabagismo è stato si concausa dell’evento, ma non “causa esclusiva”.

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Cassazione civile sez. lav., 12/06/2019, n.15762

Diritto alla prestazione previdenziale dei familiari superstiti del lavoratore deceduto

Non si può riconoscere ai familiari superstiti del lavoratore deceduto il diritto alla prestazione previdenziale quando il giudicato esterno ha escluso il nesso causale tra l’attività lavorativa e la morte del dipendente (nella specie, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza che aveva rilevato la sussistenza del nesso causale tra il carcinoma polmonare, che aveva causato la morte dell’uomo e l’attività lavorativa svolta.

Secondo la S.C., la Corte d’appello era caduta in errore quando aveva ritenuto irrilevante la circostanza che in un’altra controversia, iniziata dal lavoratore e proseguita dagli eredi, fosse stata rigettata la domanda di rendita per malattia professionale. Infatti, il tribunale, con sentenza passata in giudicato, aveva stabilito che il tumore non era stato causato dal contatto con sostanze cancerogene, ma dal tabagismo: il dipendente fumava abitualmente un pacchetto di sigarette al giorno).

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Cassazione civile sez. lav., 19/08/2009, n.18381

Abitudine al tabagismo e stress cronico da esercizio della professione sanitaria

In presenza di fattori predisponenti rappresentati dalla familiarità della malattia cardiovascolare dall’ipertensione arteriosa risalente nel tempo e nell’abitudine al tabagismo (benché sospesa da alcuni anni), lo stress cronico da esercizio della professione sanitaria, sia pure prestata in divisioni di pronto soccorso, non assurge a fattore concausale della cardiopatia ischemica (e dell’infarto del miocardio “causa mortis” del dipendente), in quanto i fattori emotivi e gli stress fisici possono rivestire un ruolo concausale (per rottura o emorragia della placca o repentino aumento della pressione arteriosa) soltanto in condizioni di intensa e protratta attività (grave incidente, situazione di pericolo o di eccitamento estremo), nella specie non documentati; inoltre, la letteratura scientifica in materia di stress occupazionale non stabilisce una sicura correlazione tra incidenza delle malattie cardiovascolari e tipo di attività lavorativa, se non in presenza di disagio socio-economico (posizione lavorativa precaria o, più ancora, prospettiva di probabile disoccupazione).

Corte Conti, (Marche) sez. reg. giurisd., 27/11/2006, n.847

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