Come crescere figli autonomi e responsabili

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Come responsabilizzare i bambini e come aiutarli a diventare adolescenti sicuri? In cosa consiste la responsabilità genitoriale?

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Per qualcuno, l’istinto materno o paterno è un sentimento innato, per qualcun altro si palesa col tempo. C’è chi ha ben chiari quali saranno i principi, i valori e gli insegnamenti da impartire ai propri figli. Qualcuno può conoscere bene le regole del gioco e tirare le proprie carte seguendo una strategia ben precisa. Chi, invece, è in balia dei consigli altrui, potrebbe avere le idee confuse e lanciare una carta con il rischio di sbagliare. Fatto sta che ogni partita è diversa dall’altra. Ogni famiglia detta le sue regole. Non esiste un manuale per diventare dei bravi genitori. Tuttavia, è possibile adottare alcuni comportamenti, validi per tutti, che possano consentire di

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crescere figli autonomi e responsabili.

Fin dai primi anni di vita, è importante impartire regole chiare e precise, essere un esempio per i propri figli, essere presenti, aiutarli ad affrontare le sfide di ogni giorno. Crescere bambini autonomi vuol dire tenerli per mano, aiutandoli a camminare da soli. Solo così potranno diventare adolescenti «corazzati».

Per comprendere meglio come crescere figli autonomi e responsabili abbiamo intervistato il professor Stefano Vicari, ordinario Università Cattolica di Roma, responsabile del reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e autore di numerosi libri come “Bambini autonomi, adolescenti sicuri”. In questo libro, i genitori troveranno: indicazioni pratiche su cosa proporre ai propri figli in ogni fase della loro crescita, suggerimenti su come riconoscere i segni iniziali del loro malessere e consigli preziosi su come affrontarli.

Dopo l’intervista all’esperto, ti spiegherò cos’è la responsabilità genitoriale e ti parlerò di un interessante caso giurisprudenziale.

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Come crescere figli responsabili?

Mi sono accorto che, negli anni, sta venendo meno l’attenzione verso i bambini. Un tempo, c’era un sistema educante (famiglia e scuola) piuttosto chiaro. Nel tempo, si è un po’ perso. Ovviamente, non possiamo generalizzare; ci sono anche situazioni molto positive. Tuttavia, analizzando ciò che accade nel mio reparto di neuropsichiatria, mi accorgo che spesso i genitori sono in difficoltà con i ragazzi, soprattutto con gli adolescenti, in quanto non sono stati abituati sin da piccoli a rispondere ad una serie di sollecitazioni. Alcuni genitori pensano che, in fondo, i bambini «capiranno quando saranno grandi». Purtroppo, temo che non funzioni così.

Se noi vogliamo degli adolescenti responsabili, dobbiamo educarli sin da piccoli. Se vogliamo che i nostri ragazzi, intorno ai 14-15 anni, siano in grado di sbrigarsela da soli e avere un buon

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rendimento scolastico o, ancora, se desideriamo che non perdano tempo con il telefonino o il computer e non si facciano le canne, dobbiamo iniziare ad educarli fin da bambini. Attenzione: educare non vuol dire che dobbiamo solo parlarne. Anzi, a volte, meno parliamo e meglio è. Invece, dobbiamo essere presenti e sostenerli. Dobbiamo testimoniare loro la possibilità di essere gentili ed educati; dobbiamo insegnargli a rispettare gli altri e ad osservare le regole. Ad oggi, mi sembra che tutti questi aspetti manchino.

Qual è il ruolo dei genitori?

I bambini che incontro sono spesso disregolati. Si tratta cioè di bambini che non tollerano la frustrazione, non sopportano di essere sgridati o, semplicemente, non accettano il fatto di non riuscire ad avere subito quello che chiedono. È come se tutto fosse loro dovuto. Ovviamente, ogni famiglia ha una realtà a sé. Spesso, però, molti genitori finiscono per viziare i propri figli e trattarli come dei bamboccioni finché non sono grandi. Il ruolo di un genitore

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dovrebbe essere invece proprio quello di responsabilizzare i propri figli e puntare ad avere bambini autonomi, richiamando il motto montessoriano.

I genitori dovrebbero aiutare i propri figli a fare le cose da soli sin da subito.

Ad esempio, a due anni un bambino può mangiare, mettere in ordine i propri giocattoli, fare i compiti senza l’aiuto dei genitori. Come adulti, spesso, ci sostituiamo ai nostri figli, pensando che in questo modo le cose vengano fatte meglio e che il bambino capirà quando sarà grande. Ahimè, questo sistema porta spesso i bambini grandi e gli adolescenti ad essere un po’ deresponsabilizzati; ciò significa che, anche una volta cresciuti, avranno bisogno che qualcuno gli sia sempre accanto oppure che qualcuno faccia le cose al posto loro. Questo si traduce in un danno marcato in termini di qualità di vita dei ragazzi.

Come aiutare i figli a crescere sani dal punto di vista psicologico?

Molti genitori si preoccupano che i propri figli stiano bene fisicamente e non si ammalino. Raramente, si fermano a ragionare su quanto sia importante il loro

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benessere mentale. Con ciò faccio riferimento al fatto che il bambino possa crescere sereno e in armonia con sé stesso e sia in grado di affrontare le sue sfide con ottimismo e con una sufficiente autostima.

