Il preside può sospendere un docente?

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La Cassazione torna sull’eterno conflitto riguardante la competenza del dirigente scolastico in materia di sanzioni disciplinari del personale.

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A ciascuno il proprio compito. Il dirigente scolastico, di poteri, ne ha parecchi ma ci sono delle cose su cui non ha l’ultima parola. O, perlomeno, non sempre, secondo la giurisprudenza. Ad esempio, il preside può sospendere un docente? Secondo la mentalità di chi lavora nel privato, un superiore potrebbe lasciarti a casa per un periodo di tempo se hai fatto qualcosa di scorretto. Nel settore pubblico, invece, le cose sono molto più rigide e, in particolare, nel mondo della scuola c’è un organismo deputato a valutare se un insegnante merita una pausa forzata oppure no. Soprattutto nei casi più gravi.

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I giudici, nel corso degli anni, si sono occupati più volte dell’argomento ma, probabilmente, a qualcuno non era ancora del tutto chiaro. Tant’è che recentemente la Cassazione ha dovuto rispondere di nuovo alla domanda «Il preside può sospendere un docente?». L’orientamento della Suprema Corte non si discosta di un millimetro rispetto a quello espresso in passato, sulla base del modo in cui è cambiata la legge negli ultimi 20 anni. Vediamo.

Sospensione del docente: cosa dice la legge?

Una ventina di anni fa, la riforma Madia [1] (prese il nome dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia) sancì che «per il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il procedimento disciplinare per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni è di competenza del responsabile della struttura in possesso di qualifica

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dirigenziale. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge dinanzi all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari».

Questo significa che se la violazione commessa dal docente (o da un’altra persona che lavora a scuola) comporta fino a dieci giorni di sanzione, il provvedimento può essere firmato dal preside. Se, invece, la sanzione supera i dieci giorni di sospensione, il dirigente scolastico deve farsi da parte e lasciar decidere all’Ufficio per i provvedimenti disciplinari.

Sospensione del docente: cosa dicono i tribunali?

Sono almeno tre le sentenze depositate nel corso del 2021 che dicono se il preside può sospendere un docente oppure la sanzione firmata dal dirigente scolastico non è valida.

La prima sentenza è stata firmata presso il tribunale di Cosenza [2]. Qui, il giudice ha invalidato la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione

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per sette giorni di un’insegnante, la quale aveva contestato proprio la mancata competenza del dirigente scolastico in materia di sanzioni superiori alla censura. La docente si appellava al fatto che un’eventuale decisione sulla sua sospensione spettava all’Ufficio per i procedimenti disciplinari. E il tribunale cosentino le ha dato ragione.

Salta subito all’occhio un dettaglio non indifferente: ma se la riforma Madia ha detto che il preside può sospendere un insegnante quando la sanzione prevista è fino a dieci giorni, perché un giudice invalida il provvedimento del dirigente che prevede una sospensione di sette giorni?

Ecco la spiegazione che si legge nella sentenza del giudice calabrese: l’entità della sanzione deve essere definita esclusivamente sulla base delle sanzioni massime stabilite per la natura dei fatti indicati nell’atto di contestazione e non sulla base della misura che l’amministrazione possa prevedere di irrogare.

In altre parole: se un dirigente scolastico esamina un illecito che prevede la sanzione massima di un mese di sospensione, la competenza passa all’Ufficio per i procedimenti disciplinari, anche se il dirigente volesse lasciare a casa senza stipendio il docente per meno di dieci giorni.

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Stesso discorso nella seconda sentenza depositata nel 2021 sul medesimo argomento. Siamo a luglio quando la Cassazione [3] respinge un ricorso del ministero dell’Istruzione ricordando che «in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto e oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare».

Un mese e mezzo più tardi, la Suprema Corte ribadisce il concetto: è illegittima la sospensione dall’insegnamento per tre giorni applicata come sanzione disciplinare nei confronti di un docente [4].

«In tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego

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privatizzato – ricordano i giudici di legittimità –, al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare». Infatti – conclude la Cassazione nella sentenza che trovi qui sotto –, per il personale docente ed educativo della scuola «è prevista la fattispecie legale della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio nella misura minima fino a un mese», e «non trattandosi di infrazioni di minore gravità, per le quali cioè è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni», sussiste «la competenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari e non quella del dirigente scolastico». Questa l’ultima pronuncia che – c’è da scommettere – sarà presto la penultima.

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