Dove finisce la libertà di parola?

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Ingiuria, diffamazione, istigazione a delinquere: quando la manifestazione del proprio pensiero costituisce un illecito?

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La libertà di espressione è sancita direttamente in Costituzione: tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Si tratta di una libertà fondamentale, un principio sacrosanto in ogni tipo di democrazia. La libertà di parola, però, non può essere un pretesto per offendere o per ledere i diritti altrui: con una felice espressione si è soliti dire che la libertà di ognuno finisce dove inizia quella degli altri. Come vedremo con questo articolo, è proprio così.

Dove finisce la libertà di parola?

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Sin da subito, possiamo affermare che il superamento dei limiti della libertà di manifestazione del proprio pensiero può condurre alla commissione di un crimine in piena regola: si pensi alla diffamazione o, peggio ancora, all’istigazione a commettere un reato. Anche quando non si integra un delitto vero e proprio, v’è comunque il rischio di dover risarcire i danni: è il caso dell’ingiuria, oggi costituente illecito civile. Se l’argomento ti interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo insieme dove finisce la libertà di parola.

Libertà di espressione: cos’è?

Come anticipato in premessa, la Costituzione italiana sancisce a chiare lettere il diritto, attribuito a ciascuna persona, di poter manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione [1]. Si tratta di un diritto fondamentale e insopprimibile, connotato di qualsiasi democrazia. Solamente nelle dittature non si è liberi di poter esprimere la propria opinione.

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Quanto appena detto, però, non significa che della propria libertà di parola si possa fare un uso smodato, magari offendendo la dignità altrui oppure incitando gli altri a commettere dei crimini. In casi del genere, c‘è la possibilità di incorrere in un crimine, con tutte le conseguenze del caso.

Vediamo quali sono i principali illeciti che possono essere commessi quando si abusa della propria libertà di parola.

Quando c’è diffamazione?

La violazione dei limiti alla libertà di espressione può far scattare il reato di diffamazione [2].

La diffamazione è l’offesa alla reputazione altrui. Per reputazione deve intendersi la considerazione che gli altri hanno di una persona. In pratica, la reputazione è l’opinione sociale riferita a un individuo, quello che gli altri pensano di lui, la sua nomea.

Perché si abbia diffamazione occorre che il commento oltraggioso sia espresso in presenza di almeno altre due persone, esclusa ovviamente la vittima. Quest’ultima non deve essere presente alla diffamazione oppure, anche se fisicamente presente, non deve essere in grado di percepire l’offesa.

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È diffamazione anche comunicare un commento oltraggioso a una sola persona, se si è consapevoli che questa procederà a riferire lo stesso ad altre persone.

La condotta tipica della diffamazione è il commento oltraggioso o ingiurioso. Nulla toglie, però, che il reato possa integrarsi anche con un gesto, un riferimento, un disegno oppure una foto (vedi esempio nel paragrafo dedicato alla diffamazione telematica).

La diffamazione è un reato comune, cioè un crimine che può essere commesso da qualunque persona, senza necessità che rivesta una particolare qualifica (giornalista, ecc.).

Di conseguenza, chiunque può macchiarsi del reato di diffamazione, anche la persona comune che, scrivendo sul proprio profilo social, offende pubblicamente un altro individuo. In un’ipotesi del genere, anzi, la pena sarebbe aumentata: per legge, si ha diffamazione aggravata (punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a cinquecentosedici euro) quando si offende la reputazione altrui con la stampa o con qualsiasi altro

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mezzo di pubblicità.

Istigazione a delinquere: cos’è?

La violazione dei limiti alla libertà di parola può sfociare nel reato di istigazione a delinquere. Di cosa si tratta? Istigare significa indurre qualcuno a fare qualcosa, persuaderlo circa una condotta da seguire. Chi istiga un’altra persona non si limita ad effettuare un’opera di convincimento, ma a potenziare un proposito già esistente nei progetti dell’istigato.

Secondo il Codice penale, chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione:

In pratica, se in pubblica piazza qualcuno comincia a sobillare le persone, dicendo loro di rapinare, rubare o di commettere qualsiasi altro delitto, si commette un reato per il solo fatto dell’istigazione. Lo stesso accade nel caso in cui, pubblicamente, ci si metta a difendere o ad esaltare la commissione di determinati crimini, in quanto l’

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apologia è equiparata all’istigazione.

Poiché oggi è molto più facile comunicare con la gente attraverso Internet che mediante i vecchi metodi (discorsi per strada, nei comizi, nei locali, ecc.), la legge prevede un aumento di pena se l’istigazione è commessa attraverso strumenti informatici o telematici.

Ingiuria: com’è punita?

Un tempo reato, oggi l’ingiuria è punita esclusivamente dal punto di vista civile. Ciò significa che, se una persona offende un’altra (ad esempio, rivolgendole un epiteto oltraggioso), la persona offesa non potrà sporgere denuncia ma potrà agire in sede civile per chiedere il risarcimento dei danni [5].

Anche l’ingiuria rappresenta, quindi, un limite alla libertà di parola, sebbene tale violazione non sia punita con la reclusione.

Diffamazione e ingiuria: differenza

Mentre l’ingiuria offende l’onore o il decoro di una persona presente, la diffamazione offende la reputazione di una persona assente.

Le due grandi differenze tra ingiuria e diffamazione sono dunque le seguenti:

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