Coadiuvante agricolo e libero professionista: è possibile?

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Lavoro nell’azienda agricola di famiglia ma, parallelamente, vorrei intraprendere un’attività di freelance/consulente. Come dovrei regolarizzare la mia posizione fiscale? Il mio inquadramento di coadiuvante agricolo si modificherebbe? Devo, obbligatoriamente, aprire una partita Iva o esistono formule più vantaggiose?

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Innanzitutto, occorre precisare che aprire la partita Iva è obbligatorio per tutti i professionisti (iscritti o meno ad un albo professionale), che esercitano un’attività lavorativa continuativa e abituale per mezzo di una ditta individuale, un’impresa commerciale, industriale o artigiana. Pertanto, sarà il primo adempimento necessario nel caso in cui si deciderà di iniziare una qualsiasi attività individuale, sia che il centro di business sia un bar, sia la professione di

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grafico. Tali attività possono essere iniziate senza alcun limite di fatturato, pur mantenendo inalterato l’inquadramento di coadiuvante agricolo.

Quando tale seconda attività di libero professionista dovesse diventare il reddito prevalente rispetto allo svolgimento della mansione di coadiuvante agricolo, da valutarsi non solo in termini puramente di profitto, ma anche di abitualità, di impegno e di tempo impiegato, si renderà necessario comunicarlo all’Inps ed iscriversi alla gestione preposta per il tipo di attività svolta, anche se si versano già i contributi in qualità di lavoratore subordinato: non si dovrà, però, pagare la contribuzione piena, ma un’aliquota ridotta.

Se invece, in base all’attività professionale che si intende esercitare, esiste una cassa previdenziale di categoria, sarà obbligatoria l’iscrizione e il pagamento dei contributi, nei termini previsti dal regolamento dell’associazione.

Anche in questo caso, la maggior parte delle gestioni prevede, per i liberi professionisti che svolgono anche lavoro subordinato, il pagamento di contributi previdenziali ridotti.

Articolo tratto dalla consulenza dell’avv. Francesca Bonfogo

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