La legge 104 e i portatori di handicap: tutto ciò che c’è da sapere
Per garantire diritti, integrazione e autonomia alle persone disabili, la legge prevede delle precise tutele che abbracciano l’ampia sfera della vita familiare e sociale di ogni soggetto portatore di handicap.
I diritti e delle garanzie offerte ai portatori di handicap sono previsti principalmente dalla legge “per l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, comunemente nota come “legge 104” [1].
A chi si rivolge la legge? [2]
La legge 104 definisce portatori di un handicap tutte quelle persone che presentino una “minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva”, tale da determinare:
– difficoltà nelle relazioni, nell’apprendimento o nella integrazione lavorativa,
– un processo di emarginazione o di svantaggio sociale,
– riduzione dell’autonomia tale da rendere necessario un intervento di assistenza permanente, continuativo e globale sia nella sfera delle relazioni che in quella individuale.
La legge 104 si applica a tutte le persone che risiedono, abbiano domicilio o stabile dimora nel territorio italiano, anche se stranieri o apolidi, e – in alcuni casi – ai familiari che assistono un portatore di handicap.
Come viene accertato l’handicap [3]
L’handicap viene accertato a seguito di un esame medico svolto dinanzi a una commissione presente in ogni Asl e composta, oltre che da medici, anche da psicologi e assistenti sociali.
Per ottenere il riconoscimento della propria disabilità, l’interessato deve:
1) presentare domanda all’INPS; la domanda si presenta in via telematica o anche tramite enti appositamente abilitati (Caaf, Patronati, ecc.);
2) rivolgersi al proprio medico curante perché trasmetta all’INPS la certificazione medica relativa alla disabilità.
Obiettivi della legge [4]
La 104 si propone la tutela del disabile attraverso:
– la prevenzione della patologia fatta mediante l’accertamento e la diagnosi di eventuali malformazioni e la terapia prenatale;
– l’assistenza della gestante nelle gravidanze, i parti e le nascite “a rischio”;
– servizi di terapia e riabilitazione, per consentire il recupero del disabile – se possibile – o per agevolarne la permanenza all’interno del suo contesto familiare;
– il supporto della famiglia, attraverso informazioni, sostegno psicologico, economico e il coinvolgimento negli interventi socio-sanitari;
– azioni di prevenzione dirette ai bambini (anche nelle scuole) per contrastare la minorazione, limitarne i disagi, accertare l’insorgenza di malattie invalidanti (attraverso controlli medici periodici);
– interventi volti ad assicurare la salubrità degli ambienti sui luoghi di lavoro e nell’ambiente di vita e la prevenzione di infortuni.
Cura e riabilitazione [5]
Il Servizio Sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, garantisce al disabile:
– gli interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o nei centri socio-riabilitativi ed educativi;
– la fornitura e la riparazione degli strumenti necessari a trattare le menomazioni.
Diritto allo studio [6]
L’istruzione ha un ruolo di primo piano. Per la legge, il diritto allo studio deve essere garantito anche perché costituisce uno degli strumenti più importanti per favorire l’integrazione sociale della persona disabile. Per dare attuazione a questo principio, la legge prevedere l’assistenza scolastica da parte di personale qualificato, l’obbligo di predisporre idonee dotazioni didattiche e tecniche, prove di valutazione che possano garantire al disabile il diritto allo studio.
Più in particolare, la legge obbliga le scuole di ogni ordine e grado a elaborare uno specifico profilo in collaborazione tra l’Azienda Sanitaria, gli insegnanti e la famiglia del disabile; tale profilo va aggiornato al termine di ogni ciclo scolastico. Il profilo deve tenere conto delle specifiche caratteristiche psico-fisiche, sociali ed affettive del minore ed ha lo scopo di metterne in luce esigenze, difficoltà e capacità.
Gli insegnanti di sostegno hanno il compito di assicurare una assistenza scolastica il più possibile completa. Nella legge si sottolinea l’importanza della loro formazione e aggiornamento. Per questo motivo si prevede un percorso specifico per ottenere l’abilitazione all’insegnamento di sostegno.
