Sposi insoddisfatti del pranzo nuziale: c'è risarcimento?

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Matrimonio e ricevimento: è possibile non pagare il titolare del locale se si è insoddisfatti del banchetto?

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Che i matrimoni siano un affare per chi gestisce ristoranti e sale ricevimento è indubbio. Tant’è che, ormai, nella prassi commerciale, per spingere gli sposi a concludere l’affare, la struttura li ospita a saggiare in anticipo la propria cucina, a pranzo o a cena. E, di certo, in tali occasioni, il cuoco dà il meglio. Ma non è detto che faccia altrettanto il giorno del ricevimento. Così, è normale chiedersi, che succede se qualcosa va storto e la qualità non è quella programmata. Insomma se gli sposi sono insoddisfatti del pranzo nuziale c’è risarcimento?

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Si potrebbe ritenere che i “gusti” sono “gusti” e che difficilmente si potrebbe porre un giudizio oggettivo sulla cucina altrui. Ma esiste anche un “minimo sindacale” al di sotto del quale, se la qualità scende, si può ritenere che vi sia una inadempienza. Ed allora come si risolve la questione dinanzi al titolare della sala ricevimenti per evitare che la contestazione della coppia non si trasformi in una augusta astuzia per non pagare?

Proprio sulla possibilità per gli sposi insoddisfatti del pranzo nuziale, di ricevere un risarcimento dei danni si è già pronunciata la Cassazione [1]. Una sentenza di poco tempo fa ha stabilito la “linea di confine” per giudicare quando il ristoratore è responsabile e quando invece la fa franca, nonostante magari l’eccesso di sale nella minestra.

Il punto è che, nel descrivere tale pronuncia, non potremo mai giudicare ciò che è successo, perché nessuno di noi – né chi scrive, né chi legge – è stato invitato al banchetto in questione. Ma potremo attenerci a quelle che sono state le dichiarazioni degli invitati che, per quanto “di parte”, sono comunque ritenuti soggetti capaci di testimoniare e quindi di dire la loro in merito alla bontà della cucina.

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Ebbene, da quanto appena detto, si sarà già capito che la Cassazione ha ritenuto legittimo non pagare il titolare della sala ricevimento se la cucina non è stata all’altezza delle promesse.

Tirando le somme, moglie e marito non debbono nulla al ristoratore che ha “fallato”.

Nel caso di specie, «gli sposi avevano eccepito l’inesatto adempimento del ristoratore e allegato molteplici difformità delle prestazioni da lui eseguite rispetto a quelle dovute, mentre il ristoratore non aveva dato prova del suo esatto adempimento».

Per i Giudici della Cassazione va confermato il diritto della coppia a non versare nulla al ristoratore.

Nella sentenza viene ricordato che «nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte».

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In questo caso specifico, «in base ad un accertamento in fatto, si è ritenuto non provato l’esatto adempimento da parte del ristoratore», e ciò è sufficiente, chiariscono dalla Cassazione, per ritenere «sostanzialmente giustificato l’inadempimento» degli sposi.

Cosa diversa è il risarcimento, benché collegato. Nel nostro ordinamento, il danno va sempre provato. E, in questa situazione, esso potrebbe essere rappresentato dall’irripetibilità dell’occasione e quindi dal fatto di aver fatto “brutta figura con gli ospiti”. Certo, esso va valutato in misura dell’inadempimento del ristoratore: già il solo fatto di non aver pagato il ricevimento è una più che sufficiente vittoria, attesa la spesa che di solito ciò comporta. Ma chi non si accontenta dovrebbe andare oltre nella prova e dimostrare l’entità del danno subito: cosa non facile proprio perché, come detto, i gusti sono gusti.

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