Casa intestata al partner prima del matrimonio: va restituita?
Fidanzamento rotto a pochi giorni dal matrimonio: ritorna all’uomo l’immobile donato all’ex futura sposa.
Una recente ordinanza della Cassazione [1] si è occupata di stabilire se la casa intesta al partner prima del matrimonio va restituita nel caso di rottura del fidanzamento. Cerchiamo di fare il punto della situazione.
In generale, il coniuge non può vantare alcun diritto sulla casa comprata dall’altro prima del matrimonio. Nell’eventuale comunione dei beni ricadono infatti solo i beni acquistati dopo le nozze. Non vi rientrano neanche quelli acquisiti successivamente, ma per donazione o successione ereditaria.
Diverso è il discorso della coppia che acquista l’immobile in comproprietà prima di sposarsi: in tale ipotesi il bene è di entrambi fino a quando non ne decidono la divisione.
Diverso è anche il caso di chi, proprio in vista dell’imminente matrimonio, intesta o cointesta la casa al partner. In tale ipotesi si ha una donazione. In generale, le donazioni non possono essere revocate ma, secondo la Cassazione, se salta la celebrazione delle nozze e, soprattutto, salta il fidanzamento tra i due partner, allora va revocata anche la donazione immobiliare fatta dall’uno in favore dell’altro proprio in ragione della promessa di matrimonio.
L’articolo 80 del codice civile stabilisce che è possibile chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio (le cosiddette donazioni prenuziali) se questo non è stato contratto. La domanda però va presentata entro un anno dal giorno in cui s’è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei “promessi sposi”. Diversamente non c’è più possibilità di ricorrere al giudice ed ottenere tutela.
Dunque, ad avviso della Cassazione, anche la casa rientra nei doni tra fidanzati che devono essere
L’articolo 80 cod. civ. si riferisce infatti non solo ai beni mobili come l’anello nuziale, il corredo, la cucina per la futura casa, ma anche alle donazioni immobiliari. E non cambia il risultato se il partner si impegna nei confronti del venditore a pagare il prezzo affinché questi intesti la casa alla futura moglie o marito (secondo lo schema della cosiddetta donazione indiretta). Se si accerta che il regalo, per quanto di valore cospicuo, sia stato fatto soltanto a causa della promessa di nozze non mantenuta, decade anche l’attribuzione patrimoniale al donatario.
Ciò che dice la Suprema Corte è di particolare importanza ed assegna un nuovo ed ulteriore significato all’articolo 80 citato: questa norma va attualizzata rispetto all’intenzione storica del legislatore del tempo. Bisogna cioè adeguarsi al mutato contesto sociale. E oggi è frequente che i genitori comprino per i figli la casa da destinare alla famiglia che sta per nascere. Così come uno dei nubendi spende il proprio denaro per comprare o ristrutturare l’appartamento dell’altro in vista del matrimonio.
Risultato: anche la donazione o la cointestazione di una casa può rientrare tra le donazioni prenuziali e, come tale, da restituire se il fidanzamento salta. A condizione, beninteso, che il dono non trovi altra plausibile giustificazione al di fuori della promessa di matrimonio.
La cosa però non va nello stesso modo se la donazione viene fatta durante il matrimonio e poi se ne chiede la restituzione a seguito della separazione e del divorzio. In questo caso il bene resta definitivamente nella proprietà del donatario anche se l’attribuzione è stata fatta poco tempo prima che il matrimonio saltasse.
Se però la donazione viene revocata, che fine fa l’immobile? Non può certo tornare al venditore: sicché il coniuge donante – che ormai ha preso un impegno e stretto un contratto con il venditore – resta tenuto a pagare l’eventuale mutuo o residuo del prezzo sul bene, divenendone però l’esclusivo proprietario.
In pratica, se viene meno la ragione della donazione, ossia il futuro matrimonio, allora l’acquirente dell’immobile, che ha fatto la donazione, ha tutto il diritto di rientrare in possesso del bene.
Nella vicenda decisa dalla Corte, pomo della discordia è un appartamento, oggetto di prima di un contratto preliminare, come donazione fatta da un uomo alla fidanzata in vista del loro matrimonio, e poi di una compravendita definitiva portata a termine dalla donna.
L’uomo sostiene si debba parlare di «donazione indiretta connessa alla promessa di matrimonio» e aggiunge che, «poiché la promessa non è andata a buon fine, malgrado l’avvenuta fissazione della data delle nozze», va sancita la restituzione dell’immobile. La sua domanda viene respinta sia in primo che in secondo grado. Ma la Cassazione gli dà ragione. Secondo i giudici supremi, l’articolo 80 del codice civile consente di «domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto» e «contempla non solo i veri e propri doni tra fidanzati, intesi come liberalità d’uso, ma anche le eventuali donazioni immobiliari, ivi comprese quelle indirette».
Richiamando poi il costume sociale, i Giudici prendono in considerazione la prospettiva in cui «uno dei promessi sposi impieghi somme per acquistare o ristrutturare l’appartamento dell’altro, in vista del matrimonio», e allora «non si comprende per quale ragione, una volta appurato che tale è una delle possibilità che il costume sociale offre alle parti, codesto tipo di donazione prenuziale non possa dirsi uniformabile al diritto sancito dall’art. 80 c.c. di ottenere – entro il termine di decadenza – la restituzione del bene (o la revoca dell’atto) nei casi di rottura del fidanzamento». Invece, «proprio il mancato verificarsi del matrimonio rende restituibili tutti i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che poi non è stato contratto», sanciscono i Giudici.
Dunque, ciò che conta, ai fini dell’azione restitutoria, è, in casi simili, «sempre e soltanto che i doni siano stati fatti a causa della promessa di matrimonio, e che si giustifichino per il sol fatto che tra le parti è intercorsa una promessa in tal senso, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione». In questa prospettiva, poi, «la sorte della donazione indiretta – seppur collegabile a un accordo trilaterale –», come in questo caso, «non coinvolge altri che le parti direttamente interessate dalla donazione».
Per quanto concerne, in particolare, il tema del preliminare di vendita immobiliare in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato, «è stato affermato che qualora in esso la qualità di promissario acquirente e di possessore in via anticipata del bene da trasferire venga assunta da persona diversa» – la donna, in questo caso –, «da quella» – l’uomo, in questo caso – «che provvede al versamento del corrispettivo, e qualora il patto sia ricollegabile a un accordo trilaterale rivolto a conseguire, con la partecipazione del promittente venditore, una donazione indiretta in favore di detto promissario da parte di chi esegue il pagamento, il sopravvenuto venir meno della causa donandi (tipica della donazione fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) determina la caducazione della suddetta attribuzione patrimoniale, e quindi anche del diritto di godere il bene in vista della stipulanda compravendita definitiva, ma non incide sull’efficacia del rapporto fra il promittente venditore ed il donante, il quale viene a porsi nella qualità di effettivo promissario».