Uguaglianza di tutti i figli nella successione ereditaria
La recente riforma che ha visto l’equiparazione fra figli naturali e quelli nati nel matrimonio ha importanti conseguenze anche in tema di eredità.
Con un importante provvedimento del febbraio scorso [1] la Legge italiana ha eliminato tutte le differenze in precedenza vigenti fra i figli cosiddetti naturali, ossia quelli nati al di fuori del matrimonio, e quelli legittimi. La riforma in parola infatti ha messo sullo stesso piano tutti i figli, comunque nati, stabilendo così un rapporto di parentela, prima inesistente, tra il figlio nato fuori dal matrimonio e i parenti del suo genitore. Pertanto, anche in materia di successione ereditaria non vi sono più differenze all’interno della prole e ciascun figlio quindi diviene capace di ereditare anche dai parenti del proprio genitore.
Le novità in materia si caratterizzano innanzitutto per l’abrogazione della cosiddetta commutazione. In precedenza, infatti, una volta apertasi la successione del genitore in comune, i figli legittimi potevano soddisfare direttamente con denaro o immobili ereditari la quota spettante ai figli nati fuori dal matrimonio [2].
Questa vera e propria discriminazione ora viene meno e quindi tutti i figli, tanto legittimi quanto naturali, partecipano inderogabilmente e in pari quota alla comunione ereditaria che nasce al momento della morte del genitore.
In secondo luogo viene a modificarsi anche il fenomeno della cosiddetta rappresentazione [3], che si ha quando uno dei chiamati all’eredità del defunto è premorto a quest’ultimo oppure rifiuta la sua quota di eredità e i suoi discendenti subentrano quindi nella quota ereditaria a quest’ultimo spettante. In particolare si ha rappresentazione a favore dei discendenti in linea retta – anche adottivi – del defunto (figli, nipoti, bis nipoti e così all’infinito) e a favore dei discendenti dei fratelli o sorelle di quest’ultimo.
Ad esempio: Primo muore avendo due figli Tizio e Caio il quale ultimo ha, a propria volta, due figli Caietto e Caietta. Alla morte di Primo, supponendo che Caio sia già morto, subentrano nella quota ereditaria di questi Caietto e Caietta, nipoti di Primo. L’asse ereditario si divide perciò in una prima metà a favore di Tizietto e in una seconda metà a favore di Caietto e Caietta che quindi erediteranno un quarto ciascuno.
Similmente, se Secondo muore avendo due fratelli Filano e Mevio il quale ultimo ha, a propria volta, due figli Mevietto e Mevietta, alla morte di Secondo, supponendo che Mevio sia già morto, subentrano nella quota ereditaria di quest’ultimo Mevietto e Mevietta.
Che cosa cambia dunque con la riforma della filiazione? Facciamo un altro esempio. Supponiamo che i coniugi Mevia e Sempronio abbiano un figlio Tizio e che Sempronio abbia anche un altro figlio Caio, nato prima del matrimonio da una relazione con un’altra donna. Fino all’entrata in vigore della riforma Caio vantava rapporti di parentela esclusivamente col proprio padre naturale Sempronio mentre nei confronti del proprio fratello naturale Tizio ereditava solo nel caso in cui non vi fossero altri eredi diretti di quest’ultimo. Pertanto se fosse morto il fratello Tizio gli eventuali discendenti di Caio (ove questi fosse premorto o avesse rinunciato all’eredità del fratello) non avrebbero potuto avvalersi della rappresentazione per ereditare dallo zio.
Con la riforma invece non vi sono più limiti di questo genere, dunque i discendenti di Caio potrebbero subentrare nella quota di eredità spettante a quest’ultimo in forza della successione dello zio Tizio.
Un ulteriore caso nel quale la riforma sulla filiazione ha avuto effetti dirompenti è quello della successione fra fratelli naturali. Facciamo un esempio. Tizio e Caio hanno in comune esclusivamente il padre Tizione. Prima della riforma tra Tizio e Caio non vi erano rapporti di parentela, perciò alla morte di uno dei due fratelli l’altro non avrebbe potuto ereditare.
A questa situazione aveva posto parziale rimedio la Corte Costituzionale che, con due sentenze [4], aveva stabilito che al decesso di un fratello naturale, l’altro avrebbe potuto ereditare solo se non vi fossero stati coniuge, figli o altri parenti entro il sesto grado.
Oggi questa situazione viene superata: essendo la filiazione naturale equiparata a quella legittima i fratelli naturali divengono eredi con il loro naturale grado di parentela e non si vedono quindi più scavalcati dagli altri parenti del fratello legittimo.