La proposta di concordato non si modifica neanche in meglio

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La modifica rilevante si considera nuova proposta e, quindi, revoca della precedente: pertanto su di essa non può essere “incollata” l’omologa già in precedenza concessa dal tribunale.

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Il divieto di apportare modifiche alla proposta di concordato preventivo dopo l’inizio delle operazioni di voto dei creditori, sancito dalla legge [1], vale anche per quelle modifiche qualificate dal debitore come migliorative: ciò al fine di evitare che il piano su cui i creditori hanno espresso il voto risulti diverso da quello che verrà effettivamente eseguito. È questo il chiarimento fornito dalla Cassazione con una recentissima sentenza [2].

Una modifica del 2007 alla legge fallimentare

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[3], ha introdotto l’espresso divieto di apportare modifiche alla proposta di concordato dopo l’inizio delle operazioni di voto. In tal modo è stato risolto il contrasto di opinioni precedentemente manifestatosi in dottrina ed in giurisprudenza relativamente all’individuazione del termine ultimo entro il quale la proposta di concordato poteva essere modificata.

In passato vi è stata una sentenza della Cassazione che ha riconosciuto al debitore ammesso al concordato preventivo la facoltà di offrire, anche dopo l’adunanza dei creditori e nel corso del giudizio di omologazione, un miglioramento delle condizioni previste dalla proposta già approvata, e in particolare un incremento della percentuale di pagamento dei crediti chirografari. In tale pronuncia i giudici avevano affermato che tale modifica, avente carattere integrativo, doveva ritenersi ammissibile, perché si traduceva in un cospicuo vantaggio per i creditori chirografari, ove non avesse inciso sui tempi e le modalità di pagamento, né alterato la proposta nei confronti degli altri creditori

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[4].

Ma ora la legge, nel riconoscere espressamente la facoltà di modificare la proposta, ne ha rigorosamente limitato l’arco temporale entro cui può essere esercita: l’ultimo momento per esercitare tale potere è la fase anteriore all’inizio delle operazioni di voto, senza che rilevi il fatto che si possa trattare di una modifica migliorativa e non peggiorativa, e ciò essenzialmente al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito

Insomma, tutte le volte che le nuove condizioni prospettate abbiano una portata rilevante si ha una trasformazione del piano allegato alla proposta di concordato, che determina il superamento dell’accordo intervenuto in precedenza con i creditori; le predette modifiche, in buona sostanza, si considerano come una revoca della proposta originaria, tale da escludere la possibilità di porla a base dell’intervenuto provvedimento di omologazione.

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