Per gli studenti ricoverati, e perciò costretti all’assenza temporanea, la legge prevede l’organizzazione di classi costituenti sezioni distaccate della scuola statale.
Negli asili nido, è previsto l’adeguamento e l’organizzazione finalizzato alla socializzazione e al recupero dei bambini disabili, anche attraverso la presenza di personale scolastico specializzato.
Agli atenei è consentito prevedere piani di studio individuali e servizi di tutoraggio (si pensi alla necessità di interpreti nel caso di sordità, o agli ausili braille per il caso di cecità), se pur nei limiti del bilancio delle singole università.
Sia negli istituti scolastici che nelle università, gli esami o le prove di valutazione devono tenere conto della partecipazione dello
Il diritto allo studio viene tutelato anche nel caso di formazione professionale finalizzata all’avvio al lavoro. In particolare, la legge prevede che sia i centri pubblici che quelli privati debbano tenere tener conto delle singole esigenze e capacità degli allievi disabili, garantendo loro l’apprendimento attraverso specifiche attività.
Tutela sul lavoro [7]
Il lavoro è un pilastro fondamentale attraverso il quale lo Stato italiano intende promuovere il pieno inserimento sociale della persona diversamente abile. Una serie di misure sono mirate a eliminare le difficoltà del lavoratore diversamente abile e a garantire condizioni di parità sostanziale con i lavoratori normodotati.
La legge incentiva l’attività di enti, cooperative, centri di lavoro guidato e associazioni di volontariato che hanno lo scopo di facilitare o di consentire il lavoro dei disabili. Se queste organizzazioni sono in possesso dei requisiti specifici prescritti anche dalla normativa regionale, possono richiedere l’iscrizione in appositi Albi regionali per ottenere il riconoscimento e gli incentivi da parte degli enti locali.
Anche le regioni, infatti, debbono prevedere delle misure attive per l’inclusione sociale del lavoratore disabile. Le regioni possono: 1) stabilire apposite agevolazioni che consentano al disabile di recarsi al lavoro o di svolgere un’attività lavorativa autonoma; 2) prevedere agevolazioni ai datori di lavoro affinché assumano persone disabili e/o per adeguare il luogo di lavoro alle loro necessità.
La tutela del disabile comincia sin dal momento del suo accesso nel mondo del lavoro, sia pubblico che privato. In occasione delle prove d’esame dei concorsi pubblici o per conseguire l’abilitazione professionale la legge vuole stabile delle condizioni di parità sostanziale tra i lavoratori. Per questo motivo riconosce al diversamente abile il diritto di disporre degli ausili necessari e di tempi aggiuntivi per lo svolgimento delle prove o degli esami.
Più in generale, al momento dell’accesso al lavoro o durante lo svolgimento dell’attività lavorativa il portatore di handicap ha diritto a essere valutato sulla base delle proprie capacità piuttosto che per il proprio handicap fisico o psichico.
La legge, inoltre, riconosce al lavoratore disabile alcune facilitazioni nel corso del rapporto lavorativo. Tra queste, vi sono i permessi di tre giorni al mese o, in alternativa, i permessi orari giornalieri (di due ore se la giornata lavorativa è di sei ore; di un’ora se l’orario giornaliero è inferiore alle sei ore).
Le agevolazioni sul lavoro per i parenti dei portatori di handicap
Inoltre, sono previste anche delle agevolazioni indirette. Sono quelle che riguardano i lavoratori che assistono un familiare portatore di un grave handicap. In particolare:
– per i genitori di un bambino disabile è previsto il diritto a un prolungamento del congedo parentale retribuito fino al terzo anno di vita del bambino o nel caso in cui questo sia già stato esaurito il diritto a due ore di permesso giornaliero retribuito;
– per i lavoratori che assistono un familiare con handicap grave, è prevista la possibilità di usufruire di tre giorni di permesso retribuito ogni mese (anche continuativi);
– al lavoratore è data la
Barriere architettoniche [8]
Solo attraverso l’eliminazione delle barriere architettoniche si può consentire l’effettiva integrazione sociale del disabile e rimuovere le difficoltà di accesso ai luoghi pubblici o di pubblica utilità.