Chiaramente, i disturbi mentali possono sorgere per base genetica, per base biologica, però i fattori ambientali possono essere molto importanti per ridurre questo rischio e favorire il benessere mentale. Lo sviluppo della nostra mente costituisce un esempio formidabile di interazione tra biologia da un lato e ambiente di vita del neonato, bambino, ragazzo, giovane adulto dall’altro.

È importante che i nostri figli percorrano una strada che possa renderli delle persone capaci di contare su loro stesse. Per questo, ho voluto intitolare il mio ultimo libro “Bambini autonomi, adolescenti sicuri”. La base di un’adolescenza sicura passa attraverso la conquista dell’autonomia nel bambino.

Cosa significa crescere bambini autonomi?

Autonomia non significa lasciare il bambino in balia di sé stesso né abbandonarlo ad affrontare le sfide o i compiti che la vita gli pone. Ma bisogna accompagnarlo nella crescita. Questo dovrebbe avvenire per quanto riguarda: l’alimentazione; le fasi del sonno; il controllo sfinterico; la creazione di relazioni sociali; la costruzione di relazioni positive con i compagni di scuola e con gli insegnanti. Credo sia fondamentale che i genitori riscoprano questo

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ruolo educativo. Di certo, non sono io a doverglielo ricordare. Tuttavia, a volte, siamo travolti dalla frenesia e dall’organizzazione dei tempi; pertanto, dimentichiamo di dare delle regole precise ai nostri figli o scordiamo di aiutarli a correggersi laddove sbagliano.

Se noi investiamo sulle possibilità educative dei nostri figli, certamente ridurremo il rischio di malattie mentali. Oggi, molti ragazzi si lamentano di essere soli e abbandonati; vivono con angoscia il loro presente. Una presenza più qualificata di noi adulti può aiutarli a superare questo periodo così difficile.

I doveri dei genitori

Dopo aver approfondito, nell’intervista al professor Stefano Vicari, come crescere figli autonomi e responsabili, a seguire ti spiegherò quali sono i doveri dei genitori.

Le norme relative alla responsabilità genitoriale sono contenute nella Costituzione [1], nel Codice civile [2] e nella Carta Europea dei Diritti fondamentali [3]. In particolare, è previsto un automatismo tra procreazione e responsabilità genitoriale. L���

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obbligo dei genitori di mantenere, educare e prendersi cura dei propri figli sorge sin dalla nascita e dipende dal fatto stesso della procreazione. A quest’obbligo si ricollega il diritto dei figli alla protezione ed alle cure necessarie al loro benessere fin dalla nascita, al diritto di intrattenere e godere della relazione e del contatto diretto con i propri genitori, al diritto di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’articolo 147 del Codice civile, obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli (anche in caso di separazione o divorzio), non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, all’opportuna predisposizione (fin quando la loro età lo richieda) di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione [4].

Come precisa la Corte d’Appello di Torino

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[5], la violazione dei doveri di mantenimento, di istruzione e di educazione della prole può quindi integrare gli estremi dell’illecito civile ed imporre il risarcimento anche dei danni non patrimoniali [6]. Tale domanda è proponibile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.

Figlio dimentica di fare i compiti: il reato di maltrattamenti

Come spiegato anche nell’intervista all’esperto, il figlio deve imparare ad essere autonomo e assumersi determinate responsabilità che, ad esempio, possono riguardare gli impegni scolastici. Ipotizziamo che tuo figlio dimentichi di fare i compiti. Come intervenire? L’ideale sarebbe evitare frasi che possano incolparlo, evitare generalizzazioni, disincentivare il ricorso ad insulti e/o minacce, non riferirsi a precedenti conflitti, ascoltarlo senza interruzioni, parlare del proprio vissuto rispetto al suo comportamento (ad esempio: «Mi rattrista che…»), riappacificarsi. Da evitare il ricorso alle punizioni corporali.

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Punire fisicamente il figlio che dimentica di fare i compiti integra l’ipotesi di maltrattamenti e non di abuso dei mezzi di correzione. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, gli Ermellini hanno respinto la tesi difensiva dell’imputato secondo cui le condotte poste in essere nei confronti della figlia, colpevole di non aver svolto i compiti, rientrassero nell’ipotesi di abuso dei mezzi di correzione.

L’interpretazione fornita dalla Suprema Corte non lascia spazio ad equivoci: «In presenza di maltrattamenti, ossia di una pluralità di atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze, la coscienza e volontà di persistere in un’attività vessatoria, già posta in essere in precedenza non è esclusa dall’intenzione dell’agente di agire per finalità educative e correttive. La intenzione soggettiva dell’agente non è, infatti, idonea a far rientrare nel meno grave delitto di cui all’art. 571 c.p., ciò che ne è oggettivamente escluso poiché i trattamenti lesivi dell’incolumità fisica o afflittivi della personalità del minore non sono sussumibili tra i mezzi di correzione, tali essendo, per loro natura, solo quelli a ciò deputati».

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