Pertanto, con riferimento sia alla costruzione di edifici pubblici e privati che alla modifica di destinazione d��uso di edifici pubblici, occorre che, alla comunicazione dei progetti al Comune, sia allegata una dichiarazione di conformità alle norme in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.
Solo dopo la verifica della conformità del progetto, compiuta dall’ufficio incaricato dal Comune, potrà essere rilasciata la concessione edilizia o il certificato di agibilità e di abitabilità. In mancanza, le opere realizzate saranno considerate inabitabili e inagibili.
Anche nella costruzione o rinnovo degli spazi urbani debbono essere inseriti percorsi adeguati. Un esempio ne sono i semafori acustici per i non vedenti o l’eliminazione della segnaletica di ostacolo allo spostamento dei disabili.
Inoltre, è specificamente prevista la rimozione delle barriere architettoniche per favorire l’accesso alle attività mediche, sanitarie, sportive, ricreative, turistiche e agli impianti di balneazione. Per questi ultimi, in particolare, la legge prevede che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali sia subordinato all’effettiva possibilità di accesso al mare dei disabili.
Nelle attività aperte al pubblico la legge vieta le discriminazioni contro i portatori di handicap e prevede sanzioni pecuniarie fino alla chiusura dell’esercizio (per un massimo di sei mesi).
Mobilità e trasporti [9]
Le Regioni devono redigere dei piani di trasporto e di adeguamento delle infrastrutture urbane per consentire ai disabili la libera mobilità sul territorio mediante servizi di trasporto pubblico o di servizi alternativi. I Comuni, inoltre, devono garantire modalità di trasporto individuali per quei disabili che non possono fare uso dei mezzi pubblici.
Per favorire la mobilità e l’autonomia dei disabili, se essi sono dotati di patente A, B o C speciale possono richiedere alle A.s.l. un
Agevolazioni fiscali [10]
I portatori di handicap, inoltre, possono beneficiare di diverse agevolazioni fiscali tra cui:
– detrazioni Irpef per i familiari a carico e per la ristrutturazione edilizia;
– deducibilità delle spese mediche generiche e di assistenza specifica,
– Iva agevolata per l’acquisto di mezzi per la deambulazione e il sollevamento del disabile o per l’acquisto di un’autovettura;
– esenzione dal bollo auto e dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà.
Diritto di voto
Nei casi più gravi e per i soggetti impossibilitati a spostarsi dalla propria abitazione (per esempio, chi è supportato da macchinari salvavita come il polmone artificiale, ecc.) può essere richiesta la votazione a domicilio [11]. In tal caso, il seggio elettorale dove risulta iscritto l’elettore impossibilitato deve mettere a disposizione uno scrutatore che si recherà presso il domicilio per raccogliere il voto di chi ne ha fatto richiesta.
Agli elettori impossibilitati a esercitare in modo autonomo il diritto di voto ma che possono fisicamente raggiungere il seggio (ciechi, amputati delle mani, affetti da paralisi o, portatori di impedimenti fisici certificati dal medico appositamente messo a disposizione dall’Asl in occasione delle consultazioni elettorali) è consentito votare con l’assistenza di un accompagnatore [12]. Il disabile che ne presenti i requisiti, può anche chiedere all’ufficio elettorale di appartenenza l’annotazione sulla tessera al diritto permanente al voto assistito (cosiddetto timbro AVD).
Il diritto all’accompagnamento non è previsto per i portatori di un handicap intellettivo [13].
Agli elettori non deambulanti iscritti in un seggio elettorale non accessibile, la legge [14] riconosce la possibilità di votare in un’altra sezione priva di barriere architettoniche, purché nel medesimo comune.